A 91 anni ha dovuto provare il dolore più forte possibile: la perdita di un figlio. Nicola Pietrangeli ha appreso della morte del figlio Giorgio da una stanza del policlinico Gemelli, dove è ricoverato dallo scorso 4 luglio per delle complicazioni. Da quando è stato operato al femore dopo una caduta casalinga rimediata a dicembre, non è riuscito ancora a riprendersi del tutto, anche se le dimissioni sono vicine. A rendere tutto ancora più difficile è arrivata la notizia della gravissima scomparsa. “Il dolore per la morte di mio figlio Giorgio si è sovrapposto a una condizione di salute fragile“, l’ammissione al Corriere della Sera.
- Nicola Pietrangeli, il dolore per la morte del figlio Giorgio
- Il funerale di Pietrangeli: "Nel mio stadio e vorrei esserci"
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Nicola Pietrangeli, il dolore per la morte del figlio Giorgio
Giorgio era il più piccolo dei tre figli del campione. “Sto male. Sono lucido, però mi sento stanco e debole. La mia voce esce con difficoltà. Cerco di ricacciare indietro il pensiero di Giorgio, ma è impossibile. Mi ritorna sempre in mente”. A dargli assistenza e conforto ci pensano Marco, il figlio maggiore, e Filippo, il secondogenito. “Giorgio (che è stato campione italiano di surf, ndr) era menefreghista completo, nel senso positivo del termine”. E ancora: “Ha avuto la vita che voleva, facendo le sue scelte in libertà”. Drammaticamente condivisibile un altro passaggio dell’intervista: “Non bisognerebbe sopravvivere ai figli”.
Il funerale di Pietrangeli: “Nel mio stadio e vorrei esserci”
I pensieri cupi sembrano affollarsi nella testa di Pietrangeli, anche nel corso della chiacchierata col cronista del Corriere. Dai funerali del figlio Giorgio a quelli che papà Nicola immagina per sé. E a cui – incredibile ma vero – vorrebbe essere presente: “Ho spesso raccontato che vorrei assistere al mio funerale. Non scherzo. Si terrà allo stadio Pietrangeli del Foro Italico. Tremila posti a sedere. C’è il parcheggio, se piove ci si ripara nel sottopassaggio che porta agli altri campi e il funerale si rinvia al giorno dopo. Non voglio dare disturbo”. Ora però il problema principale è un altro: “Rialzarmi in piedi, giusto per sentirmi di nuovo in posizione eretta, senza fare niente di speciale”.
Wimbledon? No, grazie: “Gli inglesi mi hanno trattato male”
La voglia di tornare a casa è fortissima: “Ho ancora tanto da fare e da dire, da buon chiacchierone”. Fortissima è anche l’emozione per l’affetto e la vicinanza degli italiani: “Hanno scritto cose bellissime su di me, si vede che ho seminato bene”. Nessun desiderio, invece, di gustarsi le grandi sfide di Sinner e Cobolli a Wimbledon, dovee era stato sempre presente. “Non ho seguito una sola partita”, la confessione. “Non ho un bel ricordo degli ultimi anni da spettatore. Gli inglesi non mi hanno trattato bene. Non mi davano neppure la macchina per il trasporto. Prendevo il taxi. Avrei meritato più gentilezza”.