Ci perdonerà il maestro Zdeněk Zeman se prendiamo in prestito il titolo della sua biografia per introdurre Vincenzo Vivarini, tuttavia non c’è una frase più calzante per descrivere l’idea di un allenatore che ha riportato Catanzaro a sognare in grande.
Una piazza che mancava dalla Serie B da ben 17 anni, un lasso di tempo estremamente lungo se si considera il glorioso trascorso dei giallorossi nel massimo campionato italiano. Come dimenticare le imprese di Massimo Palanca e compagni culminate nel 7° posto in Serie A nelle stagioni 1980-81 e 1981-82?
L’annata di Serie B appena trascorsa non ha solo segnato la rivalsa di una squadra decaduta, non ha solo rappresentato la favola di una neopromossa diventata subito mina vagante del campionato, ma ha fatto da trait d’union nell’annosa – e inutile – questione tra giochisti e risultatisti: un esempio di come il risultato (perché 5° posto in classifica e semifinale dei play-off per una squadra neopromossa è un risultato) si possa perseguire anche puntando su un gioco esteticamente gradevole.
La diatriba tra “belgiochisti” e “risultatisti”
Si è discusso – e tutt’ora si discute a lungo – su cosa si debba intendere per bel gioco, perché non c’è (e difficilmente ci sarà) una nozione univoca, convergente, di “bel gioco”.
Ci sono varie sfumature del giocare bene e cercare di definire un perimetro sarebbe non solo difficile, ma anche un puro esercizio di stile.
Se volessimo ricercare un significato convenzionale, tuttavia, potremmo dire che una squadra “gioca bene” se non utilizza principi speculativi e/o reattivi (cioè basati solo sulla difesa e sull’errore dell’avversario), ma fonda la sua strategia su un gioco prevalentemente offensivo e che mira al dominio della gara.
Uno stile di gioco, cioè, che nella maggior parte dei casi comporta l’assunzione di rischi nella fase di gestione del pallone, specialmente se questo si utilizza nella tanto vituperata costruzione del basso, un marchio di fabbrica riconoscibile delle squadre di Vincenzo Vivarini.
È chiaro che un un’imprecisione in questa fase potrebbe assumere i tratti dell’errore marchiano, però, come da ultimo messo in mostra anche dal Catanzaro, i benefici possono di gran lunga superare gli svantaggi. Primo fra tutti, quello di attirare la pressione avversaria e creare spazio di gioco alle spalle di questa.
Nonostante una stagione straordinariamente positiva, si deve evidenziare – anche in virtù della mentalità offensiva introdotta da Vivarini – un dato non propriamente positivo: il Catanzaro ha subito 50 gol in 38 partite (in media 1.32 per 90’ contro i 1.26 per 90’ della Serie B), finendo dietro, in questa particolare classifica, anche a squadre come l’Ascoli (42 gol subiti) e a parità di gol subiti con la Ternana (50 gol subiti) poi retrocesse.
La situazione, in realtà, peggiora se si prendono in considerazione gli Expected Goal Against. Secondo questo modello, il Catanzaro avrebbe dovuto subire 56.53 gol (meglio solo di Ternana, Lecco e Feralpisalò – dato xvalue) e ciò mette in evidenza la grande stagione di Andrea Fulignati: si tratta, infatti, del portiere più efficace del campionato di Serie B (dato ricavato dalla differenza tra i gol attesi e i gol effettivamente subiti).
Il dato in sé non ha comunque pregiudicato l’ottimo piazzamento dei calabresi – anche perché a fronte di 50 reti subite il Catanzaro ha segnato 59 reti (quarto miglior attacco del campionato) – tuttavia mette in evidenza come la fase difensiva non sia stata particolarmente curata e può a tutti gli effetti considerarsi un tallone d’Achille delle squadre di Vincenzo Vivarini.
Probabilmente, anche questa rigidità di idee non ha aiutato l’allenatore abruzzese ad emergere prima, nonostante una lunga gavetta in panchina nelle serie minori iniziata nella stagione calcistica 2000-2001.
I principi di gioco di Vincenzo Vivarini
L’idea di calcio di Vivarini passa – e non può prescindere da questa – per la gestione del pallone. Tramite il possesso della sfera, il suo Catanzaro riesce a gestire le varie fasi della gara, alternando fasi più intense a fasi in cui si concede un po’ di respiro. Non è un caso che i giallorossi abbiano concluso il campionato al primo posto per possesso palla (58% in media per partita), a cui però non veniva abbinato un field tilt (possesso palla nell’ultimo terzo di campo) elevato (tredicesima su 20 squadre).
Il possesso palla, come si è detto in precedenza, viene quindi utilizzato dalla squadra calabrese principalmente come arma per superare le linee di pressione avversarie nella propria metà campo. Il Catanzaro, nell’ultima stagione, ha giocato solo il 36% di lanci lunghi dal portiere (ultima squadra su 20 – dato xvalue), un dato nettamente inferiore rispetto al 53% della media del campionato. Allo stesso tempo, è stata la squadra che ha effettuato meno passaggi progressivi di tutto il campionato di Serie B.
Per risalire il campo, quindi, il Catanzaro ha sfruttato a lungo il meccanismo del terzo uomo: una situazione di gioco in cui si sfrutta l’appoggio di un compagno che gioca come vertice per arrivare ad un altro compagno – che non poteva ricevere direttamente – dietro la linea di pressione avversaria.
In fase di possesso, il 4-4-2 con cui viene disegnato il Catanzaro come schieramento di base si trasforma in un 3-4-3 o 3-2-5. In particolare, il terzino destro – che si stacca dalla fase di impostazione – si colloca nella linea degli attaccanti, andando a fissare l’ampiezza del campo e con l’esterno sulla stessa fascia che si sposta nella zona centrale del campo di modo da occupare tutti i corridoi verticali del campo.
L’assenza di un giocatore in meno dalla fase di impostazione viene quasi sempre colmata dal gioco magistrale del portiere Fulignati, senza dubbio il miglior portiere del campionato cadetto a districarsi con la palla tra i piedi.
Il Catanzaro, per l’appunto, è stata la squadra che ha toccato più palloni nella propria metà campo (dato fbref). Questo dato, in linea con l’idea di costruire l’azione con il portiere e i difensori, si pone in contraddizione con un altro dato sorprendente: sempre secondo fbref, la squadra di Vivarini è la penultima squadra per tocchi nella trequarti e nell’area di rigore avversaria.
Guardando il quadro nell’insieme, si può concludere che i giallorossi, una volta consolidato il possesso palla ed elusa la pressione avversaria, vogliono arrivare quanto più velocemente alla porta avversaria: è abbastanza normale, cioè, percepire un primo giro palla lento che poi progressivamente accelera.
Dal punto di vista della fase di non possesso, al contrario, la squadra di Vivarini è una squadra tutt’altro che intensa: secondo i dati xvalue, il Catanzaro è penultima per intensità di pressing (13.79 PPDA), tra le ultime per efficacia di pressing (-0.51 per BDP) ed occupa l’ultimo posto in termini di tentata riaggressione e di efficacia di questa dopo aver perso palla. Ciò porta a pensare che la squadra voglia più concentrarsi sulla fase di possesso, la quale evidentemente apporta un dispendio energetico non indifferente.
Una delle peculiarità del Catanzaro riguarda le marcature a uomo a tutto campo. Un concetto che, di regola, non si associa a squadre che tendono a voler dominare lo spazio in fase di possesso. Spesso, si vengono a creare delle coppie in cui ogni giocatore dei giallorossi ha come riferimento un giocatore avversario, tuttavia il sistema va in affanno se la squadra avversaria non consente di avere dei riferimenti puntuali.
Nella gara di ritorno contro la Cremonese, per esempio, valida per accedere alla finale dei play-off, la squadra di Stroppa alternava frequentemente i suoi giocatori a centrocampo, impedendo così al Catanzaro di avere dei riferimenti fissi.
Vivarini sbarcherà in Serie A?
Al momento, Vivarini sembra uno degli allenatori maggiormente attenzionati anche da piazze che frequenteranno la prossima Serie A. Ci sarebbe un interesse dell’Udinese e un altrettanto forte interesse del Venezia. La squadra veneta con molta probabilità si separerà da Vanoli, il quale, a sua volta, sembra essere destinato a ricoprire il ruolo di allenatore del Torino.
Pur non essendo ancora certa la strada di Vivarini, si può dire che ovunque trovi spazio in panchina (potrebbe essere anche probabile la sua permanenza a Catanzaro) cercherà di imporre la sua idea di calcio, fatta di gestione della palla e di dominio della gara.
Certamente, e in particolar modo se andrà in una squadra invischiata nella lotta per non retrocedere, dovrà puntellare qualcosa nel sistema difensivo: non gli saranno concessi, come d’altronde a tutti gli allenatori che occupano panchine delicate, molti margini di errore perché ogni risultato sarà utile per garantirsi la permanenza anche nel successivo campionato di Serie A.
Dall’altro lato, si spera che qualunque squadra decida di affidare la propria guida tecnica all’attuale allenatore del Catanzaro possa concedergli del tempo adeguato per sviluppare i propri principi di gioco: se riuscirà in quest’impresa, ci sarà senz’altro da divertirsi.