Le notti insonni di Fabio Fognini sono quanto di più sgradito possa esserci nella vita di un tennista professionista. Uno che a 37 anni da compiere il prossimo 24 maggio non si sente ancora un ex della racchetta: le notti insonni sono dovute alla rabbia e alla frustrazione per non essere potuto andare in Australia a mostrare al mondo di che pasta è ancora fatto, complice quel maledetto polpaccio che gli ha fatto perdere prima l’ultimo aereo per tentare di rientrare nel main draw degli Australian Open, poi addirittura anche quello per potersi presentare alle qualificazioni. Insomma, niente trasferta al caldo australiano e testa concentrata sui primi tornei del 2024. Perché di mollare la presa Fabio proprio non ne vuol ancora sapere.
- Buona la prima a Tenerife: obiettivo top 100 a portata di mano
- Un inverno differente: meno campo, più palestra
- Il "premio alla carriera": un altro giro a Roma e Montecarlo
- L'erede designato: "Flavio Cobolli è un "cagnaccio"..."
Buona la prima a Tenerife: obiettivo top 100 a portata di mano
Il caldo è comunque di casa anche a Tenerife, dove in questi giorni Fognini è impegnato nel torneo Challenger, l’appuntamento col quale ha aperto ufficialmente la sua 23esima stagione nel circuito professionistico. E lo ha fatto battendo il francese Matteo Martineau in rimonta, dopo aver ceduto al tiebreak nel primo parziale (6-7 6-3 6-1 il finale). Battendo anche il kazako Denis Yevseyev il tennista di Arma di Taggia farebbe un altro passo avanti enorme sulla via che conduce al rientro nella top 100 mondiale, operazione virtualmente già centrata (ma perdendo il suo ottavo di finale c’è il rischio che qualche collega possa rimontare nei prossimi giorni).
A Tenerife peraltro Fognini è testa di serie numero 1, pur avendo usufruito di una wild card concessa dagli organizzatori. E in un’intervista concessa al Corriere dello Sport ha spiegato di sentirsi piuttosto bene, pronto a recuperare parte del terreno perduto nel corso di un 2023 decisamente tribolato.
Un inverno differente: meno campo, più palestra
Fognini ha subito centrato quello che è l’obiettivo principale della nuova stagione: “Devo cercare di limitare gli infortuni. Se sto bene, so di potermi esprimere ancora ad alto livello. Un buon 70% di tutto questo dipende da me, e la chiave per star bene è trovare continuità, dunque vincere tanto e prendere fiducia. Qui a Tenerife posso dire di essere arrivato in buone condizioni: non giocavo da quasi due mesi, ma superato il primo intoppo nel tiebreak, poi mi sono sciolto. E, cosa più importante, non avverto alcun dolore”.
Una conseguenza anche della preparazione fisica differente rispetto al passato con la quale ha approcciato al nuovo anno. “Sono stato meno tempo in campo, curando più la parte atletica. Non sono stati benissimo, poiché influenza e sinusite un po’ mi hanno dato fastidio in certe giornate, però mi sono allenato con regolarità. Avevo chiuso il 2023 in crescendo, e senza l’infortunio sarei entrato nel main draw degli Australian Open, mostrando ancora di avere tanto da dire e da dare. La cosa più bella è sapere che a distanza di un mese e mezzo sono ancora qua, con la stessa voglia di competere”.
Il “premio alla carriera”: un altro giro a Roma e Montecarlo
Al futuro Fognini dice di aver cominciato a pensare, ma senza troppi assilli. Intanto però ha fatto capire di avere le idee chiare su quello a breve scadenza. “Lo scorso anno ho disputato molti tornei Challenger, perché sapevo che mi sarebbero serviti per ritrovare smalto e continuità. Adesso sto cominciando a chiedere wild card agli organizzatori dei tornei ATP perché mi sento pronto per rialzare nuovamente l’asticella”.
Anche perché tra i sogni di Fabio ce n’è uno che spera davvero di poter coronare a stretto giro di posta: “Vorrei tanto giocare di nuovo davanti a un pubblico composto da tanti amici. Ho due tornei per poterlo fare: Roma, dove è sempre speciale poter sentire l’affetto e il calore del Foro Italico. Ma anche Montecarlo, a due passi da casa, dove peraltro ho legato ricordi bellissimi (il Masters 1000 vinto nel 2019 su tutti). Considero tutto ciò alla stregua di un “premio alla carriera”. E non nascondo che la porta per un rientro in nazionale è sempre aperta”. Quella che rimane ancora adesso una ferita aperta dopo l’esclusione dalla squadra di Davis Cup. Anche se qualche compagno si è ricordato di Fognini nel momento del trionfo, proprio mentre lui vinceva in contemporanea un titolo Challenger a Valencia, a 600 chilometri da Malaga.
L’erede designato: “Flavio Cobolli è un “cagnaccio”…”
L’ultimo pensiero va a un possibile erede. Non tanto in famiglia, dove la comitiva s’è allargata (assieme a Flavia Pennetta hanno tre figli: Federico, Farah e Flaminia), ma quanto soprattutto in campo, dove Flavio Cobolli ha mandato segnali importanti. “Lo conosco benissimo e siamo tutti contenti nella nostra agenzia, perché Flavio ha fatto passi da gigante in queste ultime settimane. Sta entrando prepotentemente nel tennis che conta e ci aspettiamo che possa restarci a lungo. Aveva mandato segnali nel 2023, adesso li sta confermando. Cobolli usa molto il fisico, costruisce il gioco e corre tanto. È un “cagnaccio”, uno che non lo pieghi mai facilmente e che devi andarlo a battere sul suo terreno. E questa è la sua forza”. E chissà che nei mesi a venire non potrà esserci l’occasione per mandare ai posteri un bel derby…