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NBA, New York sogna con Brunson e Towns: ma il vero capolavoro è quello di Sam Presti a OKC

La serie tra NY e Indiana va a gara 6, con i Knicks che trovano l'ennesima serata magica delle loro stelle. Intanto però a OKC il futuro è già cominciato: nuova dinastia in vista?

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Era dai tempi di Kobe e Shaq che non si vedevano numeri simili: due giocatori della stessa squadra capaci di segnare almeno 20 punti a testa a serata in tutte le prime 5 partite di una serie di finale di Conference. Il motivo per cui New York è ancora in corsa per un posto alle Finals fa rima con Jalen Brunson e Karl Anthony Towns: Indiana già pregustava lo scalpo e meditava di rivolgere la testa alla serie di finale contro OKC, ma i piani dei due leader dei Knicks erano diversi. E stanotte lo hanno dimostrato con i fatti, non a parole.

NY ci crede: Indiana adesso non ha margini d’errore

I 32 punti di Brunson (14 solo nel primo quarto) e i 24 di Towns hanno spedito la serie tra Knicks-Pacers a gara 6, con Indiana che ha pagato la serataccia di Haliburton (8 punti appena: una miseria, viste le medie delle gare precedenti) e in generale una prestazione al di sotto delle aspettative.

La serie torna così a Indianapolis per quella che potrebbe rivelarsi alla stregua di una gara cruciale: NY ha dimostrato di essere ancora viva, ma chissà quanto lo sforzo profuso per rientrare potrà essere pagato a caro prezzo, considerando che le rotazioni cortissime di coach Thibodeau sono uno dei temi più “caldi” dell’intera post season.

Intanto però i Knicks hanno dimostrato di non voler mollare la presa: dopo aver eliminato Pistons e Celtics (quest’ultimi campioni in carica), adesso sognano di poter rimettere le mani su un titolo che manca da più di 50 anni, e che di fatto renderebbe la stagione NBA pari a un piccolo capolavoro.

OKC, il futuro è già adesso: la rivoluzione che paga

In generale nella lega s’avverte forte il vento del cambiamento, e non è un caso se in finale ci sia già una squadra che in qualche modo è da tempo che sta insistendo sulla costruzione di una vera e propria dinastia cestistica. Gli Oklahoma City Thunder sono infatti la perfetta rappresentazione di come si può edificare con la dovuta pazienza e le giuste competenze una squadra da titolo, peraltro destinata a durare non lo spazio di una singola stagione.

La rivoluzione apportata negli anni da Sam Presti, il general manager della formazione della Louisiana, sta cominciando a pagare dividendi ed è cominciata addirittura una decina di anni fa. Quando i Thunder videro esaurirsi il primo ciclo vincente della loro storia, culminato con la presenza alle NBA Finals 2012, perse però contro i Miami Heat di LeBron James, Dwayne Wade e Chris Bosh. OKC all’epoca aveva una squadra giovane, ma di straordinario talento: Durant, Harden e Westbrook, più Ibaka, rappresentavano la meglio gioventù della lega. Ma di lì a poco i primi due decisero di prendere altre strade, lasciando di fatto la franchigia in balia delle onde.

Altre 45 scelte da qui al 2031: il capolavoro di Presti

Ibaka dei 4 era quello meno “quotato”, considerato quindi il più sacrificabile. Venne ceduto nel 2016, e quello scambio aprì la strada al vero cambiamento. Perché venne scambiato con Oladipo, Ilyasova e i diritti su Sabonis, tutta gente che sarebbe finita nello scambio che avrebbe portato 12 mesi dopo Paul George ai Thunder. Tre anni dopo, George venne spedito ai Clippers in cambio di Shai Gilgeous-Alexander, attuale leader del gruppo (arrivò anche Gallinari, più un bottino di 5 prime scelte al draft).

Con la cessione di Westbrook ai Rockets in cambio di Chris Paul e 4 prime scelte, OKC diventa la squadra più futuribile della lega. E comincia a costruire un roster di grande qualità, pescando gente come Jalen e Jaylin Williams e Chet Holmgren, il quale al netto di un anno di stop imprevisto (s’infortunò nei primi allenamenti della sua avventura NBA: di fatto esordì con un anno di ritardo) diventerà la pietra angolare del nuovo corso. La bravura nel saper pescare anche le pedine giuste per completare il roster (vedi Alex Caruso, Isaiah Hartenstein e Isaiah Joe), oltre che giocatori neppure draftati (è il caso di Lu Dort) ha fatto il resto.

OKC ha avuto il miglior record in regular season, è la logica favorita per la vittoria del titolo e avrà ancora 45 scelte da qui al 2031 per rendere la propria dinastia ancora più solida e duratura, visto che nessuno potrà minimamente avvicinarsi a un simile ventaglio di selezione. Un capolavoro firmato Sam Presti, che pure dovrà passare adesso per la prova “del fuoco”: vincere il primo anello e spaventare tutti i rivali.

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