Nel periodo in cui il tennis va in vacanza (si giocano le Next Gen Finals e qualche torneo Challenger, ma quella è la sostanza), ogni scusa è buona per tirare a parlare appassionati e addetti ai lavori. E l’ultima news che arriva dalla Francia è di quelle che un po’ di rumore sono destinate a farlo: Novak Djokovic avrebbe saltato un test antidoping durante la settimana nella quale ha disputato la Davis Cup a Malaga, comportamento che secondo alcuni lo metterebbe a rischio squalifica.
Anche se poi la fonte è abbastanza inusuale: Marc Madiot è un ex ciclista, oggi team manager della Groupama FDJ. Che sembrerebbe avere le idee chiare su quanto è successo e su quello che attende il numero uno del mondo. Piccolo spoiler: alla fine nessuno gli ha da dato credito. E la sua accusa è caduta abbastanza repentinamente.
- Il test della discordia: le lamentele di Nole
- Madiot e il paragone (improprio) con il ciclismo
- La precisazione dell'ITIA: "Nole nelle regole"
Il test della discordia: le lamentele di Nole
Djokovic aveva già avuto modo di lamentarsi durante la sua permanenza in Spagna per via di un controllo antidoping richiesto a due ore dalla partita contro Cameron Norrie (il quarto di finale disputato giovedì 23 novembre). Un controllo che in realtà era stato fatto in due fasi: prima del match il prelievo delle urine, dopo quello del sangue.
Nole aveva criticato fortemente le tempistiche del controllo e il mancato preavviso, ma adesso quella frase (“Devo ancora sottopormi al prelievo del sangue”) per qualcuno è servita come pretesto per attaccare il giocatore, arrivando a sostenere la tesi che tale rifiuto sia da considerare come un vero e proprio test mancato.
Madiot e il paragone (improprio) con il ciclismo
Madiot, ex ciclista, ha spiegato infatti che esistono sostanze vietate che nel giro di poche ore possono esaurire il loro compito e rendersi del tutto invisibili a qualsiasi controllo.
“Alcuni prodotti possono essere rintracciati in un tempo assai limitato. Se non si effettua un controllo prima dell’inizio della competizione, ecco che il tempo della partita può essere più che sufficiente per eliminare le tracce del prodotto. È il motivo per il quale sono stati introdotti i test pre-gara. Se si venisse avvisati, chiaro che tutti farebbero in modo di evitare di farsi cogliere in flagrante. Il protocollo Wada nel ciclismo è piuttosto chiaro: se ti rifiuti di effettuare il test, allora automaticamente vieni considerato positivo. Pertanto, se l’organismo antidoping fa ciò per cui è stato istituito, Djokovic andrebbe squalificato”.
La precisazione dell’ITIA: “Nole nelle regole”
Le parole di Madiot, inizialmente passate sottotraccia, hanno innescato un vero e proprio effetto domino, con il giocatore serbo nuovamente finito sotto i riflettori (e non per questioni meramente tennistiche). L’International Tennis Integrity Agency ha avviato un’indagine per capire cosa sia realmente accaduto, arrivando però a smontare in buona sostanza il caso.
“Djokovic non ha rifiutato alcun test. Le regole stabiliscono che quando un giocatore viene avvisato che sta per essere controllato deve fornire un campione nel minor tempo possibile. In competizioni come la Davis Cup può capitare che ai giocatori venga richiesto un controllo prima del match, mentre solitamente nei casi di tornei dove giocano in singolare la prassi vuole che il tutto venga effettuato dopo l’incontro. La procedura è stata corretta e non ha necessitato di alcuna modifica”.
Una risposta diretta a Madiot e a chi già gridava allo scandalo, con Djokovic che avrebbe fatto tutto secondo quanto previsto dal regolamento dell’agenzia antidoping legata al tennis. E la sua richiesta di posticipare il prelievo del sangue a dopo il match con Norrie era del tutto legittima e prevista dal protocollo. Probabile poi che le parole pronunciate in conferenza stampa (dove si lamentava dell’orario assai ravvicinato tra il controllo e la partita) abbiano finito per accendere riflettori non richiesti su una vicenda destinata a sgonfiarsi come una bolla di sapone.