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Gianni Rivera vuol comprare il Bari da De Laurentiis e allenare

L'ex Golden Boy con una cordata di amici pronto a rilevare il club pugliese e a coronare il suo sogno

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Quasi quattro anni fa, il 25 settembre del 2019, Gianni Rivera alla veneranda età di 76 anni prese il patentino di allenatore, conseguendo a Coverciano il patentino Uefa-Pro, il massimo livello di abilitazione riconosciuta a livello europeo e che permette di sedersi sulla panchina di qualsiasi squadra. Non fu uno sfizio effimero, la sua voglia è sempre stata quella di cimentarsi su una panchina, al punto da spingerlo a proporsi anche al Milan ma ora l’Abatino – come lo definì Gianni Brera – che il 18 agosto compirà 80 anni e che fu il primo italiano a vincere il Pallone d’oro nel 1969, è pronto a tornare alla carica.

Rivera vuole investire nel calcio con una cordata di amici

La confessione la fa al Corriere della Sera: «Con un gruppo di amici imprenditori abbiamo deciso di investire nel calcio, in serie A o B. A cominciare da Bari. Una ventina di giorni fa ho avuto un contatto telefonico con il sindaco Antonio Decaro, gli abbiamo fatto presente che siamo disponibili ad acquistare la società. L’idea di portare una squadra dalla B alla A mi è sempre piaciuta. Ho anche l’Academy Gianni Rivera che potrebbe crescere molti giovani».

Rivera vuol comprare il Bari

Ora che De Laurentiis non è costretto a vendere subito l’affare si è rallentato. Rivera rivela: «Lo spareggio che il Bari ha perso con il Cagliari non ha reso subito concreta la proposta ma siamo in attesa di sviluppi. Sennò siamo aperti ad altre offerte». Con Rivera allenatore: «Appena preso il patentino è scoppiata l’epidemia. Carlo Tavecchio però sei anni fa mi voleva c.t. della Nazionale al posto di Giampiero Ventura dopo la mancata qualificazione al Mondiale di Russia. Ma non avevo il patentino di allenatore. Tavecchio chiese al presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin di concedermelo in considerazione dei meriti acquisiti sul campo, ma lui rispose no. Fare il corso a Coverciano fu inevitabile, l’esperienza ce l’ho. Ho sempre fatto l’allenatore in campo…»

Rivera rimpiange di non aver iniziato prima la carriera di tecnico

Lecito chiedersi perché abbia aspettato tanto tempo: «Sì, in effetti ho sbagliato. Ma appena smesso sono diventato vicepresidente del Milan con Felice Colombo: spingemmo Fabio Capello a fare il corso allenatori e io potevo farlo insieme a lui ma allora mi sentivo più dirigente che mister. Poi sono entrato in politica e per vent’anni la mia vita è stata quella».

Ultime riflessioni sul siluramento di Maldini e su Berlusconi: «Paolo non meritava quel trattamento. La società doveva mettergli a disposizione le risorse per migliorare la squadra, non metterlo alla porta, tantomeno in quel modo. Berlusconi? Non sono stato un suo ammiratore. Abbiamo percorso strade diverse e vissuto su mondi opposti ma di sicuro è un uomo che ha fatto la storia del Milan e del calcio».

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