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Tennis Australian Open, la resa di Djokovic: "Sinner è stato perfetto. Ma sono scioccato dal mio livello di gioco"

Dopo la netta sconfitta contro Sinner, Djokovic ammette di non essere affatto contento del suo attuale livello di gioco: "Non mi sono mai sentito forte nel torneo"

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

“Sono scioccato, nei primi due set non ho fatto praticamente nulla. Credo di aver disputato la peggior partita in carriera in un torneo dello slam”.

Novak Djokovic non ci gira troppo intorno: aver prolungato il match al quarto set gli è sembrata già una piccola impresa, pensando a quel che ha raccontato un pomeriggio destinato a sconvolgere gli equilibri nei piani alti del tennis mondiale. La netta sconfitta subita contro Sinner è destinata a lasciare scorie, sia per come è maturata, sia per la versione mandata a referto da Nole, che mai si sarebbe aspettato di pagare dazio in modo così fragoroso.

La partita maledetta: “Sinner mi ha cancellato dal campo”

Il serbo non ha accampato scuse: sapeva che Sinner in questo momento gli era superiore, o che quantomeno potesse rispedirlo a casa senza troppi complimenti. “Non è una bella sensazione quella che sto provando, ma non posso far altro che complimentarmi con Jannik per aver fatto tutto molto meglio di me. È in finale con pieno merito, perché sta giocando un torneo incredibile. Oggi mi ha letteralmente cancellato dal campo, ma ripeto, sono scioccato del livello di gioco che ho espresso.

Ho provato a fare qualcosa di più nel terzo set, ma ho capito presto che non sarebbe bastato. Ho salvato un match point, chiuso al primo set point il tiebreak, ma nel quarto la differenza è stata ancora una volta lampante e in quel game giocato controvento, dove ho perso il servizio, ho capito che non era giornata. Adesso devo solo pensare a ritrovare la giusta serenità e voltare pagina. Il pubblico è stato fantastico, corretto e molto caloroso sia con me che con Sinner. È stato tutto molto bello, ma purtroppo io ho giocato male e sono uscito dal torneo”.

Un torneo non al livello del vero Nole

Djokovic non perdeva a Melbourne da 2.195 giorni. Vero che in mezzo c’è stato il discusso torneo del 2022, quello che il Governo Australiano gli ha impedito di disputare tenendolo “in ostaggio” nell’albergo vicino all’aeroporto prima di farlo imbarcare sul primo volo disponibile per l’Europa, ma 33 partite sono un tempo indefinito, un primato che solo Borg e Federer a Wimbledon (41 vittorie di fila) e Nadal al Roland Garros (39) hanno saputo ritoccare verso l’alto.

Stavolta però Nole aveva intuito che qualcosa sarebbe potuto andare storto. “Onestamente non ho giocato un gran torneo. Almeno so di non essere mai stato vicino al mio livello migliore. Tolta la partita con Mannarino, i restanti 5 match non sono stati esenti da sbavature. Certo, da qui a pensare di giocare tanto male come fatto nei primi due set contro Sinner ce ne passava, ma le sensazioni non erano eccelse. E comunque essere arrivato in semifinale non mi basta: per tanti può rappresentare un bel risultato, io però punto sempre al massimo e dunque posso assicurarvi che non sono affatto contento”.

Il dato più eclatante: prima partita slam (su 424) senza palle break

C’è un dato che sorprende più di ogni altro dato: l’assenza di palle break conquistate, prima volta che Nole non riesce a guadagnarsi una palla per togliere il servizio a un rivale in 424 partite di un torneo dello slam. “Questo dato dice molto. Sinner ha servito bene, è stato molto preciso e ha preso un vantaggio anche a livello mentale enorme, perché non sbagliava mai la battuta. Io semplicemente ho giocato male e ci vorrebbe più tempo per capire cosa non ha funzionato”.

Il fatto che durante il match Nole continuasse a imprecare contro se stesso è un altro segnale di insofferenza al quale non ha abituato il pubblico del tennis. Jannik è stato perfetto e per me è stato inevitabile perdere un po’ la bussola. Non ce l’avevo con nessuno, semplicemente non riuscivo ad accettare quello che stava maturando sul campo. Ma se è successo è perché Sinner è stato eccezionale e ha strameritato di avanzare in finale. Nelle 4 partite che abbiamo giocato negli ultimi due mesi e mezzo è cresciuto tanto: gioca veloce, è aggressivo, batte meglio e schiaffeggia la palla veramente forte. Avere un supercoach come Darren Cahill aiuta, perché lo ha fatto maturare tanto e più in fretta”.

Giusto feeling da ritrovare, ma Melbourne resta nel cuore

Djokovic sa perfettamente che la stagione è soltanto all’inizio e non vale la pena allarmarsi troppo. Ammette però di non sentirsi così a suo agio come in altri momenti passati, e questa sensazione di venir via da Melbourne a mani vuote un po’ gli pesa. “Non l’avevo quasi mai provata prima, o quantomeno era da tanto che non succedeva. Oggi posso dire di non sentire il feeling che vorrei, ma non significa che questo sia l’inizio della fine, come qualcuno spererebbe che fosse. Guardo avanti, cercando di lavorare e perfezionando gli errori per non commetterne altri in futuro. E spero di poter tornare ancora una volta su questo campo e vincere qualcosa, perché per me l’Australian Open è davvero un torneo speciale e adoro tutto di questo posto”.

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