Pensarlo adesso fa un male cane, perché 19 anni dopo il cielo sopra Maranello non è mai stato così cupo e denso di nuvole. Quel 29 agosto 2004, invece, le campane suonavano a festa e lo sfondo, più che azzurro, era colorato di un rosso intenso.
Era l’ennesima domenica di festa in casa Ferrari, quella che celebrava il quinto titolo mondiale piloti consecutivo conquistato da Micheal Schumacher, che raggiungeva il settimo titolo iridato in carriera, record ad oggi soltanto eguagliato da Lewis Hamilton, ma all’epoca tale da far pensare che in pochi (se non quasi nessuno) avrebbe mai potuto pareggiarlo o addirittura migliorarlo.
Quel 29 agosto 2004 a Spa, nella pista dove Michael aveva debuttato in Formula Uno nel 1991 e raccolto il primo successo al volante di una Benetton nel 1992, si compiva l’ultimo atto di una meravigliosa storia sportiva, quella che vide la rossa dominare ininterrottamente la scena nei primi 5 campionati del nuovo millennio. Nessuno lo sapeva ancora, ma sull’impero Ferrari che aveva regnato sul circus in quel periodo così irripetibile (per tanti motivi) stava per tramontare definitivamente il sole.
La solita corrida di Spa
Dopotutto in quel fine settimana a Spa le nuvole presero il sopravvento già nelle prime ore della giornata, rilasciando a terra un quantitativo d’acqua mica da ridere. Una costante, ripensando all’epopea d’oro del circuito belga, dove ogni volta che si correva c’era da fare i conti con le bizze del meteo. Al sabato così fu la Reanult di Jarno Trulli a guadagnarsi la pole position, proprio davanti a Schumacher, sfruttando una finestra di meteo clemente e una pista appena più asciutta rispetto ai big.
In gara, seppur con un timido sole a riscaldare l’asfalto, Trulli non riuscì a resistere in vetta tanto a lungo, seppure alla prima curva riuscì comunque a mantenere la posizione. Schumacher invece sbagliò completamente la partenza (caso più unico che raro), infilato all’interno da Alonso e all’esterno da Coulthard.
Lamentava problemi di temperatura alle gomme, il Kaiser, e la situazione non mutò nemmeno dopo il maxi incidente che coinvolse ben 8 vetture (anche questa una costante a Spa), con tre giri dietro la Safety Car che acuirono i problemi del pilota tedesco, superato alla ripartenza anche da Montoya e Raikkonen.
Schumacher scivolò in sesta posizione ma beneficiò poco dopo del ritiro di Alonso per risalire in quinta e poi, sfruttando il secondo ingresso della Safety Car dopo un contatto tra Button e Baumgartner, di anticipare il pit stop e rientrare proprio alle spalle della McLaren di Raikkonen, che nel frattempo aveva preso il comando della corsa.
La terza Safety Car di giornata sarebbe servita a Barrichello per risalire fino alla terza posizione, cristallizzando le stesse e consegnando nelle mani di Schumacher un mondiale che attendeva solo il crisma dell’ufficialità.
2004, l’anno dei record
Michael campione del mondo: Simply the Best
così recitava la lavagna del muretto box nel momento in cui il fuoriclasse di Kerpen tagliò la linea del traguardo. In quella stagione Schumacher si mostrò semplicemente di un altro pianeta: vinse 13 gran premi dei 18 in calendario, primato eguagliato dal Vettel nel 2013 con la RedBull, poi ritoccato da Verstappen nel 2022 (15 vittorie, ma con 22 gare a disposizione: tecnicamente il 68% del totale contro il 72% fatto registrare dai due tedeschi), primato messo nuovamente a rischio dall’incredibile progressione dell’olandese nella stagione corrente (per ora è a 10 su 13: vincendo 16 gare riuscirebbe a migliorare, seppur di pochi decimi, la media totale).
Il secondo posto ottenuto a Spa arrivò dopo un filotto di ben 12 vittorie consecutive nei precedenti gran premi stagionali in cui Schumacher tagliò la linea del traguardo: fece eccezione solo la sesta gara della stagione, a Monte Carlo, dove fu costretto al ritiro (vinse Jarno Trulli). Successivamente avrebbe chiuso secondo a Monza (dietro Barrichello), 12esimo in Cina (altra vittoria di Barrichello), primo in Giappone e settimo nell’ultima gara in Brasile, vinta da Montoya.
La lunga attesa della Rossa
Diciannove anni più tardi, quello conquistato da Schumacher a Spa rimane il penultimo titolo piloti conquistato dalla Ferrari: l’ultimo sarebbe arrivato tre anni più tardi, nel 2007, grazie a Kimi Raikkonen e al clamoroso harakiri McLaren, con Alonso e Hamilton che finirono per pestarsi i piedi a vicenda, dilapidando punti preziosi.
Da allora son passati 16 anni, ma le delusioni sono andate aumentando: dai titoli persi all’ultima gara da Massa (2008) e Alonso (2010) a quelli resi improbi per via del dominio RedBull (con Vettel) e Mercedes (con Hamilton), fino alle ultime stagioni con Leclerc e Sainz costretti a sgomitare in mezzo al gruppo, lontanissimi dagli standard qualitativi imposti da Verstappen e la sua RedBull.
E un ulteriore groppo in gola viene pensando a ciò che il destino ha riservato proprio a Schumacher, che da oltre 10 anni è alle prese con i danni cerebrali causati da una banale caduta sulle piste da sci. Magari però nella sua mente una traccia di quel meraviglioso giorno vissuto a Spa c’è ancora. Di sicuro, nei tifosi ferraristi è ancora viva come non mai.