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Simone Pafundi trascina l’Italia U19: il volto Azzurro della “Generazione Yamal” a Losanna per trovare spazio

Il giovane azzurro subito decisivo nel debutto dell'Under 19 agli Europei: due assist nel 2-1 dell'Italia alla Norvegia. Eppure da noi non trova spazio: per giocare ha scelto la Svizzera

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Simone Pafundi trascina l’Italia Under 19 nella gara di esordio degli Europei: 2-1 alla Norvegia, due assist del nativo di Monfalcone di proprietà dell’Udinese, prestato al Losanna. Diranno che Simone Pafundi non è Lamine Yamal. Forse è così. Lo vedremo, si capirà col tempo quanto – e se – i due siano paragonabili nel percorso di prospettiva. Sicuramente non lo sono – così tanto paragonabili – nel processo di crescita cucito su misura per loro.

Ma non è il punto: quelli della generazione Yamal sono tantissimi, la maggior parte di loro – insegna la statistica – è destinata a una carriera che sta agli antipodi rispetto a quella che lascia presagire la baby stella blaugrana.

La valorizzazione dei giovani calciatori: Spagna e Italia a confronto

Quel che è certo è che l’Italia non è la Spagna: due approcci differenti nella valorizzazione dei giovanissimi. Da una parte la crescita viene fatta passare per tutela. E la tutela starebbe nell’impedire che le giovani generazioni del calcio commettano passi falsi. Perché ciò accada, si è trovata una formula magica: devono fare la gavetta. Devono studiare e stare a guardare. Devono farsi le ossa. In Primavera, in serie C, in serie B.

Come se in Spagna, invece, tenessero tanto a bruciarli, quelli della Gen Z del pallone. Come se in Spagna li lanciassero in prima squadra alla svelta solo per spegnerne le fiammate. Come se il Barcellona avesse a cuore il disgregamento del talento e del potenziale. Le Furie Rosse hanno vinto un Europeo con un ragazzino che Euro 2024 l’ha iniziato a 16 anni e l’ha finito – in trionfo – a 17. Lamine Yamal ha giocato sempre, saltando solo i minuti finali: quelli in cui – da regolamento – non poteva continuare a giocare a una certa ora per limiti di età. È stato un cambio obbligato ogni partita. De La Fuente se n’è fatto una ragione.

La statistica di Yamal con la maglia del Barcellona

Nella stagione appena conclusa, Yamal ha messo in archivio l’annata al Barcellona con cinquanta presenze. Cinquanta. Diranno che Simone Pafundi non è Lamine Yamal. Forse è così. Ma per un ragazzino che ha debuttato in Nazionale maggiore a 16 anni, 8 mesi e 2 giorni per la felice intuizione di un certo Roberto Mancini (uno dei pochi ad avere questi slanci e a puntare deciso sulla filosofia spagnola), il processo evolutivo personale è coinciso con quello involutivo di chi se ne è assunto le responsabilità, di chi ha scelto per lui.

Pafundi, dall’Udinese al Losanna

È passato un anno e mezzo dal 16 novembre 2022 e Pafundi, nel frattempo, ha collezionato un po’ di minutaggio con la maglia dell’Udinese, distribuito in una decina di presenze, prima di fare le valigie e andarsene. Ha optato per la Svizzera, Losanna, per giocare a calcio senza pressioni. Lo ha detto a Matteo Pinci nel corso di una intervista pubblicata su Repubblica:

Sono andato via per giocare. Venivo da un anno pieno di pressioni, è stata la scelta giusta. Sono più libero, contento. Se uno esordisce molto giovane in Nazionale, in serie A la stampa e la gente si aspettano molto. Io però di opportunità ne ho avute poche, per scelte che posso rispettare serenamente.

In sei mesi con la maglia del Losanna, 17 presenze e un gol. Due assist e altrettanti gialli. Intanto ha indossato le casacche di quasi tutte le Nazionali Azzurre: gli manca l’under 18 perché dalla U17 è passato alla U19.

Gravina la spiega con i numeri

Diranno che Simone Pafundi non è Lamine Yamal. E forse è vero. Ma nemmeno l’Udinese è il Barcellona: e se in Italia un giovanissimo talento non trova spazio nemmeno in una squadra che ha lottato fino all’ultima giornata per non retrocedere, allora diventa difficile non dare ragione al presidente della Figc, Gabriele Gravina, che sarà pure da mettere in discussione per svariati altri motivi (per esempio: come ha provato a cambiare il corso delle cose?) ma non per la fresca analisi sugli approcci del calcio italiano nei confronti della nostra generazione dei Yamal:

La Spagna sotto il profilo della valorizzazione dei giovani è un modello straordinario. Occorre saper riconoscere la delicatezza di alcune assunzioni di responsabilità. In Italia gioca il 63,7% dei calciatori stranieri, mentre la Spagna ne ha il 33%ma non è tanto questo il dato che deve far scattare in piedi, quanto il 5% della valorizzazione dei giovani che abbiamo noi e siamo solo davanti alla Grecia e alla Turchia, mentre in Spagna la percentuale è del 22%. Ecco dove sta la differenza.

La crescita e la tutela: il punto di vista

Diranno che Simone Pafundi non è Lamine Yamal. E forse è così. Ma il punto è un altro: non si discute il singolo, semmai il sistema. Allora, prima di ogni cosa, si cominci a dire che l’Italia non è la Spagna e che da noi la crescita viene fatta passare per tutela. E la tutela starebbe nell’impedire che le giovani generazioni del calcio commettano passi falsi.

Perché ciò accada, si è trovata una formula magica: devono fare la gavetta. Devono studiare e stare a guardare. Devono farsi le ossa. In Primavera, in serie C, in serie B. E nemmeno qui sta il problema, semmai arriva immediatamente dopo: si fanno le ossa, tornano maturati e in sede di compravendita estiva diventano contropartite tecniche per abbassare il valore di altri obiettivi di mercato.

Mancini e Spalletti su Pafundi

Mancini, a chi gli chiedeva di Pafundi, rispose secco:

Quando faccio la lista metto prima Pafundi, poi tutti gli altri. Questa è la mia idea.

Lo scorso dicembre, appena prima che Pafundi si trasferisse in Svizzera, a chi gli domandava del calciatore, il nuovo Ct dell’Italia, Luciano Spalletti, disse:

In Italia è difficile, non c’è nessun giovane, dopo la Primavera, che va a farsi un po’ di carattere all’estero, senza scendere di categoria.

Ha seguito alla lettera, Simone Pafundi, ignorando le proposte dei club di serie B e provando a ricalcare – in tempi recenti – le orme di Dimarco, Calafiori, Gnonto e Sebastiano Esposito.

Il rapporto CIES sui giovani under 20

C’è ancora un dato che val la pena richiamare: è quello reso noto dall’osservatorio calcistico CIES secondo cui, prendendo in considerazione i 100 giocatori under 20 che, nell’ultimo anno solare, hanno acquisito maggiore esperienza nel professionismo, solo tre sono riconducibili alla serie A. Il primo è Micheal Kayode (Fiorentina): 2586’ tra massima serie e Conference League. Il secondo è Kenan Yildiz (Juventus): 1873’, la maggior parte dei quali con la maglia della Turchia. Il terzo, Santiago Castro (Bologna): 1913′ disputati soprattutto con la maglia del Velez Sarsfield, cui è appartenuto il cartellino fino a gennaio.

Ecco. Diranno che Simone Pafundi non è Lamine Yamal. Ma non è il punto. Nemmeno la vittoria a tutti i costi pretesa dai tifosi: hanno mostrato spesso, proprio i tifosi, una maturità superiore a quella di tante dirigenze, invocando altre prerogative, necessarie più dei successi. Euro 2024 è stato un fallimento non per l’eliminazione dell’Italia agli ottavi di finale, semmai per la remissività con cui si è giunti all’epilogo.

Il punto vero è che l’Italia non è la Spagna: per approccio, per metodo, per strategie. E se captasse di chiedere a Pafundi qual è il sogno da qui ai prossimi dieci anni risponderebbe quello che ha sempre risposto: “Indossare la maglia della Nazionale”. A oggi, però, il volto Azzurro della “Generazione Yamal” è dovuto andare a Losanna per trovare il suo spazio.

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