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PSG, Donnarumma cuore Milan per una notte: Kvaratskhelia pigliatutto da Napoli a Parigi, che smacco per Mbappé

Dietro al trionfo del Paris Saint-Germain risiede un progetto in cui c'è stato il coraggio di cambiare lo spirito di un club che è passato dalla figurine alla valorizzazione dei talenti. E mentre Mbappé è un ricordo, spiccano le rivincite di Kvara e Donnarumma

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Luca Santoro

Luca Santoro

Giornalista

Esperto di Motorsport ma, più in generale, appassionato di tutto ciò che sia Sport, anche senza il Motor. Dà il meglio di sé quando la strada fa largo alle due o alle quattro ruote

L’ultimo a segnare nella finale di Champions vinta dal Paris Saint-Germain all’Allianz di Monaco sull’Inter è stato Senny Mayulu, un classe 2006 (sì, 19 anni) lanciato da Luis Enrique lo scorso ottobre e che al debutto da titolare ha messo a referto un gol in Ligue 1 contro lo Strasburgo. A realizzare una doppietta invece, sempre nel roboante 5-0 rifilato alla squadra di Inzaghi, è stato Désiré Doué, di appena un anno più vecchio di Mayulu e che il PSG strappò al Rennes per 60 milioni di euro totali: soldi ben spesi per questo trequartista/esterno che ha dimostrato di essere un letale incursore in area, potente e di grande qualità.

La trasformazione del PSG, dalle figurine alla valorizzazione dei talenti

In questa premessa abbiamo citato due esempi emblematici di questo nuovo PSG, nato sulle ceneri dell’hybris di quello precedente, che si fondava sulla manica larga di chi investiva bulimicamente sulle figurine, da Messi a Neymar passando per Cavani Di Maria, Mbappé, portando a casa però giusto scudetti e coppe nazionali senza affondare tuttavia il colpo in Champions League.

La squadra del Qatar, il cui fondo sovrano acquistò il club parigino nel 2011, ha fatto ciò che in genere si insegna alle aziende per sopravvivere nel mercato: avere il coraggio di cambiare, anche drasticamente, abbandonando posizioni consolidate, e persino rivoluzionarsi per cogliere le opportunità ed evitare di essere spazzati via dalla concorrenza.

Ad un certo punto il proprietario Nasser Al-Khelaifi, dopo diverse annate buone ma non sfavillanti come i suoi investimenti potevano promettere, ha quindi capito l’antifona. E ha compreso che serviva un altro approccio, che poi alla fine è quel mantra che siamo bravi tutti a ripetere ma pochi ad applicare: nel calcio bisogna avere il coraggio di costruire dei progetti dalle fondamenta che affondando per diversi metri nel terreno, non partendo con la fabbricazione dagli attici extralusso.

L’arrivo di Luis Enrique e l’addio di Mbappé

Ecco quindi arrivare uno come Luis Enrique, pochi lustrini e tanta sostanza (e efficacia, visto che in ogni finale in cui si sono presentate le sue squadre ha sempre vinto) e l’occhio lungo di chi sa puntare sui giovani, anche a costo di sacrificare stelle come Kylian Mbappé, senza che l’ex tecnico del Barcellona piangesse lacrime amare (a differenza di altri colleghi che mettono il muso se i presidente vendono le loro stelle).

Il francese è finito alla corte del Real Madrid, con il quale ha sì vinto la Supercoppa UEFA e l’Intercontinentale, ma non la Champions che ancora manca nella sua bacheca . Il PSG poteva a sua volta essere travolto da questa cessione, e invece la sua partenza è stata persino salvifica per innescare lo spirito di squadra della compagine parigina (oltre a liberare risorse economiche dal pantagruelico stipendio di Mbappé, ça va sans dire).

Insomma, il club ha speso meno ma meglio, razionalizzando gli investimenti (da Willian Pacho al colpo Khvicha Kvaratskhelia, oltre ovviamente al citato Doue; senza dimenticare poi la valorizzazione di Ousmane Dembelé). E le statistiche parlano di una capacità offensiva persino migliorata rispetto alla triplice intesa Messi-Neymar-Mbappé.

Kvaratskhelia, trascinatore dal Napoli al PSG

Al di là di ciò, il trionfo di stasera ha rappresentato anche la rivincita per due giocatori transitati nel nostro campionato. Uno è il citato Kvaratskhelia, che era arrivato a gennaio dello scorso anno al PSG dopo una prima parte della stagione col Napoli non all’altezza del trionfo dello scudetto 2022/2023, e un addio che si era consumato con una certa amarezza e malinconia.

Nel PSG il georgiano ha contribuito a dare la sterzata che poi ha portato alla fine alla vittoria del Triplete 2024/2025, dando il suo apporto in termini di giocate, ma anche di dedizione e sacrificio per la causa e per la squadra tra reti, assist e pressing.

Donnarumma, dalla crisi alla rinascita (e quella svolta ad Anfield)

L’altro nome, e qui parliamo di rivincita totale, è quello di Gianluigi Donnarumma. Lo scorso novembre Luis Enrique gli preferiva come titolare tra i pali Safonov, e l’ex Milan sembrava finito ai margini del progetto del tecnico. Poi la svolta, quando contribuì qualche mese dopo all’acceso ai quarti di Champions del PSG parando due rigori al Liverpool. Fu così che Donnarumma allontanò l’ombra lunga del giovane talento del Lille, Lucas Chevalier, che da tempo incombeva sul suo posto da titolare.

La serata ad Anfield è stato lo spartiacque della stagione del portiere che già si dovette fare le spalle grosse quando la Curva Sud rossonera lo prese di mira con il lancio di banconote falso durante Milan-PSG. Oggi Donnarumma ha sollevato la Champions, e con essa ancora una volta la sua carriera. In attesa del rinnovo del contratto con la società parigina, in scadenza nel 2026: si parla di una suggestione Napoli, ma di questo si parlerà da domani.

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