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Sinner, caso doping: le differenze con il caso Halep e il passaporto biologico. La squalifica di Jannik sarebbe anomala

Le motivazioni della sentenza che hanno portato alla riduzione della squalifica di Simona Halep hanno destato preoccupazione tra i tifosi di Jannik Sinner ma i due casi sono profondamente diversi

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Gerry Capasso

Gerry Capasso

Giornalista

Per lui gli sport americani non hanno segreti: basket, football, baseball e la capacità innata di trovare la notizia dove altri non vedono granché

Jannik Sinner continua a vincere, a Shanghai è arrivato il settimo titolo ATP della sua stagione ma i tifosi del campione italiano non riescono a tifare e a esultare come vorrebbero. Sulle spalle di Jannik pesa quell’appello presentato dalla Wada al TAS di Losanna sul suo caso doping che rischia di creare una nube su questo finale di stagione e sull’annata che comincerà. E le motivazioni delle sentenza del TAS sul caso di Simona Halep, hanno alzato nuovamente il livello della preoccupazione e forse in maniera non del tutto ingiustificata.

Il caso Halep

Simona Halep, tennista rumena, è stata trovata positiva nell’agosto del 2022 nel corso degli US Open a una sostanza chiamata Roxadustat e in un secondo momento ha ricevuto una nuova segnalazione per delle irregolarità nel suo passaporto biologico. Dopo un’udienza all’ITIA, la tennista è stata squalificata per 4 anni con inizio del “ban” retrodatato ad ottobre del 2022. Nel febbraio del 2024 però Halep ha vinto parzialmente il suo ricorso nei confronti della sentenza che ha ridotto la sentenza a 9 mesi permettendole di tornare subito in campo (di fatto la squalifica era terminata il 6 luglio 2023). Ora sono state pubblicate la motivazioni di quella decisione e per alcuni sembrano un campanello d’allarme anche per il caso di Jannik Sinner.

Halep e Sinner: le differenze dei due casi

Più che le analogie tra i casi di Simona Halep e quelli di Jannik Sinner a saltare all’occhio sono le differenze. A cominciare da come è entrata la sostanza proibita in circolo (Roxadustat nel caso della romena, Clostebol nel caso dell’azzuro). La tennista ha infatti dichiarato di aver ingerito un integratore (Keto MCT) che era stato contaminato. Nel caso di Sinner, i suoi legali sono invece riusciti a dimostrazione che la contaminazione è avvenuta attraverso un massaggio fatto dal fisioterapista Giacomo Naldi che aveva usato un farmaco contenente la sostanza proibita.

Le affermazioni di Halep vengono però messe in discussione dalla ITIA visto che due laboratori diversi (uno a Montreal e uno nello Utah) non sono stati in grado di rilevare il Roxadustat nell’integratore assunto dalla rumena. Inoltre per l’ITIA la contaminazione sembra poco plausibile in virtù della quantità di integratore che Halep ha consumato e la concentrazione di Roxadustat nelle sue urine.

Oltre alla sostanziale differenza nell’assunzione delle due sostanze proibite, c’è anche un altro che va tenuto in considerazione ed è quello che riguarda le quantità rilevate dai test antidoping. Nel caso di Halep la sostanza trovata è stata di 289 pg/ml nel campione A e di 529 pg/ml nel campione B. Nel caso di Sinner parliamo di quantità decisamente inferiori (86 pg/ml nel campione A e 76 pg/ml nel campione B).

La questione passaporto biologico

Nel caso di Simona Halep c’è anche un secondo fattore da tenere presente ed è quello che fa riferimento al passaporto biologico della rumena. Si tratta di una tecnica antidoping introdotta proprio dalla WADA che consiste nel tracciando nel tempo di alcuni parametri del sangue e dell’urina di un atleta. Accanto alle accuse di assunzione di Roxadustat, Halep è stata anche trovata in “contravvenzione” di alcune norme relative al passaporto biologico dopo alcune anormalità riscontrate nei suoi campioni di sangue. Già ad inizio del 2022 alcuni dati del suo ABP sono stati flaggati come “atipici”, dati rivisti da due esperti che li hanno giudicati come “sospetti”.

Il ruolo di ITIA e Wada

Nonostante la situazione di Simona Halep fosse decisamente più incriminante rispetto a quello di Jannik Sinner, la tennista rumena è riuscita a ottenere una significativa riduzione con il TAS che ha messo in evidenza che la sua “colpa” sarebbe stata quella di fidarsi di un membro del suo team che non aveva la preparazione necessaria in quanto non un medico o un nutrizionista sportivo. E qui c’è un’altra differenza sostanziale con il caso Sinner. L’azzurro infatti non ha ingerito volontariamente nessuna sostanza su suggerimento del suo team, bensì l’errore sarebbe stato commesso dal fisioterapista Naldi che ha usato un farmaco contenente una sostanza proibita e che Umberto Ferrara, il preparatore di Jannik in quel periodo, è invece laureto in chimica e tecnologie farmaceutiche.

L’altra differenza sostanziale è quella che riguarda l’intero procedimento. L’ITIA, organo indipendente creato da ATP, ITF, WTA e Grand Slam, ha già accettato la tesi presentata dal team legale dell’altoatesino e come unica sanzione c’è stata la revoca dei punti e del montepremi di Indian Wells. Nel caso di Halep, la posizione dell’ITIA è stata decisamente severa con una squalifica di 4 anni. Se il TAS nel caso della rumena si è espresso per una riduzione della sentenza da 4 anni a 9 mesi, alla luce delle differenze enormi nei due casi, pensare a una squalifica per Sinner sarebbe quantomeno anomalo.

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