Nel corso di un’intervista incrociata (a favore di sponsor), Lewis Hamilton ha scherzato con l’amico Valentino Rossi: “Da bambino preferivo di gran lunga le moto ma secondo mio papà erano troppo pericolose, quindi ha finito per comprarmi un kart…. Beh, devo ammettere che la sua è stata una felice intuizione perché negli anni scorsi con Valentino in giro e così a lungo non avrei certo vinto tutto quello che ho vinto in Formula Uno!”.
“La mia prima volta in assoluto è stata a cinque anni, in vacanza ad Ibiza – ricorda Hamilton -. Eravamo in giro a dare un’occhiata a quello che l’isola offriva, abbiamo trovato una pista di kart e io ho provato a salirci sopra. Fin dal primo giro ho capito la tecnica di guida che poi ho utilizzato per tutta la carriera kartistica. Quindi… spirito di adattamento, oltre che un dono di natura. E poi, velocità nell’apprendimento. La mia famiglia non aveva la possibilità di finanziare la mia carriera. Provando molto meno dei miei avversari dovevo per forza imparare alla svelta. La stessa cosa si è ripetuta, in modo ancora più sostanziale, quando sono passato all’automobilismo dove i costi erano maggiori. Alla base di tutto però ci sono la passione e… la fame!”.
Facendo un salto nel passato, Hamilton ha ricordato la sua “prima volta”: “Uno dei momenti che ricordo con più emozione è il mio primo test al volante di una monoposto della massima formula. Era l’epoca dei motori V10: ricordo il suo urlo nelle mie orecchie e ricordo di aver pensato: ce l’ho fatta per davvero! Penso che Valentino possa capire quello che intendo, perché proprio in quel periodo – quando alla Ferrari c’era Schumacher – lui ebbe l’opportunità di guidare la Rossa”.
Infine, il sette volte campione del mondo ha concluso parlando della sua figura in F1: “Gente come me e Valentino ha un ruolo di responsabilità nel nostro sport e soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Per quanto mi riguarda, è quello che faccio con “Mission 44″: cercare di creare delle opportunità di lavoro nel motorsport. A seconda del potenziale e della struttura, in una squadra di Formula Uno lavorano da un minimo di un migliaio di persone fino a duemila e – come succede d’altra parte nel mercato del lavoro del Regno Unito – le minoranze e la diversità sono scarsamente rappresentate. Un sistema largamente ingiusto, a maggior ragione nello sport dei motori, che è un ambiente ricco, anzi molto ricco, nel quale tra l’altro i costi crescono anno dopo anno”.