In una lunga intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, Franco Uncini ha ripercorso alcune tappe della sua carriera, partendo dal titolo in 500 nel 1982: “Con la Suzuki di quella stagione mi trovai benissimo, sembrava cucita addosso a me. Il mio punto di forza era sempre stata l’entrata in curva, e quella moto aveva un avantreno straordinario, che trasmetteva tanta fiducia. Non a caso, vinsi il titolo con cinque gare di anticipo”.
Nel 1983 il terribile incidente ad Assen: “Purtroppo, la Yamaha durante l’inverno ci aveva strappato il nostro bravissimo pilota collaudatore, che si chiamava Kawasaki – ricorda Uncini -. La figura del collaudatore era importantissima per come i giapponesi realizzavano le moto allora: il nuovo progetto veniva discusso, approvato e poi andava al collaudatore che diceva se era promettente o meno e, nel primo caso, i tecnici lo sviluppavano seguendo solo il suo giudizio. La nuova moto introduceva importanti innovazioni, come il telaio a tubi quadri e il propulsore con power valve, ma non riuscì bene. Il motore, in particolare, aveva acquisito un comportamento da vecchio turbo benzina, prima vuoto, e poi un sacco di cavalli tutti assieme. Fu proprio questa caratteristica a farmi volare in un ennesimo high side ad Assen. Sfortunatamente, venni investito da Wayne Gardner, che ebbe la cattiva idea di debuttare proprio in quella gara”.
Nel 1985, a soli 30 anni, Uncini prese la decisione di ritirarsi: “Una conseguenza dell’incidente? No, al rientro mi sentivo in forma, tanto che chiusi la prima gara al quarto posto. Quando ero adolescente, pensavo che a 30 anni si diventasse vecchi, opinione che, ovviamente, oggi mi fa sorridere. Però questa idea, assieme al fatto che Suzuki era in crisi e non trovavo una moto competitiva, mi spinse al ritiro. Devo dire la verità, dopo qualche anno mi pentii della mia scelta, ma ormai era andata così”.
Uncini sa bene chi è stato il più duro da affrontare nella sua carriera: “King Kenny Roberts! Nonostante fosse un mio rivale per eccellenza, tra noi c’era grande amicizia, eravamo molto affiatati. Una volta venne a Recanati a trovarmi con il suo motorhome di 12 metri, ma fu indirizzato verso una strada troppo stretta, dove lasciò la fiancata e ruppe la scocca! È stato spesso ospite a casa mia, un grande personaggio cui sono molto affezionato”.
Uncini ha chiuso l’intervista sulla motoGp di oggi, soffermandosi sull’addio di Valentino Rossi: “Chi mi somiglia? Difficile fare paragoni. Uno che si avvicina al mio carattere e comportamento è Dovizioso. Forse anche Mir, meno guascone, attento alla classifica, puntuale. Chi vorrei come pilota ai box? Senza dubbio Marquez. Aggiungendo un giovane, Mir. Così vado sul sicuro. Con l’addio di Rossi si rischia l’effetto Tomba? Non credo, anche se in molti perderanno i loro pilota di riferimento. Il fatto che Rossi abbia corso in questi ultimi anni senza vincere ha un po’ abituato il pubblico ad altri protagonisti. Su Valentino vorrei dire una cosa: tra tutti noi, è il più appassionato di moto, e tutto quello che ha realizzato l’ha fatto per questo sua grande amore. Personalmente, ammiro tantissimo questa sua volontà di correre oltre i 40 anni e mi permetto di dire che credo comunque sia ancora competitivo. Aggiungo che mancherà anche a noi dell’ambiente, in particolare nella Safety Commission, cui ha dato sempre suggerimenti e indicazioni utilissime”.