Una volta Nicola Pietrangeli era una sorta di totem intoccabile del tennis italiano. Adesso è diventato quasi una macchietta, e questo non è bello pensando a quante sono le primavere che ha sulle spalle (91 per la precisione). Eppure nel dorato mondo della racchetta italiana, colui che è stato uno dei più grandi atleti della storia di questo sport è finito in una posizione scomoda, quasi rintanato in un angolo, più per l’invidia di vedere qualcuno che lo ha superato piuttosto che per la facilità con la quale chi lo idolatrava fino a una manciata di anni fa adesso se n’è dimenticato di colpo. E non passa giorno in cui il bersaglio non venga colpito o affondato.
- Un "monumento" che teme per la sua "storia"
- L'invidia, la bestia peggiore
- Ecco perché l'Italia del tennis prende le distanze
Un “monumento” che teme per la sua “storia”
Massimo Gramellini, firma del Corriere della Sera, è soltanto l’ultimo della lista. Anche se stavolta Pietrangeli un po’ se l’è cercata (e la cosa non è una novità), perché aver snobbato tanto Sinner quanto Berrettini dopo la vittoria di Malaga è sembrata davvero una voce troppo fuori dal coro. “Adoro gli anziani e generalmente li preferisco agli adulti, tranne quando si atteggiano a monumenti, come l’ex campione di tennis Nicola Pietrangeli”.
Critica abbastanza diretta e senza filtri, buona per rinfocolare polemiche che quando di mezzo ci va il capitano di Davis del 1976 non vengono mai meno. “Monumento, nel caso in questione, è chi non si arrende all’incedere delle generazioni e si mette sempre al centro della storia, irritato da ogni cambiamento che possa spodestarlo dal piedistallo”.
L’invidia, la bestia peggiore
Già lo scorso anno, dopo il primo trionfo di Malaga, Pietrangeli ebbe qualcosa da ridire sulla cavalcata azzurra. E più in generale non sembrava voler dare troppo conto neppure delle qualità di Jannik Sinner, oggi indiscusso numero uno al mondo. Con Gramellini che pure sembra vederci qualcosa di poco chiaro anche nella “conversione” di Pietrangeli quale ammiratore del leader della selezione azzurra.
“Un anno fa Pietrangeli parlava maluccio di Sinner: adesso, bontà sua, ammette che è diventato forte. Talmente forte che dovrebbe partire con un 15 di svantaggio in ogni game. Detto così, sembra un complimento. Ma, considerati i precedenti, non si sottrae al sospetto che Pietrangeli le stia studiando tutte, pur di trovare un modo di farlo perdere”.
Meno accondiscendente il buon Nicola lo è stato con Matteo Berrettini, e qui Gramellini c’è andato giù un po’ più ruvidamente. “Sull’eroico Berrettini di Malaga è ancor meno diplomatico: dice che ha giocato brutte partite. Un’opinione difficile da condividere, ma più che legittima e sicuramente autorevole. Dov’è il problema, allora? Il problema è che Pietrangeli si è appena lamentato di non essere stato chiamato sul podio ad alzare la Coppa Davis, pur essendo seduto a due passi”. E qui torna il vecchio adagio dell’invidia che Pietrangeli nutre nei confronti della nuova generazione. O forse è solo puro snobismo.
Ecco perché l’Italia del tennis prende le distanze
Per Gramellini, la presenza di Pietrangeli rimane ingombrante, e forse proprio per questa ragione giocatori e più in generale dirigenti e federazione preferiscono prendere le distanze dal personaggio, che poco ha a che vedere con il campione che è stato ormai una sessantina d’anni fa (e oltre).
“Certo che ha delle belle pretese. Vorrebbe essere omaggiato dai bersagli della sua invidia o, se preferite, del suo eccesso di sincerità. Lui può criticarli e ridimensionarne le imprese sulla base dell’unico metro di paragone che riconosce valido: sé stesso. E loro, i Sinner e i Berrettini, dovrebbero fare un passo indietro e lasciargli il centro della scena in cambio di una benedizione della quale, inopinatamente, sentono di poter fare a meno”.
Insomma, un “Caffè” dal retrogusto amaro per Pietrangeli. Anche se il fatto che se ne stia ancora qui a essere in bella vista dimostra che forse il suo obiettivo l’ha raggiunto una volta di più.