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Mihajlovic, le ultime lacrime di Mancini: la lettera del ct all’amico scomparso

Compagni di vita al di là del calcio, per l'allenatore della nazionale la morte di Sinisa è stato come perdere un fratello

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Ieri sera si è recato, come tanti altri, alla clinica Paideia di Roma per vederlo in faccia per l’ultima volta. Lunedì sicuramente parteciperà ai funerali ma Roberto Mancini si porterà sempre dentro di sè Sinisa Mihajlovic. Qualcosa di più dell’amico del cuore, del compagno di giochi e di vita. Il ct, che già ieri aveva ricordato l’amico scomparso, ha scritto una sorta di lettera aperta alla Gazzetta dello sport per ricordare come «Da ieri non ho più un fratello. E anche se di questo legame di sangue a volte ormai si abusa, nel parlare di amicizie, non mi sento di esagerare nel definirlo così: per me Sinisa lo era davvero, perché è stata la vita a renderci tali. Prima il calcio, e poi la vita».

Mihajlovic, l’ultimo incontro con Mancini in clinica

Mancini rivela di aver parlato per l’ultima volta con l’ex allenatore del Bologna martedì mattina: «Me la porterò dentro per sempre quella chiacchierata: cose nostre come ce ne siamo dette tante, in quasi trent’ anni. Sono stati ventotto, per la precisione. Compagni di squadra e di panchina, sempre di spogliatoio perché anche, forse soprattutto, lì dentro ci siamo conosciuti fino a piacerci, a capirci, a litigare, comunque a diventare spalla uno per l’altro, quando per l’uno o per l’altro diventava necessario».

Lo chiamavano tutti guerriero e Mancini spiega il perché: «Sinisa era un guerriero, non per modo di dire: la sua guerra era dimostrarsi più forte di chi lo sfidava. Per se stesso, non per far sentire deboli gli altri. Lo faceva con gli avversari, lo ha fatto con la leucemia. Per lui era sempre troppo presto per smettere di combattere e non era mai tardi per incoraggiare qualcuno, un amico, un compagno o un suo giocatore, a non mollare».

Mihajlovic e quell’assist per il gol di tacco di Mancini

E’ un ricordo legato alla Lazio quello che Mancini vuol raccontare, quando in un Parma-Lazio del 1999 il Mancio segnò di tacco: «Il corner che aveva battuto Sinisa era disegnato, e in campo ci conoscevamo ormai così bene che sapevo perfettamente dove e come quel cross sarebbe arrivato. Quel corner era un regalo per sempre, perché mi ispirò il gol più bello che abbia mai segnato nella mia vita. Anche lui ne ha segnati di bellissimi, mai quanto l’ultimo: l’energia che ci ha trasmesso in questi tre anni, l’amore per la vita al quale ci ha educato. Per questo lo sento ancora al mio fianco, e lì sarà per sempre».

Infine la chiosa: “Credo di avergli insegnato qualcosa anche io: lo spero, perlomeno. Sicuramente lui mi ha insegnato quanta forza si può avere dentro e quanta se ne può dare a chi ti sta vicino, se ha voglia di capirlo”.

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