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Inter,che fine ha fatto Bini: libero di un calcio che non c’è più

Inter,che fine ha fatto Bini: libero di un calcio che non c’è più

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Dopo la grande Inter di Moratti padre ed Herrera e prima dei successi nazionali ed europei della nuova Inter. Graziano Bini è stato sfortunato, se così si può dire, a vivere un’era di mezzo: un solo scudetto e due Coppe Italia, con all’attivo 343 partite, nel suo palmarès ma il ricordo e l’affetto imperituro dei tifosi dell’Inter. Invernizzi lo lanciò a meno di 18 anni. Per i successivi 14 giocò in serie A come libero vecchio stampo. Fisico straordinario, grande senso della posizione e leadership in campo, per anni capitano e esempio di rigore e lealtà.

Bini ricorda l’esordio in A

“E come potrei dimenticarlo l’esordio?” confessò Bini a Panorama: Sampdoria-Inter, 7 maggio 1972, a mezz’ora dalla fine Invernizzi gli dice: “E’ il tuo momento”. “Entro un po’ timoroso, mi si avvicina Luisito Suarez insieme con il doriano Giovanni Lodetti, e mi incoraggiano. A quei tempi i ragazzi avevano grande rispetto per i senatori. A Mazzola, Facchetti e Corso io davo del lei…”. Si diceva del palmares povero, aggiungiamoci un’altra beffa: “Potessi rivivere un giorno della mia carriera da calciatore sceglierei una partita che non ho giocato: il giorno che abbiamo vinto il campionato con la Roma in casa, ero infortunato. Mi ricordo volentieri anche il gol con cui abbiamo vinto la Coppa Italia per 2-1 contro il Napoli”.

Bini e quel gol al Real Madrid

In tanti ricordano Bini anche per un gol nella semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni 1980-1981 contro il Real Madrid. A Inter Channel confessò: “Nove su dieci mi ricordano quel gol al Real Madrid. Ci mancò Oriali nella partita di andata: avrebbe dovuto marcare Uli Stielike. Sono convinto che con Lele saremmo passati noi e avremmo vinto la finale con il Liverpool. Non ho rimpianti, ho fatto la carriera che desideravo, non sono poi uno che ama guardarsi indietro”.

Bini e lo scudetto targato Bersellini

Lo scudetto resta però un bel ricordo, come disse a Radio Rai: “Venivamo da un allenatore come Beppe Chiappella che aveva i suoi metodi, ricordo che l’impatto con Bersellini fu devastante: cambiammo tutto il sistema degli allenamenti. Nel ritiro di San Pellegrino mise fuori dalla sede il programma di lavoro, all’epoca i ritiri duravano un mese. Lui ci voleva pronti alle otto del mattino per allenarci: prima settimana, camminata in montagna di tre ore. Però nel giro di 15-20 giorni capimmo le metodologie e il perché faceva queste cose, ovvero per darci anche una lezione di vita: senza sacrifici non si ottiene nulla”.

Bini e la nazionale mai vista

Non c’è la Nazionale nella carriera di Bini. “Avevo davanti un gigante come Gaetano Scirea, obiettivamente era più forte di me. Nella sua fase calante poi è emerso Franco Baresi”. Nelle ultime stagioni in nerazzurro fu ripetutamente perseguitato dagli infortuni: particolarmente grave quello occorso nel 1984, quando un’entrata di un avversario gli compromise la vena di un piede. Nel 1985-1986 si trasferì al Genoa dove concluse la carriera disputando due stagioni in Serie B. Dopo un’esperienza da allenatore della Primavera dell’Inter[, tra il 2000 e il 2009 è stato osservatore e responsabile del settore giovanile del Piacenza, nel gennaio 2010 è passato al Bellinzona[11]; nell’estate del 2012 allena la Free Players, formazione che raccoglie calciatori svincolati del campionato italiano. Oggi Bini è pensionato e si dedica alla famiglia. Il mondo del calcio sullo sfondo. “Sono cambiate tante persone, poi io sono uno che non ama stare sulla scena. Mia moglie sarà venuta tre volte a vedermi a San Siro quando giocavo”.

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