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Sinner, caso doping: le rivelazioni del funzionario Wada sul ricorso. Ma i precedenti Johaug e Barquero preoccupano

La Wada ha ancora tempo prima di decidere se presentare ricorso presso il Tas per il caso doping che riguarda il numero 1 al mondo e La Stampa riporta le parole di un funzionario anonimo

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Gerry Capasso

Gerry Capasso

Giornalista

Per lui gli sport americani non hanno segreti: basket, football, baseball e la capacità innata di trovare la notizia dove altri non vedono granché

Il futuro di Jannik Sinner sarà deciso entro la fine del mese di settembre. La decisione sul caso doping che ha riguardato il numero 1 al mondo risultato positivo a due test nel corso del torneo di Indian Wells è ancora tutta da stabilire con la Wada che ha deciso di prendersi più tempo prima della scelta di fare ricorso o meno.

La rivelazione del funzionario anonimo

Una speranza, seppur piccola, arriva da un articolo pubblicato da La Stampa che riporta le parole di un funzionario della Wada che ovviamente sceglie l’anonimato per parlare del caso di Jannik Sinner. Il quotidiano parla d un “funzionario di primo livello” sicuro di quello che succederà: “La Wada non farà ricorso contro Sinner ma si limiterà ad acquisire più documentazione possibile per far sì che il caso del campione italiano non apra la strada a chi con i farmaci a base di testosterone si dopa davvero”.

La quantità di Clostebol rilevato

Nel caso di Sinner le analisi hanno rivelato che più che parlare di “assunzione” si possa invece utilizzare la parola contaminazione, visto che le quantità di Clostebol (il farmaco proibito): “Parliamo 50 psicodrammi per millilitro di sangue, un picogrammo equivale a un millesimo di miliardo di grammo, la punta di un cucchiaino di caffè in una piscina olimpica”. Ma la “gola profonda” rivela anche perché il caso non è stato ancora chiuso: “La Wada investiga per scovare chi ha fatto uso anche molto tempo prima di questi anabolizzanti magari gareggiando in paesi dove di controlli antidoping se ne fanno poco o niente. Ma per Sinner che ha giocato in tanti tornei internazionali è difficile che non ci siano stati test nei mesi precedenti la rilevazione di questa contaminazione”.

I casi Johaug e Barquero

Le parole dell’anonimo funzionario Wada aprono una cortina di speranza ma ci sono anche dei precedenti che fanno preoccupare. Il Clostebol è un farmaco che ha un forte “legame” con il nostro paese e in passato è stato spesso rilevato dai controlli come accaduto per Riccardo Moraschini. Una situazione che ha colpito anche alcuni atleti stranieri di passaggio in Italia come nel caso di Therese Johaug (sciatrice di fondo norvegese) e Laura Barquero.

La norvegese avrebbe assunto il farmaco proprio a causa di una contaminazione con tanto di ammissione di colpa da parte del medico della sua nazionale ma questo non è bastato a evitargli una squalifica prima a 13 mesi, poi aumentata a 18 dal TAS in seguito al ricorso presentato dalla Federazione Internazionale di Sci. La norvegese è poi tornata in gara alle Olimpiadi di Pechino nel 2022 vincendo tre medaglie d’oro. Situazione simile a quella di Laura Barquero, pattinatrice su ghiaccio, che si trovava in Italia per gli allenamenti e fu trovata positiva al farmaco in occasione delle Olimpiadi del 2022 (avrebbe dovuto gareggiare in coppia con Marco Zandron, altoatesino ma di passaporto spagnolo) ed è stata squalificata per un anno.

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