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La vita spericolata di George Best, il campione del Manchester United

Una vita segnata da vittorie e scandali: scopri chi era George Best e perché è passato alla storia come uno dei migliori e più discussi giocatori.

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Lorenzo Di Caprio

Lorenzo Di Caprio

Content Editor

Procuratore, una vita tutta calcio (e mercato) tra Roma e il mondo. Da grande sogno di fare il tennista o il cantautore, sto ancora decidendo: nel mentre, scrivo su Virgilio Sport dei campioni del passato.

La vita spericolata di George Best, il campione del Manchester United Fonte: Getty Images

Pelé good, Maradona better, George Best”: una vita al limite, costellata da debolezze e giochi di prestigio palla al piede. Ripercorriamo la vita di Best attraverso i successi, le frasi, gli aneddoti e i tracolli che lo hanno reso uno dei calciatori simbolo del secolo scorso. Un uomo che ha commesso molti errori, da una parte, e un atleta che ha incantato Old Trafford nella seconda metà degli anni Sessanta e non solo, dall’altra.

Chi era George Best

  • Nato il: 22 maggio 1946
  • A: Belfast
  • Nazionalità: Irlanda del Nord
  • Morto: 25 novembre 2005 (59 anni)
  • Posizione: Attaccante, ala sinistra
  • Piede: entrambi
  • Altezza: 1,75 m
  • Peso: 65kg
  • Debutto in First Division: 14 settembre 1963 (contro il West Bromwich)
  • Debutto in Nazionale: 5 aprile 1964 (contro il Galles)
  • Presenze/reti con la nazionale: 38/9
  • Presenze/reti con il Manchester United 470/179
  • Ultima presenza con il Manchester United: 2 gennaio 1974

George Best in uno studio di registrazione Fonte: Getty Images

È Belfast, capoluogo dell’Irlanda del Nord, a dare i natali a George Best. Nasce il 22 maggio del 1946, primo figlio di Dickie Best e Anne Whiters, a est della capitale, in un quartiere popolare. Il padre è un operaio nei cantieri navali che circondano la città mentre la madre un’impiegata presso una fabbrica di sigarette. George rimane folgorato dal gioco del calcio e – come dirà in seguito la madre – in ogni sua foto infantile verrà ritratto con un pallone al seguito: a 11 anni, per assecondare questo suo desiderio, lascia la Grosvenor High School – rinomata scuola specializzata, però, nel rugby – e ritrova i suoi vecchi compagni alla Lisnasharragh Secondary School. Il calcio al centro del suo universo, da subito.

Ma quando arriva l’occasione che cambia la vita del giovane George? Ha quindici anni, palla al piede fa cose diverse dagli altri e per questo viene aggregato presto con il Cregagh Boys Club, presso la Lisnasharragh Intermediate School: ha due anni in meno degli avversari ma in campo vola. E Bob Bishop, osservatore del Manchester United che stava assistendo ai numeri di Best, non ha dubbi: “Ho trovato un genio”, fece sapere ben presto ai dirigenti dei Red Devils e al leggendario Matt Busby.

Posizione, numero di maglia e skills di Best

Ma quali erano le caratteristiche tecniche di George Best? 175 cm per 65 kg, Georgie era un dribblatore seriale. Bravo con entrambi i piedi, rappresentava un unicum rispetto al ruvido gioco inglese che lo circondava: si tuffava in questo continuo scagliare la palla tra cielo e fango e ne usciva con qualche guizzo elegante, seminando gli avversari e involandosi verso la porta. Era infatti a campo aperto che sprigionava le sue migliori qualità, essendo la propria frequenza di passo decisamente superiore a quella dei propri avversari.

Un connubio di tecnica e astuzia tale addirittura da sfruttare le irregolarità dei rimbalzi. E questa componente mentale, così centrale nel proprio gioco, non deve stupire se – con il passare degli anni e per mano delle sue dipendenze – è sembrata venire a mancare, facendo poi crollare il rendimento di Best. Associato da tutti al 7, il nordirlandese ha indossato anche altri numeri: a quei tempi, infatti, il numero era legato alla posizione in campo e lui ne ha cambiate diverse. Da ala sinistra ad ala destra, qualche volta anche interno: Best è stato primo violino ovunque, finché testa e gambe hanno retto.

La carriera di George Best

Gli inizi

Bishop viene ascoltato e per George Best si aprono le porte della First Division (padre dell’attuale Premier League). Parte da Belfast con un amico e si imbarca in direzione Liverpool, scalo per Manchester. Il desiderio di calcare campi così prestigiosi è forte ma Best è solo un giovane di estremo talento, con le sue fragilità ed una giustificabile nostalgia di casa. Per questo, durante il periodo di prova, scappa e torna a casa.

La leggenda narra che sia stato proprio Busby, folgorato dal suo talento, a chiedergli di tornare lì, per dimostrare e coronare il suo sogno: di certo, George Best a Manchester tornerà. E scriverà pagine di storia del club. Per due anni lavora come fattorino, si allena due volte a settimana e viene aggregato alle giovanili (in quanto dilettante, poiché ai club inglesi non era permesso offrire contratti a minorenni nordirlandesi); poi, il 14 settembre 1963, fa l’esordio nel campionato inglese contro il West Bromwich.

George Best al Manchester United Fonte: Getty Images

I lampi tra 1966 e 1967

Cresce il calciatore, nasce la star. Georgie si presenta all’olimpo del calcio mondiale nei quarti di finale della Coppa dei Campioni, edizione 1966. Contro il Manchester United gioca il Benfica, squadra vincitrice nelle edizioni 1961 e 1962 nonché finalista nel 1963 e nel 1965. La favorita, insomma, anche perché ttra i lusitani vi è una leggenda, Eusebio; tuttavia, l’Estadio da Luz diventa teatro di un dominio inglese dove Best sigla le prime due reti e lancia di fatto la propria squadra verso il 5-1 finale. Si tratta di una serata spartiacque, il mondo si accorge del nordirlandese e quest’ultimo – consapevole – vede il suo status cambiare. Al rientro da Lisbona, sorridendo ai fotografi accorsi, scende dall’aereo con indosso un sombrero, occhiali da sole e giacca di pelle.

Dal Portogallo i giornali lanciano il mito de “El quinto Beatle”, affiancandolo ad un altro fenomeno globale proveniente d’oltremanica. Simoes, ex bandiera di Benfica e Portogallo, ha commentato così: “quella notte un uragano ha attraversato il Luz e si chiamava George Best”. Un infortunio non gli farà terminare quella stagione (che lo United chiuderà senza trofei, perdendo in semifinale di Coppa dei Campioni) ma, nel 1967, segnò 10 reti e vinse la First Division. Il preludio alla storia.

L’anno perfetto: il 1968

Quale annata migliore per un rivoluzionario come lui? Nel 1968, infatti, Best scrive la storia. Le luci della ribalta riflettono il suo talento e Georgie ottiene il titolo di capocannoniere nel campionato casalingo ma, soprattutto, conquista la Coppa dei Campioni, la prima di un club inglese.

Dopo aver superato ai quarti il Gornik Zabrze (al ritorno resistettero davanti a 105.000 spettatori polacchi) e, in semifinale, il Real Madrid, Best – che aveva passato la vigilia in dolce compagnia – e colleghi incontrarono ancora una volta il Benfica: tutt’altro che stanco, il natio di Belfast segna e si regala la vittoria del trofeo da assoluto protagonista. Un’annata che gli vale il Pallone d’Oro. D’altronde, come disse Matt Busby: “Il discorso alla squadra era molto semplice. Tutto quello che dicevo di solito era: ‘Appena è possibile, date palla a George Best’”.

La caduta del mito

“Se mi avessero dato la possibilità di scegliere tra, dribblare quattro uomini segnando un gol da trenta metri contro il Liverpool oppure andare a letto con Miss Universo sarebbe stata una scelta difficile. Fortunatamente, ho avuto entrambe le cose”. George Best è stato un genio, in campo e per certi versi anche fuori, ma questa sua frase non poteva dipingere la normalità per una carriera intera. Anche se lentamente, Best comincia a calare di rendimento dalla stagione successiva: di fatto, il calcio viene sempre più accantonato dai vizi e le debolezze di un uomo annebbiato dall’alcool e dalla sregolatezza.

A chi gli chiedeva se avesse effettivamente provato a darsi una regolata, per esempio, rispose: “Nel 1969 ho lasciato perdere le donne e l’alcol: sono stati i 20 minuti peggiori della mia vita”. Dalla conquista del Pallone d’Oro in poi, effettivamente, qualcosa si ruppe. Lo United non viveva un buon momento e l’addio di Matt Busby nel 1969 acuì quel senso di smarrimento che aleggiava sul glorioso club d’oltremanica.

Pochi anni dopo, con sole 28 primavere sulle spalle, Best si trovò addirittura senza squadra. Cominciò un viaggio da globetrotter del pallone che lo portò in Sudafrica, poi in MLS, infine in Australia: da questo momento in poi, il calcio sarà per lui solo un ricordo. “Non sono mai stato in spiaggia, per arrivarci dovevo passare davanti a un bar e mi sono sempre fermato prima di raggiungere l’acqua”, fece notare lo stesso giocatore a chi gli chiedeva della casa sulla spiaggia in cui viveva negli Stati Uniti.

Il post-carriera e la morte

I tabloid inglesi riempirono, negli anni, pagine e pagine di gossip sul suo conto. Donne, alcool, persino un arresto: su Best era possibile trovare di tutto e di più. Tante, troppe le cadute da mettere in secondo piano, anche per uno con quel talento. Best lo sapeva: “potrei andare dagli Alcolisti Anonimi, ma penso che sarebbe difficile per me rimanere anonimo”, disse con quella simpatica arroganza che certamente non lo aiutò.

I matrimoni falliti e la dipendenza dall’alcool, che lo spinse a mettere in vendita il Pallone d’Oro conquistato anni prima, fecero di Georgie un uomo solo, ritrovatosi a combattere ormai senza armi con le proprie debolezze. I suoi storici tifosi sperarono in una disintossicazione quando, a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, lo ritrovarono nella veste di commentatore televisivo; tuttavia, nel 2002 subisce un trapianto di fegato per migliorare una condizione di salute disperata.

Pochi anni dopo, nel 2005, la fine: prima di andare via, Best chiese di pubblicare una sua foto sui giornali con una frase, cruda e disperata: “Non morite come me”. Si spense il 25 novembre a Londra per un’infezione epatica. A Belfast, in occasione del suo funerale, parteciparono migliaia di tifosi oltre a personalità come Alex Ferguson e Bobby Charlton.

George Best con delle giovani ragazze Fonte: Getty Images

Le frasi di George Best

Libri, canzoni, documentari: in moltissimi hanno raccontato – mediante opere di ogni genere – della sua parabola. Nessuno, tuttavia, è paragonabile a Best stesso: per questo, chiudiamo questo nostro viaggio nella vita del 7 più famoso con alcune delle sue frasi più iconiche.

“Era il 1976, si giocava Irlanda del Nord – Olanda. Giocavo contro Johan Cruyff, uno dei più forti di tutti i tempi. Al 5° minuto prendo la palla, salto un uomo, ne salto un altro, ma non punto la porta, punto il centro del campo: punto Cruyff. Gli arrivo davanti gli faccio una finta di corpo e poi un tunnel, poi calcio via il pallone, lui si gira e io gli dico: ‘Tu sei il più forte di tutti ma solo perché io non ho tempo’”

Ho sempre voluto essere il migliore in tutto: in campo il più forte, al bar quello che beveva di più

Se fossi nato brutto non avreste mai sentito parlare di Pelé

Nella mia vita qualcosa mi è sfuggito, Miss Germania o Miss Canada per esempio…

Ho amato almeno 2000 donne senza doverle sedurre, mi bastava dire ‘Ciao, sono Best del Manchester United

Ho speso gran parte dei miei soldi per donne, alcol e automobili. Il resto l’ho sperperato

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