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Mondiali atletica 2023 Italia pagelle: Tamberi e Fabbri top, Jacobs 6.5, Weir e Stano flop. Rai da record

Il bilancio finale per la spedizione azzurra è di quattro medaglie totali: un oro, due argenti e un bronzo. Tokyo non è stato un caso: l’atletica italiana gode di una salute di cui si era persa memoria

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

L’Italia dell’atletica torna dal mondiale con un pieno di sorrisi e fiducia. Promossa a pieni voti, perché in fondo nessuno poteva sapere cosa le avrebbe riservato una rassegna nella quale le nazionali più forti erano pronte a stringere i lacci delle scarpe, pur di intralciare la strana a capitan Tamberi e compagni. Quattro medaglie totali: un oro, due argenti e un bronzo.

Da Budapest però sono arrivate due conferme lampanti: la prima è che l’atletica italiana gode di una salute di cui si era persa memoria, come ben evidenziato dall’ottavo posto finale nella classifica a punti (quella che tiene conto dei piazzamenti e delle qualificazioni alle finali).

La seconda che l’exploit di Tokyo non era affatto casuale, e che anzi una nuova generazione di atleti e atlete si sta delineando all’orizzonte, pronta a contribuire a rendere ancor più unica e indimenticabile la spedizione di Parigi 2024.

Insomma, gli indici portano tutti nella direzione sperata, e forse anche per questo il bilancio di fine mondiale non può sottrarsi da un giudizio positivo. Nonostante qualche piccola delusione ci sia stata, al netto però di exploit tali da far risaltare tutto il lavoro svolto dall’intero movimento.

Gli ascolti record della Rai

Il dettaglio a margine, che è sempre piacevole analizzare e rendicontare quando occorre rendere onore al merito, riguarda invece la Rai: ascolti da record nel corso di tutta la settimana di gare, con picchi riconducibili alle prestazioni degli italiani.

La media di spettatori fatta registrare da Rai2 ha superato stabilmente il milione e mezzo, per uno share del 12%. Ben gestita, dalla tv di Stato la manifestazione nel complesso che ha restituito livelli di competenza, attenzione e incisività di qualità elevata.

I numeri dell’Italia: quattro medaglie

Da Budapest l’atletica italiana è tornata con 4 medaglie nella valigia: l’oro di Tamberi nel salto in alto, l’argento della 4×100 maschile e di Fabbri nel getto del peso, il bronzo della Palmisano nella 20 km di marcia femminile.

Un anno fa a Eugene furono due le medaglie portate a casa, quindi il raddoppio del jackpot di per sé è già un successo. Solo a Goteborg 1995 (6 medaglie) e Roma 1987 (5 medaglie) gli italiani seppero far meglio.

Tredici finali conquistate

E il dato si somma alle 13 finali conquistate (il record restano le 16 di Atene 1997), di cui 4 con le staffette, che mai nella storia erano riuscite a qualificarsi tutte assieme in finale nella stessa rassegna. In campo femminile sono arrivati 4 record nazionali, e in generale sono stati 23 i season best raggiunti da atleti azzurri, a riprova del fatto che il lavoro svolto per arrivare tirati a lucido al mondiale ha funzionato.

Il pagellone dell’atletica azzurra

Più di un atleta promosso a pienissimi voti, qualche riscatto e diverse delusioni per un bilancio che, a ogni modo, resta positivo e lascia ben sperare per il futuro.

Dagli exploit di Tamberi e Fabbro alla tenacia con cui Jacobs ha contribuito a lanciare la staffetta 4×100 dopo la cocente delusione della mancata finale sui 100 metri fino all’amarezza per i non pervenuti Stano e Weir.

Tamberi, Fabbri e Palmisano al top

  • GIANMARCO TAMBERI 10. Cuore di capitano, l’istrione capace di trascinare col suo entusiasmo e la sua esuberanza un intero movimento. Azzecca il salto dell’anno nel momento dove conta di più, portando l’asticella a 2,36 (primato stagionale mondiale) e poi controllando una gara che al solito ne ha esaltato lo spirito di guerriero nato. Gli mancava solo questo oro alla sua straordinaria collezione, e puntuale l’ha portato a casa. E ora a Parigi potrà andare con animo decisamente più sollevato, ma anche con la voglia di stupire ancora. Bella anche la dedica al papà, ex allenatore, col quale il rapporto è andato incrinandosi, ma del quale s’è ricordato nel momento in cui avrebbe potuto tenere le luci tutte per sé.
  • LEONARDO FABBRI 9,5. Tutti gli occhi erano pèuntati su Zane Weir, che poco prima del mondiale aveva lanciato tre volte oltre 22.13. Il buon Leo, campione italiano, aveva lasciato fare, poi quando il palcoscenico s’è fatto bello importante ha piazzato un lancio d’autore, chiudendo una finale nervosa e piena di pretendenti con un favoloso 22.34, misura sempre e solo sognata nel corso della sua carriera. Ha azzeccato il lancio giusto al momento giusto, come solo i grandi sanno fare.
  • ANTONELLA PALMISANO 8,5. L’eterna Antonella, quella che dichiara un’età sulla carta d’identità ma che in realtà dentro è giovane come una rosa appena sbocciata. La marcia femminile è piena di nuovi talenti che sbucano da ogni parte, lei però è sempre sulla breccia: arpiona una medaglia di bronzo che vale quanto una d’oro, perché dopo mesi difficili non era scontato tornare in gara e rivelarsi ancora così performante. Anto non tradisce mai, e per il 2024 c’è ancora luce verde.

Sorpresa Rigali, in quattro meritano 7

  • ROBERTO RIGALI 7,5. A sorpresa s’è preso un posto nella 4×100, e ancor più a sorpresa ha fatto vedere che in prima frazione ha pochi eguali nel mondo. Rigali ha vissuto un 2023 in continua ascesa e a Budapest ha trovato la sua nuova dimensione, sostituendo nel miglior modo possibile Fausto Desalù e dimostrando di meritare credito e fiducia.
  • AYOMIDE FOLORUNSHO 7. È schizzata via come un razzo prendendosi con merito la finale dei 400 ostacoli, prima italiana di sempre ad abbattere la barriera dei 54 secondi. Poi al cospetto delle migliori ha tenuto botta, chiudendo con un sesto posto che deve essere la base dalla quale ripartire per provare a spingersi ancora più in là.
  • ZAYNAB DOSSO 7. È la nuova freccia della velocità azzurra al femminile, fresca di primato nazionale eguagliato sui 100 metri (l’11”14 condiviso con Manuela Levorato) e pedina chiave della staffetta 4×100 con la quale ha ritoccato il record nazionale (42”14) e ha sfiorato una clamorosa medaglia in finale, dietro ai mostri scari USA, Giamaica e Gran Bretagna.
  • ELISA MOLINAROLO 7. Sconosciuta ai più, accreditata di una misura discreta, Elisa ha fatto la storia riuscendo a migliorarsi di 9 centimetri e centrando la qualificazione in una finale passata poi alla storia per l’oro spartito tra Moon e Kennedy. La Molinarolo però ha mandato un segnale: un upgrade così vale una mezza investitura per l’avvenire. Dai che a Parigi ci divertiamo…
  • LORENZO PATTA 7. Una garanzia, il buon Lorenzo, spostato da primo a terzo frazionista della staffetta, ma capace una volta di più di mietere vittime illustri in curva. La sua vocazione per la 4×100 era ben nota a tutti, ma a Budapest ha ribadito il concetto a chiare lettere.

Riscatto Jacobs, Tortu manca i 200

  • MARCELL JACOBS 6,5. La delusione per il mancato ingresso in finale nei 100 è stata forte, ma dopotutto è anche abbastanza logica pensando alle tribolazioni che ne hanno segnato l’intera stagione (una sola gara corsa, peraltro a giugno, prima della batteria dei mondiali). Jacobs s’è preso il riscatto contribuendo al fantastico argento della staffetta 4×100, correndo alla grande tanto in batteria, quanto in finale. E ha detto che le emozioni provate sono state superiori a quelle vissute a Tokyo. Probabile che non fosse una bugia: il 2023 è stato l’anno più duro, e questo argento lo ripaga di tanti sacrifici (e qualche critica di troppo), dandogli fiducia sulla via che conduce a Parigi.
  • FILIPPO TORTU 6,5. Sui 200 aveva detto di voler entrare in finale e di scendere per la prima volta sotto il muro dei 20 secondi, ma ha fallito completamente l’obiettivo, tanto da vedersi eliminato addirittura in batteria per un paio di centesimi appena (altissimo però il 20”46 corso al mattino). A quel punto solo la 4×100 poteva salvarlo, e puntuale la 4×100 lo ha salvato: favoloso in semifinale, con una progressione in ultima frazione degna di Tokyo, bravissimo in finale, quando s’è dovuto arrendere solo agli americani. Il suo mondiale l’ha salvato così, consapevole perché che a Parigi 2024 dovrà alzare l’asticella.
  • SARA FANTINI 6,5. Nessuno se l’aspettava tra le migliori nel lancio del martello, che pure ha vissuto una sorta di rimescolamento delle carte. Alla fine la Fantini ha lanciato profondo, e il sesto posto finale con primato stagionale di 73.85 in qualche modo la ricompensa dei tanti sacrifici fatti in stagione. Il bronzo era a un metro e mezzo e a Parigi magari quella differenza verrà colmata.

Larissa, che peccato

  • LARISSA IAPICHINO 6-. La più giovane tra le big azzurre, quella che più di tutte ha avvertito il peso della pressione. E che nella gara più importante dell’anno non ha saputo mantenere il controllo dei nervi, sprecando troppe energie nei primi salti. Quando ha saltato 6.82 era troppo tardi per sperare di arpionare una medaglia che pure l’è sfuggita per soli 6 centimetri. Larissa è giovane e questa delusione le servirà per diventare ancora più grande: il futuro la vedrà certamente protagonista, e comunque un quinto posto all’esordio mondiale non è mai da disprezzare.
  • DAISY OSAKUE 5,5. Era una carta importante da medaglia nel lancio del disco, ma sul più bello Daisy s’è bloccata, incapace di lanciare una misura che era assolutamente nelle sue corde e che gli avrebbe consentito di poter dire la sua anche in ottica medaglie. Per come è andata, un’occasione mancata.
  • FRANCESCO FORTUNATO 5,5. Era la punta azzurra nella 20 km di marcia, anche perché in stagione aveva fatto vedere cose davvero egregie. Ha chiuso 11esimo e s’è detto sorpreso del livello “assurdo” che ha fatto da sfondo a una gara nella quale i primi sono andati fortissimi sin dai primi chilometri. È andato vicino al suo primato personale, ma dovrà migliorare ancora se a Parigi vuol fare l’impresa.
  • NADIA BATTOCLETTI 5,5. Voleva entrare in finale e c’è entrata, ma quella finale poi Nadia non l’ha corsa: ai 3.000 metri le è mancato qualcosa e aver chiuso ultima non le rende onore, anche pensando a come aveva corso in batteria. Un epilogo un po’ amaro, ma che dovrà servirle per ripartire con ancora più cattiveria in vista dei prossimi appuntamenti.
  • SAMUELE CECCARELLI 5,5. Con l’incognita Jacobs ben nota, nei 100 era Ceccarelli la prima carta da giocare. Peccato che sia capitato in una batteria durissima, nella quale per 60 metri è andato fortissimo salvo poi diminuire la falcata e chiudere quarto, con 10”26, e non trovare posto in semifinale. L’esclusione dalla 4×100 è figlia della volontà di Jacobs di redimersi.

Chi ha deluso di più

  • MATTIA FURLANI 5. Sarebbe ingeneroso considerare il suo il peggiore flop della spedizione. Vero è che le aspettative erano alte, ma Mattia ha solo 18 anni e mezzo e va lasciato maturare senza assilli. Il rimpianto è da legare al fatto che la finale non ha raccontato di salti così fuori portata per il neo campione europeo Under 20. Che forse ha pagato dazio all’emozione, non riuscendo a sprigionare i cavalli del motore.
  • ZANE WEIR 5. Aveva alzato la soglia dell’attenzione grazie ai favolosi tre lanci oltre 22.13 nel meeting premondiale a Vicenza. Era lui l’azzurro più atteso, ma ha sbagliato completamente misure in una finale nella quale avrebbe tranquillamente potuto dire la sua in ottica podio. Alla fine Fabbri s’è ripreso la scena e lui ha salutato il mondiale a testa bassa. Ma con tanta voglia di rivalsa.
  • MARCELLO STANO 5. Le attese per il campione olimpico della 20 km di marcia erano elevate, soprattutto per quel che riguardava la 35 km, di cui era campione mondiale in carica (ma non è disciplina olimpica). Invece stavolta l’atleta pugliese ha faticato un po’ più del dovuto contro avversari giovani, arrivati più preparati all’appuntamento clou della stagione. Il ritiro nella 20 km, propedeutico per puntare a far bene nella 35 km, non ha pagato, tanto che il settimo posto finale è un brodino che non può soddisfare. Semmai, pungere nell’orgoglio verso Parigi.
  • LORENZO NDELE SIMONELLI 4,5. Puntava a entrare in finale, la nuova freccia azzurra degli ostacoli, ma un tempo altissimo (13”69, quasi 4 decimi sotto il 13”33 corso un mese prima) gli ha precluso ogni porta. Meglio ha fatto Fofana (13”50), ma anche lui è rimasto fuori.

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