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Michele Padovano, monologo a Le Iene: la sua seconda vita. "Vialli mi diceva di non mollare. Ora alzo la coppa della dignità"

Michele Padovano a Le Iene protagonista di un toccante monologo che svela il suo dolore e la dignità recuperata dopo 17 anni di calvario giudiziario

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Ora che si sente davvero libero, Michele Padovano ha deciso – per ovvie ragioni – di rendere pubblica la sua storia giudiziaria e di esternare quelle sensazioni anche in un monologo che Le Iene hanno consentito avesse uno spazio circoscritto, ben specifico.

Dopo 17 anni è arrivata l’assoluzione per l’ex attaccante di Juventus, Napoli e Genoa. Ed una nuova occasione, soprattutto di vita dopo aver attraverso questi anni sospeso, come in una bolla in attesa di giudizio.

La storia giudiziaria di Padovano

Sintetizzare questo lungo cammino della giustizia costituisce un’opera ardua, a causa della complessità della vicenda che iniziò con l’arresto con l’accusa di far parte di un’organizzazione che trafficava sostanze stupefacenti a livello internazionale. Una vicenda estenuante, chiusa da una sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino dopo il secondo processo d’appello celebrato in seguito alla decisione della Cassazione di annullare la condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione per Padovano.

L’ex calciatore era stato coinvolto erroneamente in una vicenda che riguardava un traffico di droga dalla Spagna all’Italia gestito da un suo amico, Luca Mosole, condannato a 6 anni e 8 mesi: il coinvolgimento di Padovano ruotava attorno ad un prestito di 35 mila euro in contanti che l’ex calciatore aveva versato all’amico per acquistare un cavallo, da quanto riferito e non per la droga. Quando la Procura di Torino, nel 2006, decise per procedere nei suoi riguardi la sua esistenza, quella di un uomo che godeva di una notorietà evidenziata dal calcio, subì un contraccolpo decisivo.

Il monologo de Le Iene

Padovano, che non ha mai esternato in un testo scritto e recitato quanto avvenuto, ha deciso di restarsi a questa esperienza per raccontare questa storia che, poi, è la sua vita. A Le Iene, il format creato da Davide Parenti e in onda su Italia 1, ha espresso il dolore, la speranza, la sensazione di frustrazione provate:

“Faccio fatica a trovare le parole per dirvi cosa sono stati questi 17 anni. Le manette ai polsi dopo una pizza con gli amici, senza aver fatto nulla di male. Il freddo della cella, dove la sveglia sono i manganelli che alle 6 sbattono sulle sbarre. Gli arresti domiciliari, gli amici che spariscono”.

L’ex calciatore ha quindi deciso di procedere con il parallelismo che gli è più prossimo, quello con il campo di calcio:

“Ogni processo è stata una partita. Ti riscaldi, entri in campo carico, sai di avere le gambe buone, la testa è a posto, la concentrazione è quella giusta, sei sicuro che giocherai alla grande e tutto andrà bene. Ma in campo ti rompi con un infortunio terribile. Poi ci sono mesi di sofferenza, le cure. L’attesa di tornare in campo. Per fortuna c’è la partita di ritorno. Di nuovo sei carico, pronto a spaccare il mondo ma anche stavolta ti rompi. Esci dal campo in barella”.

Il ricordo di Gianluca Vialli

Un passaggio chiave, di questo brano studiato con estrema aderenza alla realtà personale di un giocatore e di un uomo che ha passato quasi due decenni in attesa dell’assoluzione, è dedicato da Padovano a Vialli, che gli è stato accanto:

“Queste sono state per me le mie due condanne, eppure dentro di me sentivo di avere la forza di farcela. Anche Gianluca Vialli, il mio leader, mi diceva ‘Non mollare un ca**o’, e così mi sono rimesso in piedi per la finale. Questa se la perdi non puoi rigiocarla”.

“Le gambe sono buone, la difesa regge e l’attacco gira. Schivo ogni tackle, stavolta non voglio saperne di farmi male. Arrivo al gol, che per me è l’assoluzione. Così oggi finalmente posso sollevare la coppa più importante, la più ambita, quella della dignità”.

Michele Padovano, le prime ore da uomo libero

Michele Padovano dovrà riabituarsi a sentirsi un uomo libero, come aveva affermato subito dopo la decisione e come ha confessato al Corriere della Sera:

“Se ho dormito la prima notte da innocente? Non molto. Continuavo a svegliarmi. E credo che sarà così ancora per un po’. Devo dire che a 24 ore di distanza sono ancora come stordito, è una sensazione strana”.

“La notizia mi è arrivata a casa. Per scaramanzia, insieme ai miei avvocati Michele Galasso e Giacomo Francini, avevamo deciso di riproporre le postazioni della vittoria nel ricorso in Cassazione. Così nel pomeriggio, dopo che verso le 15 è stata letta la sentenza, è squillato il telefono e mi sono sentito dire questa frase bellissima: «Michele, sei stato assolto!». Giuro che non ho capito più niente talmente la felicità ha preso il sopravvento. Non esistono parole in grado di rendere l’idea di quell’istante. Sono scoppiato a piangere insieme a mia moglie Adriana e mio figlio Denis ed è stato un lunghissimo abbraccio”, le sue parole su quelle ore di concitata felicità, da uomo ritrovato senza più la percezione di trovarsi schiacciato da quello spettro, derivante da un prestito a un conoscente.

Padovano e Bergamini Fonte: IPA

Padovano e Bergamini

Gli amici che gli sono rimasti accanto

C’è stato un tempo in cui Michele Padovano ha vestito casacche di prima fascia, come quella della Juventus e prima ancora Cosenza, Napoli, Genoa, Reggiana. Erano gli anni Novanta e Padovano aveva già acquistato una preminenza nel ruolo che ricopriva in campo. Era un attaccante ambito e la Juventus se lo aggiudicò per impiegarlo nell’ambito di un progetto altrettanto straordinario.

La sua vita calcistica è stata segnata da figure di spessore calcistico inarrivabile, ma altrettanto tragiche, come Denis Bergamini, il calciatore suicidato sulla cui morte la famiglia attende ancora delle risposte.

Per Vialli, figura centrale, Padovano era a Cremona accanto a Fabrizio Ravanelli, per la messa che la famiglia ha voluto in ricordo di Gianluca, il quale ha dimostrato umanità e solidarietà nei momenti più cupi. E che ha ricordato anche in quel monologo.

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