Carlos Alcaraz vola ai quarti di finale dell’Atp Cincinnati dopo aver battuto in 3 set (7-6, 6-7, 6-3) l’americano Tommy Paul. Lo spagnolo stasera in campo contro l’australiano Max Purcell, numero 70 del ranking.
La grande paura si materializza sul piano psicologico: Tommy Paul non vale Carlos Alcaraz eppure, averlo battuto in maniera netta a Toronto una manciata di giorni fa è stata la grande rendita che l’americano si è costruito per il torneo di casa.
A Cincinnati lo spagnolo numero 1 del ranking parte da favoritissimo, ma c’è il però: quel tarlo appoggiato lì a ribadire che Paul, il 26enne del New Jersey, sa come si fa. Carlos il blocco ce l’ha: non parte male, aggredisce, va di potenza, serve bene e risponde col mirino.
- Nei primi due game c'è dentro la grinta di Carlos
- Paul si porta sul 5-2, Alcaraz rinasce
- Il secondo set: da vedere e rivedere
- Il 2023, anno d'oro di Paul
- La rimonta di Paul
- Carlos ferito è pericoloso
- Cosa dicono i numeri
Nei primi due game c’è dentro la grinta di Carlos
I primi due game del primo set sono sintomatici: c’è dentro tutta la grinta di Alcaraz, la voglia di chiuderla in fretta, come i pugili dei massimi che puntano ad archiviare tutto in due round. Mette in difficoltà Paul in risposta e spreca la prima palla break a match appena iniziato, si porta a casa il turno di servizio in meno di 3’.
Poi, però, l’inerzia cambia: perché Paul gli resiste, gli balla davanti, lo bombarda, la mette sul piano dell’intensità e quando c’è da colpire forte, lui colpisce fortissimo. Il gioco sei spiazza Carlos, lo svela fragile: il servizio è il suo ma Paul si costruisce due palle break con arguzia.
Paul si porta sul 5-2, Alcaraz rinasce
Botte secche, precise e Alcaraz si irretisce, incappa in errori gratuiti, non reagisce e lascia il game con remissività. Game 7 è quello in cui pensi che Paul ha la strada spianata, va 5-2, il set è come averlo messo in cassaforte.
Ecco: da qui Carlos si spolvera la paura di dosso. Un po’ l’orgoglio, un po’ l’azzardo, un po’ la classe: tre game di fila, lo spagnolo si toglie dagli impicci facendo il Mostro. Paul resta aggrappato al set con i denti: game 11 è quello delle tre palle break che Carlos getta via con tanto di ringraziamento dell’americano.
Il 6-6 di Alcaraz è un gioco di rapidità, il tie break è un punto a punto, servizi persi (2 a testa), poi Carlos ruba anche il terzo servizio, va 7-6 e serve per il set. La prima entra, poi entrano diritto e set.
Il secondo set: da vedere e rivedere
Cosa sia il tennis, però – cosa sia davvero – lo dice set 2. Da vedere e rivedere. Paul è un prodigio, da ragazzo non potevi che scommettere su uno come lui. Determinato, talentuoso, disciplinato: in campo ci stava da Dio, sapeva difendersi e attaccare, aveva fasi di miglioramento costante e lineari.
Poi, improvvisi, un paio di black out, un infortunio al polso, un saliscendi e quella discontinuità cui non aveva mai abituato. Tra il 2017 e il 2020 distrugge e ricostruisce, nel 2021 assapora la vittoria col primo successo in carriera: Stoccolma, in sequenza fa fuori Fritz, Murray, Tiafoe e Shapovalov.
Il 2023, anno d’oro di Paul
Comincia a ingranare: non vince altro nei due anni successivi ma è in questo 2023 che sale in cattedra. La semifinale agli Australian Open, le finali di Acapulco e Stoccarda, il numero 13 Atp. Quando incrocia sul cammino Alcaraz, a Carlos accade qualcosa che prima o poi doveva accadere.
Incrocia la bestia nera: non è una questione di vittorie e di sconfitte. Non è solo quello. È attitudine, alchimia, metafisica: qualcosa che ha della razionalità e dell’irrazionalità a un tempo. Mettetelo contro Djokovic, per dire, e Alcaraz non soffrirà mai nel modo in cui ha sofferto con Paul nelle ultime tre volte che lo ha incrociato.
La rimonta di Paul
A Toronto ci aveva perso anche nel 2022, a Miami Carlos a fatica (6-4, 6-4), poi di nuovo la debacle di Toronto. Il secondo set: per duri di cuore. Perché aspetti che Alcaraz fugga via galvanizzato, e l’altro crolli un colpo alla volta.
Invece no: Paul ha la solidità della roccia. Va a ruggire in testa al numero 1, poi si lascia controbrekkare. Torna a ruggire in testa al numero 1, poi – di nuovo – il contro break di Alcaraz. Sul 5-4 Paul, l’americano spreca un set point e Carlos si riporta sotto. 6-5, poi 6-6 in un game infinito nel quale lo spagnolo manda al diavolo due match point e Tommy si pappa sei occasioni per prendersi il game, poi portato a casa alla settima opportunità.
C’è incredulità nel tie break: sette giochi, Alcaraz non la vede mai e Paul mette in cascina il set chiudendo 7-0. Il pubblico – che ad Alcaraz un po’ ovunque vuole bene – ora è solo per lui. Per il tennista di casa.
Carlos ferito è pericoloso
Carlos ferito è pericoloso: quando cede, poi si rianima. L’ha detto centinaia di volte: gli piace il tennis che ribalta situazioni, eventi, momenti e stati d’animo. Sfida se stesso, poi gli altri. Quando Alcaraz subisce, poi rinasce. Nel terzo set mette in chiaro subito: serve Paul, lui lo prende a pallate.
Due break subito, il secondo è quello buono. Gli porta via il servizio e si tiene il suo: 2-0 per lo spagnolo. Il terzo gioco è di Paul, facile; il quarto di Carlos: 30-30, poi due affondi dello spagnolo a conservare il vantaggio. Paul fa 3-2 e gli annulla la terza palla break del set, 4-2 e 4-3 in velocità.
Appena prima della lunghissima pausa per pioggia. Gara interrotta: a chi ha fatto bene? Facile dirlo dopo, va sempre meglio a chi vince.
Cosa dicono i numeri
Ma la statistica rendiconta di un match in equilibrio in cui il testa a testa lo si evince anche dai numeri. Dove divergono con evidenza? Negli aces (Carlos 6, Paul 11), nei punti vinti con la prima di servizio (Carlos 71%, Tommy 63%), nei punti vinti di risposta (44% a 37%) e nelle palle break: la bellezza di 22 per Alcaraz (che ne ha sfruttate solo 5), la miseria di 6 per Paul (ma 4 portate a casa).
L’altalena di tentativi per ripartire è un lungo dubbio nel quale si giocano pochi scambi nell’arco di un’ora e mezza. Il 5-3 Alcaraz arriva all’1.05 italiana. Poi lo scroscio. Per il 6-3 occorre attendere le 2.05.
Ai quarti contro l’australiano Max Purcell dovrebbe scivolare via tutto più liscio di così: nella parte bassa del tabellone, intanto, Djokovic marcia spedito e liquida senza difficoltà anche Monfils. Serve la migliore versione di Carlos per fronteggiare la più incisiva versione del serbo: per ora non l’abbiamo vista.