La carriera in F1 di Michael Schumacher conta due macro capitoli. Il primo che va dall’esordio in Jordan all’epoca d’oro in Ferrari chiusa nel 2006 col primo ritiro dalle corse dopo 7 Mondiali e 95 vittorie. Poi c’è la “seconda vita” motoristica di Schumi che tornò con Mercedes per tre anni. Senza grandi risultati a parte un podio al Gp d’Europa e una pole a Monaco entrambe nel 2012.
Contro chi sostiene che quello del ritorno in F1 da parte del Kaiser fu un errore che “sporcò” le sue statistiche e le sue percentuali di podi, pole e vittorie, ha risposto l’allora boss di casa Mercedes in F1, Norbert Haug che ha definito “comunque notevole” quei tre anni del tedesco con una monoposto non all’altezza delle migliori e in un contesto che si allontanava molto dalla Formula 1 che Schumacher aveva dominato qualche anno prima.
- Michale Schumacher, la sua seconda vita in F1 non fu rose e fiori
- Schumacher, Haug difende i tre anni in Mercedes: "Era una F1 diversa"
- Schumacher e il capolavoro a Monaco: il ricordo di Haug
- Michael Schumacher, il suo triennio base per i successi Mercedes
Michale Schumacher, la sua seconda vita in F1 non fu rose e fiori
Uno dei più grandi della F1, Michael Schumacher! Schumi, 7 mondiali di cui 5 con la Ferrari, a breve ricordato in un nuovo documentario in occasione del decennale dell’incidente di Marbil, è ampiamente considerato come uno dei più grandi piloti di Formula 1 di tutti i tempi. La sua carriera è stata incredibile, talento prodigio sin da giovanissimo quando stupì il circus con la qualifica a Spa con la Jordan scaraventato in macchina dall’oggi al domani dopo l’arresto del titolare Gachot.
Briatore lo notò subito e lo “scippò” a Eddie Jordan portandolo in Benetton. Qualche stagione e Schumi fece doppietta di titoli Mondiali, i suoi primi. Poi il richiamo della Ferrari. Non fu facile ma il Kaiser, con Jean Todt, Rory Byrne e Ross Brawn rimodellò la squadra a sua immagine e somiglianza e dopo qualche delusione cocente tra cui anche un grosso infortunio, la portò a dominare per 5 anni con altrettanti titoli. Nel 2006 l’addio con l’ottavo iride sfiorato per pochi punti.
Schumacher si ritirò alla fine del 2006, divenne uomo immagine per la rossa, di lui si ipotizzò di un ritorno in F1 con la Ferrari nel 2009 dopo l’infortunio di Massa in Ungheria ma non se ne fece nulla. Tornò invece Schumi nel 2010 insieme al rientro nel circus della Mercedes che prese la Brawn Gp. I suoi tre anni di “seconda vita” in Formula 1 non furono nemmeno paragonabili alla prima parte di carriera. Solo qualche piazzamento qua e là, unico podio nel 2012 al Gp d’Europa e poi la pole che tutti ricordano, da grande campionissimo, a Monaco. Il canto del cigno per il Re dei Re.
Schumacher, Haug difende i tre anni in Mercedes: “Era una F1 diversa”
Il dibattito sull’opportunità o meno di fare quei tre anni da parte di Schumacher (il cui figlio Mick ha da poco svelato il suo futuro), è sempre aperto. C’è chi ha apprezzato la sua innata voglia di misurarsi con piloti molto più giovani, comunque riuscendo a stare nel gruppo, battagliando e non poco, chi invece ha sempre pensato che quello di tornare sia stato un errore da parte di Schumi che avrebbe quasi offuscato il ricordo leggendario della sua prima parte di carriera.
In questo dibattito recentemente si inseriscono le parole del boss di allora di Mercedes, Norbert Haug che in una recente intervista ripresa da formulapassion.it ha voluto sottolineare come:
“Ho sentito tante persone dire all’epoca che Michael non era più quello di una volta, ma lo era certamente. All’inizio non conosceva le gomme; prima di allora aveva usato solo pneumatici scanalati. Si trattava addirittura di una marca diversa (Pirelli e non Bridgestone, ndr) e ha dovuto adattarsi alle gomme slick“.
Schumacher e il capolavoro a Monaco: il ricordo di Haug
In quei tre anni Michael Schumacher riuscì a dare un segno della sua grandezza solo in poche occasioni. Come non ricordare la pole position nel Gran Premio di Monte Carlo 2012. Una pole purtroppo sminuita specie in ottica gara dalle 5 posizioni di penalizzazione inflitti dalla direzione corsa per la sostituzione del cambio. Lì secondo Haug si vide la stoffa del vero campionissimo:
“Nel suo ultimo anno, quando molti lo descrivevano come non più competitivo, ha ottenuto la pole position a Monaco, la madre di tutte le piste. Chiunque sia stato in grado di ottenere la pole position con quella macchina non ha perso nulla delle sue capacità“
Michael Schumacher, il suo triennio base per i successi Mercedes
Le parole di Haug fanno il paio con le dichiarazioni di molti dei meccanici e ingegneri che lavorarono in quei tre anni con Michael Schumacher in quella Mercedes che di lì a breve avrebbe dominato la F1 per quasi un decennio con le vittorie a raffica di Lewis Hamilton e Nico Rosberg. Per molti il know how, il modo di lavorare maniacale di Schumacher fu un esempio trasferito alla scuderia base per il dominio successivo.
Per il direttore sportivo Ron Meadows: “Ci ha reso migliori nel modo di lavorare. Il nostro più grande rimpianto è stato non vedere Michael vincere una gara per noi, e pensare che qualche anno dopo il suo ritiro definitivo e quel maledetto incidente abbiamo cominciato a vincere a ripetizione“.