Il razzismo colpisce a tutti i livelli ma c’è anche chi decide di fare qualcosa e non solamente di protestare e stare a guardare che succede. L’ultimo episodio con tanto di finale decisamente paradossale arriva da Padova, e in particolare nel match di seconda categoria tra Atletico Granze e Tribano. Un tifoso della squadra di casa si scatena con epiteti razziste e versi da scimmia nei confronti di Diedhou Moussa del Tribano. La gara è quasi allo scadere sul risultato di 3-3 ma il capitano del Tribano comunica che la sua squadra non ha intenzione di continuare.
La formazione ospite decide dunque di lasciare il campo, si stringe a difesa del suo giocatore Moussa, 22enne, arrivato in Italia nel 2017 e sbarcato a Lampedusa. A distanza di un paio di giorni arriva la decisione del Giudice Sportivo che condanna il Tribano: “Se la decisione della Polisportiva Tribano di abbandonare il terreno di gioco a seguito del volgare commento di stampo razzista proveniente da un sostenitore del Granze, può essere compresa dal punto di vista etico non può essere giustificata dal punto di vista della giustizia sportiva”.
La decisione del giudice è chiara, e a quanto pare che il presidente della Figc regionale, Giuseppe Ruzza la pensa allo stesso modo ponendo una netta distinzione tra etica e giustizia sportiva: “Il comunicato del Giudice sportivo è perfetto. C’è l’applicazione del regolamento e c’è la componente etica”.
La posizione del Tribano
Il Tribano ha voluto spiegare nei giorni successivi all’episodio la sua scelta in un comunicato: “Esprimiamo tutta la solidarietà ai nostri tesserati che ancora una volta hanno dovuto subire offese e insulti, non per la loro prestazione in campo ma per il semplice fatto di avere un colore diverso della pelle da chi è seduto sugli spalti. La vicinanza p totale al gruppo, che unanime, ha deciso di lasciare il campo a pochi minuti dalla fine. E’ giusto porre l’attenzione sull’ennesimo episodio di razzismo, sull’impossibilità di colpire con fermezza chi si ostina a offendere in maniera becera il prossimo, di come la tribuna di un campo da calcio diventi il posto dove sfogare le proprie frustrazioni e la propria rabbia repressa. Onore ai tesserati della squadra avversaria, a quei giocatori che sono venuti a scusarsi nello spogliatoio dei nostri ragazzi, a quelli che all’uscita dall’impianto si sono realmente dissociati da quanto avvenuto, sentendosi quasi in colpo. Umanamente i nostri ragazzi escono vincitori a testa altissima”.