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Atletica, Marcell Jacobs e una confessione che merita rispetto: “Ho pensato di smettere per le critiche”

Intervista esclusiva rilasciata a SportMediaset dal velocista Azzurro: colpiscono la franchezza e il realismo con cui affronta vicende che lo hanno toccato nel profondo. Fino a fargli mettere tutto in discussione

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Ho pensato anche a mollare tutto. Non ne potevo più di sentire tutte quelle critiche, avevo voglia di smettere. Adesso però so che tornerà più forte di quanto già fossi due anni fa a Tokyo.

Marcell Lamont Jacobs nella vita ha imparato sin da piccolo cosa significhi soffrire: la lontananza dal papà, soldato statunitense che nemmeno un mese dopo la sua nascita partì per la Corea (oggi è un Veterano di guerra e dopo tanti anni i due hanno riallacciato i rapporti), è stata la prima vera prova che ha dovuto superare.

Ma nell’atletica mai avrebbe immaginato che a farlo soffrire di più sarebbero stati i detrattori, mossi forse dall’invidia peri suoi successi, sempre pronti a puntargli il dito addosso ad ogni minima battuta d’arresto.

Difficile fare finta di niente

Fa male venire criticato da persone che non sanno cosa stai passando

ha spiegato Marcell in un’intervista esclusiva rilasciata a SportMediaset.

Certe persone non riescono a mettersi nei panni di chi sta affrontando situazioni delicate, e che come ogni altra persona al mondo può provare sensazioni di paura, incomprensione o difficoltà. Per me è difficile riuscire a far finta di niente, estraniarmi da questi contesti: le critiche le senti e te le porti dentro, e questa è la parte più difficili.

Imparare ad ascoltare il corpo

Jacobs ai mondiali è tornato a casa con la sensazione di aver fatto più di quanto avrebbe potuto: la delusione per il mancato approdo nella finale dei 100 l’ha superata con la straordinaria medaglia d’argento conquistata con la staffetta 4×100, gara che ha voluto fortemente correre al netto dei dubbi avanzati da più addetti ai lavori alla vigilia.

Ho passato un anno complicato, nel quale ho dovuto fare i conti con il mio corpo che mi ha mandato segnali di avvertimento, che pure io non ho voluto ascoltare. Ed è stato questo il mio errore più grande: nella mia testa ero convinto che questa sarebbe stata la mia stagione, anzi volevo che fosse il mio anno dopo aver già attraversato nel 2022 tante difficoltà. Invece ho finito per aggravare le cose: ho avuto un momento di blackout nel quale non riuscivo neppure a capire da dover venisse quel malessere, perché il nervo a volte mi dava fastidio dietro al polpaccio, altre volte sotto la pianta del piede. A un certo punto ho pensato anche di mollare, poi però da un giorno all’altro mi è tornata la voglia di correre e di allenarmi e ho mandato via i cattivi pensieri.

Un 2023 di grandi insegnamenti

In definitiva il 2023 di Marcell si è rivelato essere un anno di grandi insegnamenti, più che di soddisfazioni.

Avrei voluto correre di più, anche perché non c’è allenamento che tiene al confronto di una gara. Ma alla fine so di aver fatto ciò che dovevo fare, e l’argento con la staffetta è una nuova base di partenza per il futuro.

Solo Parigi nella testa

Nel futuro Jacobs si vede ancora campione. Sa che sarà complicato difendere l’oro olimpico di Tokyo, perché a Parigi la concorrenza sarà spietata e molti altri atleti giovani si stanno affacciando sul palcoscenico dei 100 metri.

Marcell però spera soprattutto di poter arrivare nel momento clou della stagione con tutte le tessere del mosaico al loro posto.

Sono sicuro che potrò tornare ad essere quello che sono stato a Tokyo, anzi, anche più forte. Nel 2021 tutte le cose filarono per il verso giusto e il risultato finale è stato sotto gli occhi di tutti. Adesso che ho più consapevolezza dei miei limiti, sicuramente so cosa dovrà fare per arrivare tirato a lucido a Parigi. Se perderò tutte le gare precedenti, poco m’importerà: conterà arrivare in Francia da campione olimpico in carica e ripartire ancora una volta con la medaglia d’oro al collo.

Kerley e Lyles sanno cosa rischiano

Un messaggio nemmeno troppo velato per quella schiera di americani che non perde occasione per tirarlo in ballo durante conferenze stampa e appuntamenti ufficiali.

È un po’ il loro modo di fare, gli piace attirare i riflettori su di sé e per farlo sono disposti a parlare anche dei rivali. Leggo in questo esercizio un segnale di debolezza, perché so che loro mi temono: sia Kerley che Lyles hanno vinto gli ultimi due mondiali, ma facendo registrare un tempo superiore a quello che feci io a Tokyo. Insomma, sanno perfettamente che se Marcell sta bene rischiano grosso, e allora li lascio fare senza problemi. Tanto alla fine conta il cronometro e ciò che dice la pista: Budapest alla fine mi ha regalato una grande gioia, ma adesso nella mia testa c’è spazio solo per quel che dovrà esserci a Parigi.

Lì dove Jacobs vuol continuare a regnare, nell’olimpo della velocità pura.

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