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La storia di Zampagna: da bomber a tabaccaio e ritorno

Dal lavoro al dorato mondo del calcio e ritorno: la strana iperbole di un bomber vero

09-04-2019 11:36

La storia di Zampagna: da bomber a tabaccaio e ritorno Fonte: ANSA

Ci sono centravanti baciati da un talento innato e altri che per diventare qualcuno hanno dovuto sputare l’anima in campo. Riccardo Zampagna è uno di questi: uno che prima di fare gol in Serie A ha lasciato il lavoro di tappezziere e che una volta chiusa l’attività si è messo a fare il tabaccaio. Ma il calcio indice dipendenza tanto quanto il fumo e adesso torna nel giro, ripartendo ovviamente dal basso. La sua storia di calciatore è qualcosa di difficilmente replicabile.

Zampagna, nato a Terni nel 1974, il padre operaio alle acciaierie, fino al 1997 è un calciatore dilettante che calca i terreni delle categorie minori in Umbria, alternando il calcio alla sua attività principale di tappezziere. Quando a 23 anni sembra prossimo a lasciar perdere i sogni di ragazzo, arriva la chiamata dalla Triestina che ha come direttore sportivo quel Walter Sabatini al timone di Roma e Inter. Zampagna diventa professionista e inizia a girare squadre, cambiando casacca praticamente ogni anno girovagando nella Serie C e nella Serie B. Poca grazia nei suoi movimenti, ma tantissima generosità in campo e ogni anno un bel gruzzoletto di gol. L’anno 2002-03 col Messina 17 gol in 33 partite, poi 21 gol l’anno dopo con la Ternana. Nel 2004 il ritorno a Messina ma in Serie A, dove rimane anche nell’Atalanta. In tutto per lui una trentina di gol nella massima serie (180 in tutto), sempre dando l’anima e per questo conquistando il cuore dei tifosi da nord a sud. Lui che non ha mai fatto mistero delle sue simpatie politiche di sinistra e che metteva la stessa generosità sia in campo sia fuori: con operazioni di beneficenza e raccolta fondi per ospedali e bisognosi.

Zampagna finita l’epopea da calciatore professionista è tornato alla sua dimensione originaria di “uomo qualunque” prestato al mondo lucente del pallone. Ma non si è trasferito a Miami o a Formentera per godersi i milioni messi da parte. Ha aperto e gestito fino a un negozio di tabaccaio nella sua Terni, un’attività tranquilla, una rendita sicura. Ma il calcio evidentemente per lui era una dipendenza anche più forte di quella che può generare il tabacco.

Per lui si è profilata l’opportunità di rifare tutto da capo, come allenatore del Trasimeno, squadra dell’Eccellenza umbra. Una parentesi chiusa che ha amplificato la nostalgia per il pallone, salvo una sorta di innamoramento per la politica. “L’operaio del gol”, come veniva chiamato ai tempi d’oro, riparte dal basso con umiltà e l’augurio che tutti gli fanno è di ripercorrere in panchina la stessa straordinaria ascesa che è già stato capace di percorrere sul campo.

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