Adesso che per Alberto Gilardino si prepara il debutto sul campo di allenamento del Genoa, riaffiorano certi ricordi. Certe valutazioni, stroncature, lodi dettate dalle etichette che, di stagione in stagione, nella tensione hanno racchiuso in successione l’oscillazione di giudizio che ha segnato questo campione del Mondo che ha calpestato il campo vero, quello della Serie A, gestendo aspettative elevatissime. E che oggi è sulla panchina, a cercare una via diversa, alternativa.
- Gli inizi di Gilardino al Piacenza
- Il trasferimento a Verona
- Dopo l'incidente stradale, Gilardino passa a Parma
- Gli anni del Milan e della Champions
- Gilardino campione del Mondo 2006
- La saggezza dei 30 anni di Gilardino
Gli inizi di Gilardino al Piacenza
Quando incomincia il suo cammino Gilardino ha appena 17 anni, una certa incoscienza e la solidità di quelle società di provincia che rassicurano e sorreggono com’è stata il Piacenza, all’epoca della sua adolescenza: la fiducia conquistata induce a rischiare, a metterlo dentro contro il Milan e anche se non è subito fenomeno, qualcosa di buono c’è. Il ragazzo si farà, insomma. Fa la sua figura anche dopo, anche dopo aver segnato il suo primo gol il 25 marzo 2000 contro il Venezia, una rete che lo piazza lì, in rampa di lancio.
Più delle nazionali giovanili, più del Piacenza il sogno quasi inconsapevole è giocare alla Juventus perché Gila, natio di Biella, è cresciuto nel culto di quella società e squadra forgiata dalla mentalità dell’Avvocato Agnelli e dal presidente Giampiero Boniperti.
Un sogno, fatto della materia che solo il pensiero magico di un bambino può costruire con la passione e due piedi buonissimi; certo, Gila ha bisogno di un mentore e di un ambiente che lo rassicuri come sono stati il Piacenza e Gigi Simoni che crede in lui. Anche se l’esordio in Serie A, nel partitone contro il Milan, è opera di Braghin che prende il suo posto a gennaio.
Di paradossi, nella sua vita calcistica ve ne sono diversi che sommati danno un conto che non schiera dalla parte dei campionissimi Gila ma neanche dalle promesse mancate, degli incompiuti. Perché sarebbe improbo oltre che inveritiero. Il Piacenza retrocede, a fine stagione, ecco il primo paradosso, ma Gilardino classe 1982 è la rivelazione nonché uomo mercato (di già) di quell’estate di calciomercato.
Il trasferimento a Verona
Finisce al Verona. Soffre, non ha molto spazio e si dedica allo studio, agli amici e alla fine si diploma. Il destino per lui ha in serbo un avvenimento che, per un giocatore, rimette tutto in discussione: in un incidente stradale a 19 anni appena si ritrova con lo sterno rotto e una vertebra ko. Ricomincia da capo.
Dopo l’incidente stradale, Gilardino passa a Parma
E deve ripartire da Parma, dove arriva per 2 milioni di euro, qualche livido di troppo e quel peso delle aspettative e dei paradossi che attraversano la sua carriera. Quei ribaltoni strani che il calcio infila, uno dietro l’altro, che gli consente di incontrare un tecnico che intravede in lui altro e lo valorizza, lo lancia, gli restituisce quella fiducia, quel calore del quale ha bisogno: Cesare Prandelli.
Non ha ancora modo di occupare il posto da titolare tra Adriano e Mutu, due caposaldi del reparto offensivo che lo mettono agli angoli e lo costringono ad attendere il suo turno che anche a causa della tempesta scaturita dalla scandalo Parmalat giunge quando ha un posto lì, davanti. Segna 17 gol nelle ultime 16 partite, addirittura 4 nell’ultima giornata di campionato. Un’altra stagione al Parma e fa 23 gol che, per davvero, lo trasformano nell’uomo mercato.
Alberto Gilardino
Gli anni del Milan e della Champions
Non è la Juventus, la sua squadra del cuore, a comprarlo ma il Milan per 25 milioni di euro nella convinzione che sia nel pieno della maturità calcistica e possa contribuire alla causa di un club che continua a presentarsi come il più titolato al mondo. La sua prima volta in una grande rimane l’occasione a metà, la perfetta esemplificazione di quel che potrebbe essere e non è stato nonostante i suoi gol li abbia segnati tra pilastri del calcio moderno come Vieri o Shevchenko. Nonostante poi la Champions e la buona prova data in Europa.
Al resto ci pensa Calciopoli, che anche per il Milan non è esattamente una passeggiata.
Tra i tanti attaccanti che può vantare la Serie A, però in quell’estate Mondiale il ct Marcello Lippi fa una scelta che qualche perplessità la suscita: ha deciso di portarsi dietro anche Gilardino che non ha certo fatto la sua migliore stagione di sempre. Ma Lippi vede oltre.
Campioni del Mondo 2006
Gilardino campione del Mondo 2006
Anche Gila è campione del Mondo, per chi non lo rammentasse. Pure se con il Milan l’idillio non è mai sbocciato: il senso del gol che pure lo aveva proiettato altrove, con un violino immaginario suonato sotto la curva per festeggiare non è così entusiasmante come qualche stagione prima. A Milano rimane, ma il suo è un sogno che si spegne lentamente, che si affievolisce per ragioni che sfuggono alla conoscenza e alla comprensione immediata dei fatti.
L’epilogo arriva con una stagione di troppo, forse quando anche l’opinione pubblica si è convinta che ci sia una sorta di ombra che condiziona la resa e l’opportunità che Gila si è concesso rimanendo al Milan.
Torna con Prandelli alla Fiorentina, è la rinascita della Fenice: si rivedono i gol, il violino, la gioia di giocare e di gareggiare come aveva fatto all’inizio, in un rewind che sebbene temporaneo lo esalta. Prosegue sotto una buona stella fino alla rottura di quel gruppo perfetto e imperfetto che ha compattato l’uomo Cesare, padrone di una filosofia che per Gila è condivisione, comunanza, semplicemente serenità. Poi c’è il cambio, e anche con Mihajlovic i rapporti non sono di quelli giusti.
Gilardino allenatore
La saggezza dei 30 anni di Gilardino
A 30 anni, però, andare al Genoa non è poi così terribile per un giocatore che come lui ha vinto la Champions League in un grande club come il Milan, è campione del Mondo e non teme di affidarsi a una di quelle società piccole ma solide della media classifica: d’altronde non è lì che ha trovato terreno fertile? Anche a Bologna, poi, dice la sua e lo fa con intelligenza e un certo disincanto, tanto che torna in Nazionale, convocato alla Confederations Cup in Brasile.
Non ci sono per lui nuove opportunità, vere. Alla fine rimane al Genoa, che torna con una certa prepotenza a offrirgli l’occasione di chiudere con il suo stile. Non è così, perché si regala una parentesi cinese al Guangzhou E., poi la Fiorentina, Palermo, Empoli, Pescara e Spezia. Non è un addio facile, facile. Fa un po’ fatica, Gila a mettere via gli scarpini: il 20 settembre 2018 annuncia il ritiro dal calcio giocato.
E riparte dalla panca, quella del suo Genoa.