Rimasto a guardare dopo il divorzio dal Lione, Rudi Garcia ha sempre un occhio di riguardo per la Roma.
L’allenatore francese, sulla panchina giallorossa tra il 2013 e il gennaio 2016, con due secondi posti, è stato intervistato dal ‘Corriere dello Sport’, svelando di avere avuto numerosi contatti in estate: “Mi avevano cercato tanti club, ma non mi interessava andare in una squadra che non gioca la Champions o che non può raggiungerla, non è nei miei piani. Sono diventato esigente”.
Garcia elogia poi l’operato della famiglia Friedkin: “Non leggo loro dichiarazioni, ma so che sono molto presenti. Il loro modo di fare mi piace, non parlano molto, ma agiscono. L’ultima estate dimostra questo: l’arrivo di Mourinho, un allenatore di livello che ha vinto dappertutto, l’aver costruito una squadra forte. La Roma ha cominciato bene in tutte le competizioni, non so quanto sia positivo fare la Conference League, ma può aiutare a coinvolgere tutta la rosa e questo è importante. Obiettivo ritorno in Champions League? La rosa è forte, ma ci sarà tanta concorrenza”.
Un elogio particolare poi per Lorenzo Pellegrini, che proprio Garcia lanciò in prima squadra: “Lorenzo ha tutto per essere un grande calciatore. È forte tecnicamente, è alto per essere un centrocampista e soprattutto ha una comprensione tattica non comune. Gli dici una cosa e la assorbe subito, è molto intelligente. Sa fare gol e assist, è un giocatore completo”.
Spazio poi agli amarcord. Dal record delle dieci vittorie consecutive all’inizio del campionato 2013-2014 all’esonero:
“Sono legato a quel ricordo. Ho in mente tutte le dieci vittorie, anche l’undicesima a Torino, dove dovevamo vincere. Ricordo anche la decima, contro il Chievo, faticammo e il gol di Borriello arrivò alla fine. Ricordo ognuna di quelle bellissime vittorie. Avevamo una squadra che aveva voglia di riscattarsi, una squadra tecnica, completa, con tanti guerrieri. Fu una grande stagione. A Roma mi è mancato solo una una vittoria, il primo anno ci eravamo vicini”.
“Fino a un certo punto ho avuto un buon rapporto con i dirigenti. Poi penso che non avessero gradito una frase che dissi dopo l’ultima partita del secondo anno, quando arrivammo ancora secondi. Dissi che il gap con la Juve era incolmabile, ma era la verità. Anche alla terza stagione eravamo primi a ottobre, poi troppi pareggi, ma ero convinto che avremmo potuto raggiungere ancora la Champions. Io mi tengo solo i bei ricordi, mi piacerebbe un giorno tornare ad allenare la Roma, o anche altrove, in Italia. Amo la lingua, il Paese, la serie A”.