Il Lecce ha deciso che il rispetto delle regole, anche se non condivise, è forse la maniera migliore per ricordare la prematura scomparsa del proprio fisioterapista. Così la truppa di Marco Giampaolo si è fatta coraggio e con la morte del cuore è partita comunque con destinazione Bergamo per giocare la partita contro l’Atalanta. Una forma di protesta ci sarà lo stesso: più silenziosa ma ugualmente incisiva nei confronti della Lega.
- Il Lecce costretto a giocare
- I dirigenti non seguiranno la squadra
- Solidarietà tra ultrà: la risposta degli atalantini
Il Lecce costretto a giocare
Questa partita il Lecce non l’avrebbe mai giocata, se avesse potuto. Troppo forte il dolore per la morte di Graziano Fiorita, storico fisioterapista del club salentino spentosi troppo presto durante il ritiro di un match che avrebbe dovuto avere luogo venerdì scorso. Esigenze di calendario, cinismo e un’empatia non così sviluppata impongono ai giallorossi di scendere in campo ugualmente in un clima probabilmente surreale e nel quale il calcio fa solo da contorno.
I dirigenti non seguiranno la squadra
Così stamattina Marco Giampaolo e tutti i suoi ragazzi sono partiti per la volta di Bergamo. Sull’aereo, però, non è salito alcun dirigente del club salentino: una forma di protesta silenziosa nei confronti di una Lega che non ha voluto ascoltare le esigenze della società. Il Lecce, ricordiamo, avrebbe voluto far slittare la gara dopo i funerali del fisioterapista. Il no secco delle istituzioni avrebbe portato la sconfitta a tavolino e altre conseguenze sportive nei confronti dei pugliesi.
Solidarietà tra ultrà: la risposta degli atalantini
In tutto questo marasma, la Curva del Lecce si era già apertamente schierata chiedendo alla squadra di non scendere in campo per onorare il campionato. “Non scendere in campo è l’unica cosa da fare” recita il testo firmato dagli ultrà salentini e fortemente condiviso anche dai colleghi atalantini.
Particolarmente incisivo era stato il comunicato di questi ultimi che aveva fatto riferimento a morti di serie A e morti di serie B spiegando che non avrebbero fatto il tifo in cado di disputa del match. Forse è proprio da questo messaggio che si deve ripartire affinché il calcio ritrovi l’umanità perduta.
