Doveva essere il più promettente e talentuoso della Next Gen, potenziale bomber non solo della Juventus, con cui ha esordito in serie A il 19 novembre 2016 come subentrato contro il Pescara all’età di 16 anni e 264 giorni, ma anche della Nazionale che di centravanti veri aveva ed ha bisogno come dell’aria ma Moise Kean è rimasto sempre un’eterna incompiuta. Il giocatore, acquistato dalla Fiorentina, si confessa a La Repubblica.
- Il paragone con Balotelli
- I consigli di Vlahovic a Kean
- L'amore per il rap e Bob Marley
- La lotta di Kean al razzismo
Il paragone con Balotelli
In tanti lo hanno paragonato a Balotelli ma non per le doti tecniche bensì per le sue bravate che sia in Under 21 che alla Juve gli sono costate parecchio, un vizio che si porta dietro da ragazzino: «Ricordo il prete all’oratorio. Lo facevo arrabbiare quasi sempre, è la persona che mi ha sopportato di più. Andava a dormire alle nove e chiudeva tutto. Sbarrava anche il campo nel piazzale. Allora ci organizzavamo, aspettavamo che lui dormisse e poi scavalcavamo per andare a giocarci tutta la notte. A quel ragazzino che ero io direi oggi di credere sempre in sé stesso perché nessuno lo farà per lui. In campo ci sei tu contro tutti. A volte contro te stesso. E allora dai il meglio, fallo al massimo e insegui il tuo sogno».
I consigli di Vlahovic a Kean
Nel lasciare la Juve ed accettare la Fiorentina ha influito molto il suggerimento di Vlahovic: «Dusan mi ha sempre parlato bene di Firenze – dice Kean a La Repubblica, fuori l’hotel dove alloggiano i viola nel ritiro di Preston – Mi ha detto che questa città gli ha dato la svolta, che è grazie anche alla gente che aveva intorno, che l’amava tantissimo. Mi ha consigliato di venire qui ed era contento della mia scelta».
L’amore per il rap e Bob Marley
Come Leao anche Kean si diverte a cantare: «Avevo tredici anni. Tornavo a casa dopo aver giocato per strada: tra una partitella e l’altra vedevo dei ragazzini che facevano freestlye e battle rap. Improvvisando. Io giocavo e poi mi fermavo con loro. La musica mi ha sempre seguito nel mio percorso da calciatore. Ho scritto “Outfit” e adesso potrebbe uscire un altro singolo scritto proprio con Leao. I miei riferimenti musicali sono Capo Plaza, col quale ho un ottimo rapporto. Boro Boro che ho conosciuto a Torino. E poi Bob Marley. Quando ero piccolo mio padre portava a casa nostra le sue cassette. Anzi, c’era un’unica cassetta che potevo ascoltare ed era di Bob. Mi è sempre piaciuta la sua storia: un uomo che ha preso la vita in un altro modo. Le sue frasi sono intense, il suo modo di vivere mi ha ispirato. Lo ammiro così tanto che ho chiamato mio figlio Marley».
Il video dei suoi tentativi di mirare il centro di un gioco per bambini al Viola Park è diventato virale. Pare non riuscirci…: «Ho pensato di lasciar vincere loro, quel che contava era renderli felici. Se poi la gente la prende in un altro modo, non è un problema mio. Ero lì per far divertire i bambini ed era giusto mettere in chiaro questa cosa sui social».
La lotta di Kean al razzismo
Infine il capitolo razzismo: «È una delle mie battaglie più grandi. Ho avuto problemi di discriminazione ma in quei casi sono stati gli altri ad avere problemi con me. Quando ero piccolo ci rimanevo male, mi dicevo: io respiro, tu respiri, siamo uguali. Siamo umani. Cosa c’è di strano? Poi ho capito che dobbiamo combattere. Quando vai fuori dall’Italia trovi mentalità che non arrivano a questi pensieri. Piano piano ce la faremo, spero il prima possibile».