“Non ricordo la data di nascita delle mie figlie. E nemmeno un solo secondo delle partite che ho giocato in carriera”. Sebastien Chabal in campo faceva paura agli avversari, terrorizzati sia dall’aspetto “brutale” del giocatore (una montagna di muscoli con un volto che incuteva timore alla sola vista), ma le parole pronunciate al canale YouTube Legend sono molto più terrorizzanti di qualunque altro aspetto legato all’orco di Valenza, come è stato soprannominato durante la sua carriera professionistica.
- L'ammissione: "Non so di essere stato il giocatore che ero..."
- Il mondo del rugby sa di avere un problema
L’ammissione: “Non so di essere stato il giocatore che ero…”
Chabal è soltanto una delle tante “vittime” di problemi di perdita di memoria o amnesia che da tempo affliggono numerosi rugbisti. Una piaga che comincia a destare preoccupazione, un po’ sulla scia di quanto sta succedendo in America nel mondo NFL, dove si susseguono annunci di ex giocatori vittime di problemi simili.
Il francese, classe 1977, s’è ritirato dalle scene più di 10 anni fa, ma soltanto adesso ha cominciato a scontare i terribili effetti dei tanti (troppi) colpi subiti durante la carriera. “A casa mi capita spesso di parlare con mia moglie e di dirle di avere la sensazione di non essere stato io a giocare tutte quelle partite.
Ho pochissimi ricordi della mia infanzia, ma forse quei pochi che ho fanno parte dei racconti che mi sono stati fatti dai miei cari nel corso degli anni, perché personalmente non saprei ricordare nulla in autonomia. Non ricordo nemmeno la data di nascita delle mie figlie: qualcuno mi ha consigliato di andare da un neurologo, ma a quale scopo? So già che ciò che la mia mente ha perduto non tornerà indietro”.
Il mondo del rugby sa di avere un problema
Chabal nell’intervista ha sottolineato l’importanza di difendere l’integrità dei giocatori e anche la necessità di garantire loro un riconoscimento importante di fronte alla legge. “So che ci sono stati tanti procedimenti giudiziari, ma forse è giunta l’ora di fare qualcosa di più. Mi rendo perfettamente conto che nei miei 15 anni di carriera ho incassato tanti colpi alla testa, e questo può aver influito negativamente sulla mia memoria”.
Anche Steve Thompson, campione del mondo con la nazionale inglese nel 2003, ha ammesso di non ricordare neppure di aver conquistato la Webb Ellis Cup, tanto per far capire quanto possa diventare grave la diagnosi dei problemi riscontrati in tanti ex giocatori. Chabal non ha pronunciato la frase “commozione cerebrale”, ma il concetto è facilmente assimilabile: anche se oggi molti giocatori indossano un casco protettivo, il rischio di infortuni traumatici e delle loro conseguenze è elevato, soprattutto nelle categorie minori dove l’assistenza medica è inferiore rispetto a quella del mondo professionistico.
Vero è che il mondo del rugby ha cercato negli anni di andare verso standard di sicurezza più alti, come dimostrano anche le uscite obbligate per i giocatori vittima di contatti alla testa (concussion). Protocollo che comunque non garantisce alcuna “immunità”, come dimostra il caso di Chabal. Che una volta faceva paura per il suo aspetto, ma che a quanto pare con le parole oggi ne ha fatta ancora di più.