Ogni giorno che passa emergono nuove novità sull’accordo tra WADA e Jannik Sinner che ha comportato la sospensione di tre mesi per quest’ultimo. Le ultime rivelazioni di alcuni esponenti dell’Agenzia Mondiale Antidoping e del legale del n°1 ATP alimentano però i dubbi sul ricordo e l’operato della WADA, che sembra sempre più aver agito per una questione di principio che ha più a che fare con la “politica” piuttosto che col tennis, il doping e la giustizia sportiva.
- L’ammissione della WADA a la Stampa e BBC
- La rivelazione del legale di Jannik
- Perché quanto fatto dalla WADA è dannoso non solo per Sinner, ma per il tennis in generale
L’ammissione della WADA a la Stampa e BBC
“Si trattava di un caso che era a un milione di miglia di distanza dal doping”. Questa l’ammissione a BBC Sport del consulente generale della Wada, Ross Wenzel. Un’ammissione che, per quanto utile a riabilitare magari l’immagine di Jannik Sinner soprattutto davanti ai suoi colleghi, fa comunque discutere, visto l’enorme polverone alzato proprio dal ricorso della WADA sul caso dell’altoatesino.
Insomma, la WADA ha confermato che la vicenda di Sinner sia lontana anni luce dall’essere un caso di doping e – stando anche a quando affermato dal responsabile della comunicazione dell’agenzia mondiale antidoping, James Fitzgerald, a La Stampa – di aver effettuato il ricorso solo per “difendere il principio secondo cui gli atleti sono effettivamente responsabili delle azioni del loro team” ammettendo però che il caso specifico di Jannik fosse unico, non trattandosi di “un caso di somministrazione diretta da parte dell’entourage dell’atleta, ma di assorbimento transdermico” che ha portato l’agenzia a proporre un accordo al n°1 ATP con una sospensione di tre mesi che la Wada stessa considera “adeguato ed equo” nonostante l’iniziale richiesta di uno stop di uno o due anni.
La rivelazione del legale di Jannik
Quanto affermato dai vari rappresentanti della WADA spiega anche le rivelazione fatte dal legale di Jannik sulla decisione riguardante l’accordo per la sospensione: “Inizialmente non è stato facile convincerlo ad accettare l’offerta della Wada e che fosse la cosa giusta da fare”. Il perché Sinner sia stato titubante sull’accettare l’accordo non può che essere dovuto a una sua fervida convinzione d’innocenza. Innocenza in un certo senso confermata proprio dalla WADA, che sembra aver agito per una semplice questione di principio, che sembra sempre più essere stata portata avanti per consolidare il proprio ruolo e per una questione politica con l’ITIA.
Perché quanto fatto dalla WADA è dannoso non solo per Sinner, ma per il tennis in generale
Tutte queste verità emerse nelle ultime ore non fanno altro che alimentari dubbi e sospetti sul ricorso e sull’accordo della WADA. Sia chiaro, indagare sulla positività di Sinner era giusto, sacrosanto e fondamentale per tenere lo sport pulito. Ma a quello ci aveva già pensato l’ITIA, che aveva poi assolto il n°1 ATP.
La decisione di andare a ricorso da parte dell’Agenzia Mondiale Antidoping, che concordava quasi in toto con l’ITIA, si basava dunque su una sottigliezza, una questione di principio che – visto anche il caso unico di Jannik – ha alzato un polverone inutile e dannoso non solo su Sinner, ma su tutto il mondo del tennis, facendo perdere anche credibilità alle istituzioni antidoping, che come qualcuno aveva già evidenziato, sembrano ormai essere più interessate alla “politica” che a dare la caccia ai veri dopati.
E a conferma di ciò c’è anche l’accordo, che molti considerano più salvifico per la WADA stessa piuttosto che per Jannik. In caso il TAS di Losanna avesse confermato l’assoluzione precedentemente stabilita dall’ITIA, la WADA avrebbe rischiato di perdere ulteriori consensi e potere in un periodo non facile per lei dopo la questione dei nuotatori cinesi e che gli USA hanno smesso di sovvenzionarla.