Venti squadre allenate ma nessuna per più di quattro stagioni; otto regioni diverse in cui è stato in panchina in più di 33 anni come allenatore. Piero Braglia ha una lunga esperienza e si è fatto un nome anche tra chi non si ricorda i suoi fortunati anni come calciatore. Se col pallone tra i piedi ha avuto una lunga esperienza in Serie A, da tecnico non ci è (ancora) mai arrivato. Nato a Grosseto il 10 gennaio 1955, Braglia ha oggi 68 anni, e la sua carriera prosegue ancora, forte di ben cinque promozioni ottenute fin qui.
- Piero Braglia: gli anni da calciatore
- Piero Braglia allenatore: la lunga gavetta in Toscana
- Piero Braglia allenatore: la scalata verso la Serie B
- Piero Braglia: alla ricerca di un nuovo miracolo
Piero Braglia: gli anni da calciatore
In campo, Piero Braglia è stato un centrocampista di discreto livello, arrivando anche a passare diversi anni in Serie A. A livello giovanile, è cresciuto tra il Barbanella Grosseto, la squadra della sua città, e il Follonica, entrando infine nel 1972 nel settore giovanile della Fiorentina. Non ha però esordito subito nella prima squadra viola, e dall’anno seguente ha iniziato a girare nelle categorie inferiori: prima due stagioni al Montevarchi (in cui ha lavorato anche con l’allenatore Rino Marchesi) e poi alla Cremonese (giocando assieme a Emiliano Mondonico), sempre in Serie C.
È tornato alla Fiorentina nel 1976, facendosi notare soprattutto nella stagione seguente, chiusa al 13° posto in classifica. Ma il periodo migliore della carriera di Piero Braglia da calciatore è stato quello trascorso al Catanzaro: sei stagioni, tra il 1978 e il 1984, di cui le prime cinque in Serie A. In Calabria, ha avuto modo di lavorare agli ordini di allenatori come Carlo Mazzone (che già lo aveva avuto a Firenze) e Tarcisio Burgnich, e assieme a compagni come Claudio Ranieri e Massimo Palanca. In questo periodo ha raggiunto due volte la semifinale di Coppa Italia, ma anche vissuto il tracollo finale delle Aquile del Sud, con due retrocessioni consecutive.
Nel 1984, allora, Piero Braglia si è trasferito in Serie B alla Triestina, con cui ha chiuso la stagione al quinto posto. Sono seguite due stagioni al Catania, sempre nel campionato cadetto, durante le quali ha avuto come compagni di squadra Attilio Tesser e Walter Novellino. La seconda, conclusa nel 1987 con la retrocessione in C1, ha segnato l’inizio dell’epilogo della carriera di Braglia da giocatore. L’anno seguente è passato in Serie C2 con la Rondinella di Firenze, tornando quindi nella sua Toscana dopo nove anni d’assenza. Qui ha disputato le ultime due stagioni da professionista, raggiungendo altrettante comode salvezze.
Piero Braglia allenatore: la lunga gavetta in Toscana
Nonostante dei buoni trascorsi come calciatore di Serie A, seppur non di primissimo piano, la carriera di Piero Braglia da allenatore ci ha messo un po’ a decollare. Anche perché la sua rincorsa è iniziata da lontano, dalla panchina della Bibbienese in CND, nel campionato 1989/1990. Riesce a salvare la squadra toscana ai play-out, ma la stagione seguente si sposta alla Colligiana di Colle Val d’Elsa, vicino Siena, con cui subito sfiora la promozione in C2: Braglia arriva infatti primo nel girone, ma perde i play-off con l’Avezzano.
L’anno dopo chiude con un ottimo quarto posto, quindi nel 1992 è sulla panchina della Rondinella, con cui arriva nuovamente quarto in CND, l’allora quinta serie italiana. Nel 1993 è sulla panchina della Sangiovannese di San Giovanni Valdarno, con cui raggiunge il terzo posto in classifica. Piero Braglia si è ormai costruito una solida fama di allenatore di successo in Toscana, e così nel 1994 viene chiamato in C2 per allenare il Montevarchi, il club da cui era partita la sua carriera di calciatore professionista. Qui fa subito molto bene, vincendo il campionato e ottenendo la promozione, ma l’annata successiva si rivela più complicata, e Braglia viene esonerato a stagione in corsa, per la prima volta in carriera.
Il tecnico grossetano, però, non si scompone, e riparte dalla C2 con il Pontedera, ottenendo la salvezza. Risale in C1 nel 1997 per allenare la Carrarese, che a centrocampo ha il veterano Alberigo Evani, ma ancora una volta non riesce a esprimersi al meglio, e viene esonerato a novembre. Così, nel 1998, torna in CND, categoria che al momento gli pare più congeniale, e si accorda nuovamente con la Sangiovannese, e pure stavolta sfiora la promozione, arrivando fino al secondo posto in classifica. Nel 1998 è in C2 sulla panchina del Foggia, in cui gioca un giovanissimo Franco Brienza, con cui raggiunge un buon quarto posto.
L’anno dopo, Piero Braglia è ancora una volta al Montevarchi, nel frattempo retrocesso in Serie C2, dove riesce a ottenere la salvezza con un 15° posto. Nel 2001, il tecnico toscano torna finalmente ad allenare in Serie C1, chiamato alla guida del Chieti: con una rosa non di primissimo piano, Braglia arriva due volte a sfiorare i play-off, chiudendo ottavo e poi nono, e nella seconda annata coi Teatini lancia anche il giovane attaccante Fabio Quagliarella.
La sua nuova avventura è una di quelle emotivamente più sentite, se non proprio la più sentita della sua carriera: il ritorno al Catanzaro, sempre in C1, dove riesce a formare un tandem offensivo ideale tra il brasiliano Toledo e, soprattutto, il bomber Giorgio Corona, erede ideale di Massimo Palanca. Le Aquile del Sud vivono una stagione straordinaria, vincendo il campionato e ottenendo la promozione in Serie B. Tra tutte le squadre allenate da Piero Braglia in questa prima fase della sua carriera, il Catanzaro è stato indubbiamente l’esperienza più importante, che gli ha permesso di arrivare per la prima volta nel campionato cadetto, affacciandosi al grande calcio.
Piero Braglia allenatore: la scalata verso la Serie B
La prima avventura in Serie B dura in realtà pochissimo: nonostante i molti rinforzi estivi, Braglia non riesce a trovare la quadra, e viene presto esonerato. Riparte allora dalla C1, nuovamente alla Sangiovannese (forte dell’esperienza di Fabio Macellari e Francesco Baiano), con cui centra un ottimo quarto posto in classifica. Sempre in Toscana, nel 2007 si siede sulla panchina del Pisa, e contro ogni pronostico porta i nerazzurri fino al terzo posto, vincendo poi i playoff e ottenendo una promozione in Serie B che la squadra attendeva da tredici anni.
Ma non sarà lui a guidare il Pisa nella nuova categoria. In estate, infatti, Piero Braglia lascia la panchina a Gian Piero Ventura, e rimane nella terza serie italiana per guidare la Lucchese. Qui, Braglia sfiora un altro miracolo, tenendo a lungo la formazione rossonera in zona play-off nonostante la preoccupante situazione societaria, ma nella seconda parte della stagione le Pantere crollano e chiudono solo ottave. Con il club prossimo purtroppo alla bancarotta, Braglia cambia squadra e passa finalmente in Serie B: a scommettere su di lui è il Frosinone, dove il tecnico grossetano riesce a costruire una squadra organizzata e a valorizzare il giovane attaccante italo-brasiliano Eder, autore di ben 15 gol. I ciociari arrivano così a conquistare un buon 11° posto.
Ma ancora una volta Braglia conferma la sua vocazione errabonda, e in estate, dopo una sola annata con i Canarini, cambia posto di lavoro e torna in Serie C1 per allenare il Taranto. In Puglia ritrova il centrocampista croato Ivan Rajcic, che aveva già avuto al Chieti e al Frosinone, ma soprattutto Giorgio Corona, il bomber del suo Catanzaro. Purtroppo, l’avventura con gli Ionici parte male e a settembre, dopo appena cinque giornate, viene esonerato.
Nel 2010, però, inizia l’avventura più importante della carriera da allenatore di Piero Braglia. Si trasferisce per la prima volta in Campania, firmando con la Juve Stabia, che ha una società ambiziosa decisa a riportare il club nel campionato cadetto dopo sessant’anni dall’ultima volta. Braglia si fa raggiungere anche qui da Corona, che a 36 anni pare ormai a un passo dal ritiro, e invece il bomber palermitano risorge e arriva a segnare ben 16 gol in campionato. Corona forma una coppia offensiva fortissima con il giovane nigeriano Jerry Mbakogu, in prestito dal Padova, che invece arriva a 8 gol. La Juve Stabia disputa un campionato eccezionale, arrivando quinta e poi vincendo i play-off.
La società ha piena fiducia in Braglia, e lo conferma per l’annata successiva in Serie B, con il compito di salvarsi. Ma a disposizione del tecnico toscano viene messa una signora squadra: se ne va Corona, ma viene confermato Mbakogu, e soprattutto arrivano vari giocatori importanti. Simone Colombi e Andrea Seculin in porta, Cristiano Biraghi, Ivano Baldanzeddu e il veterano brasiliano Cesar in difesa, Savio Nsereko, Antonio Zito e Matteo Scozzarella a centrocampo, e poi Tomas Danilevicius, Marco Sau e Simone Zaza in attacco.
Non tutti renderanno a dovere, e a gennaio alcuni saranno già ceduti (Cesar, Zaza, Nsereko), ma la Juve Stabia sorprende tutti, soprattutto grazie a un travolgente Sau, che chiude l’annata con 21 reti. I campani ottengono anche un record incredibile, quello di quattro vittorie consecutive in Serie B, mai ottenuto prima da una squadra neopromossa. È ovvio, a questo punto, che Braglia deve restare, anche perché in compenso la rosa perde molti pezzi pregiati, tra cui appunto Sau. L’allenatore riesce a riorganizzare la squadra attorno a Danilevicius, sempre supportato dall’immancabile Mbakogu, ma a gennaio e dopo 9 gol segnati, il lituano viene ceduto al Latina. La Juve Stabia, nel girone di ritorno, crolla, ma alla fine riesce comunque a chiudere sedicesima e a salvarsi.
L’estate del 2013 vede un altro profondo rimaneggiamento della rosa, e stavolta arriva anche l’addio dell’attaccante nigeriano. Braglia si ritrova adesso con una squadra profondamente indebolita, che parte molto male in campionato, così a novembre viene esonerato. Le cose, con il nuovo allenatore Fulvio Pea, non migliorano, e a febbraio la dirigenza della Juve Stabia deve richiamare Piero Braglia come allenatore, che però non riesce a evitare la retrocessione.
Piero Braglia: alla ricerca di un nuovo miracolo
Quelli che seguono sono anni difficili. Braglia scende in Lega Pro per tornare a guidare il Pisa, ma a marzo perde il posto; a ottobre subentra ad Antonino Asta alla guida del Lecce, sempre nella stessa categoria, dove centra 18 risultati utili consecutivi e chiude al terzo posto in classifica, ma fallisce la conquista dei play-off. Nel 2016 il suo errare lo porta per la prima volta in Piemonte per guidare l’Alessandria, ancora in Lega Pro, dove ritrova il centrocampista italo-brasiliano Adriano Mezavilla, con lui negli anni alla Juve Stabia. Ma anche l’esperienza è poco fruttuosa, e si conclude con l’esonero ad aprile.
Piero Braglia si riprende pochi mesi dopo la guida del Cosenza, dove subentra a Gaetano Fontana e riesce a condurre i Lupi della Sila fino al quinto posto in Serie C, vincendo poi i play-off e mettendo a curriculum la sua quinta promozione come allenatore. In Serie B ottiene un’altra salvezza incredibile, portando la squadra fino al decimo posto, grazie anche alle reti dell’attaccante Gennaro Tutino. Ma nella stagione seguente, complice anche l’addio del giocatore di proprietà del Napoli, Braglia non riesce a confermare le buone cose mostrate in precedenza, e a febbraio viene esonerato.
Nel 2020, il tecnico toscano è nuovamente su una panchina di Serie C, stavolta quella dell’Avellino, con cui centra il terzo posto in classifica, ma l’anno dopo delude e a febbraio viene nuovamente licenziato. Oggi, Piero Braglia dopo tante squadre allenate è ancora in cerca di un nuovo miracolo. La nuova scommessa è il Gubbio, sempre in C: “Il presidente Notari nel giro di due o tre anni vuole cercare di vincere il campionato. – ha rivelato accettando la panchina, nell’estate del 2022 – La priorità è darci da fare e far crescere i giovani che ci sono in questa squadra. Sono tanti e sono anche bravi”. Per questa nuova avventura, Piero Braglia ha deciso di far tornare dalla Grecia un vecchio amico, per compensare con l’esperienza ai giovani del club umbro, Jerry Mbakogu. Come andrà a finire, lo dirà il tempo, ma per adesso il loro Gubbio è quinto nel Girone B della Serie C.