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Quando Andrea Purgatori ha indagato sulla morte di Pantani e salutato per sempre Maradona

Lo sport entra di diritto nei luoghi battuti dal giornalista: romano e romanista, lo ricordiamo per gli speciali sul Pirata e sul Pibe de Oro

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Inconfondibile il timbro di Andrea Purgatori. Mi ha sempre ricordato Gianmaria Testa: non so in quanti lo conoscano. Quando parlava, lo faceva a voce bassa, quasi per non dare disturbo. Spesso conosciamo solo – o soprattutto – i prodotti del mainstraem: ecco, quel baffuto cantautore cuneese morto troppo presto, lì dentro non c’è mai finito.

Faceva il ferroviere, ha smesso nel 2007; musicista d’autore dal 1990, smise nel 2016, il giorno in cui si spense. Quando in Francia già lo celebravano come la figura musicalmente più vicina a Paolo Conte, in Italia se lo filavano in pochissimi.

Aveva quella voce lì, quasi per non disturbare

Andrea Purgatori aveva quella voce: tono basso, profondo. Un giornalista coi suoni dell’anima. Uno sceneggiatore con la mente brillante: sono le parole con cui lo ha ricordato la famiglia. Un uomo di televisione che legheremo per sempre ad Atlantide: continente sconosciuto, città perduta, isola leggendaria, situata nell’Oceano Atlantico davanti allo stretto di Gibilterra.

Il luogo perfetto, ci ha detto Platone.

Atlantide: dove vive lui, con un cappello pieno di ricordi, la faccia di uno che ha capito e anche un principio di tristezza in fondo all’anima. È l’uomo immortalato da Francesco De Gregori: incapace di coraggio, ha rinunciato al suo sogno per calarsi nella realtà.

Storie di uomini e di mondi

Storie di uomini e di mondi: non necessariamente dimenticati ma certamente necessari. Non già ampiamente divulgati ma, sicuro, fondamentali. L’Atlantide, Purgatori, l’ha trovato nel 2017 che era già lì, in palinsesto dal 2002. Lo ha destrutturato, non è mai stato un topos: i luoghi comuni stavano, stanno altrove.

Eppure in quella nicchia, in quel nido, in quella rientranza di roccia dove, per finirci dentro, bisognava curvare un po’ e fare fatica, Purgatori ha provato a rendere accessibile l’inaccessibile, a fornire gli strumenti che consentissero di incunearsi nei meandri della conoscenza e del sapere. L’intera attività professionale di Purgatori è stato questo: apripista per la cordata, bastone per la verità. Ha dettato l’etimo dei fatti, i significati degli antefatti, le conseguenze delle malefatte.

Le grandi inchieste. E anche lo sport

Il terrorismo internazionale, gli anni di piombo, lo stragismo, Ustica, Aldo Moro, i delitti di Mafia, le guerre degli anni 80, l’Intifada, il caso Orlandi, Vallanzasca. Poi: l’impegno nel teatro civile, la presidenza di Greenpeace. E lo sport. Lo sport entra di diritto nei luoghi battuti da Purgatori, romano e romanista.

La Roma, De Rossi e Totti

L’ultimo tweet dedicato ai giallorossi è dello scorso 31 maggio. La Dybala Mask, nelle ore antecedenti la finale di Europa League contro il Siviglia.

Si era speso per la permanenza in società di Daniele De Rossi:

Daniele andava tenuto per ciò che rappresenta, è una persona di grande affabilità, andava tutelato.

Si era espresso quando Francesco Totti dirigente cominciava ad avere un piede fuori Trigoria:

Mi auguro che resti alla Roma, altrimenti sarebbe la certificazione di un fallimento. Il club perderebbe la sua anima”.

Lo ha ricordato così, la Roma: i commenti – il commiato – si stanno moltiplicando di ora in ora.

Un fuoriclasse del giornalismo e un grande romanista. Ciao Andrea

Qualcosa su Marco Pantani

Ha indagato. Interrogato con garbo e risolutezza, scandagliato anche tra le pieghe dello sport, Purgatori: il reportage sullo scandalo – “Totonero” – delle scommesse nel calcio italiano del 1980; il naso negli intrecci tra sport e politica; il racconto della leggenda del Grande Torino”.

Si è infilato senza timore nei cunicoli che parecchi altri hanno scansato: Marco Pantani, per esempio. La trappola, l’inganno, la resa, la verità. Tra l’esaltazione delle gesta e il mistero della morte, Purgatori aveva dato grande spazio alla celebrazione del campione – tra discese, risalite, apici e fondo – e scelto, poi, di focalizzare l’attenzione là, dove potesse emergere una verità mai emersa.

Cosa è successo veramente?

Le prove. In bici, tra i luoghi di Marco. Tra la gente di Marco. Poi: il video girato dalla scientifica nella stanza in cui è morto. Le testimonianze oculari del post mortem. Le discrepanze: per esempio su un bolo di cocaina presente/assente vicino al corpo di Marco.

Cosa è successo veramente a Madonna di Campiglio, quando lo esclusero dal Giro d’Italia per ematocrito oltre i limiti consentiti? Come è morto il Pirata? La scena del crimine può essere stata manipolata? Può essere stato ammazzato? Overdose oppure omicidio? Era in fuga da se stesso o minacciato dagli spacciatori? O dalla camorra? O da chi?

Così attaccava Marco Pantani, con queste pedalate che facevano male, delle legnate per i suoi avversari

lo introduce mentre scivolano le immagini di un Pirata in sella, indemoniato.

Un Pirata di 56 kg che ascoltava Charlie Parker

Le parole di mamma Tonina che ostinatamente continua a chiedere la verità sui misteri celati nel residence di Rimini. Cos’è accaduto l’ultimo giorno di vita di Pantani?

Nel momento in cui lo trovano succedono un sacco di cose strane”

ribadisce Purgatori.

Era un predatore di 56 chili eccentrico e fragile che ascoltava la musica di Charlie Parker

Anche Parker morto a 34 anni: eroina.

Le tracce del pirata le potete trovare ovunque. Come si può uccidere una leggenda all’apice della sua carriera? Ogni tanto c’era questo buco nero nel quale sprofondava

Come fai a non provare tenerezza?

Quando finisce la vita di Marco Pantani comincia il giallo della sua morte.

Era dai tempi di Coppi che non si vedeva un ciclista rimanere indietro rispetto al gruppo e andare a vincere dando agli altri 4’. Non si può non provare tenerezza di fronte alle immagini di Marco. Gli era più facile reagire alla rottura di una gamba che quando veniva toccato nell’intimo. Nell’ultimo periodo era ingrassato di 15 chili e, tra cocaina e psicofarmaci, si era rifugiato dove era più facile sparire

C’è stato un momento, anni e anni fa, in cui si è parlato con insistenza di un film (in produzione mista o per la tv) su Pantani: avrebbe dovuto interpretarlo Claudio Bisio per la produzione di Maurizio Totti e la sceneggiatura di Purgatori, basata sul libro di Manuela Ronchi e Gianfranco Josti, “Un uomo in fuga”. Poi non se n’è saputo più niente.

Il giorno che morì Maradona

Diego Armando Maradona, per esempio. Purgatori ha dedicato al Pibe de Oro uno speciale a poche ore dalla morte di D10S. Venti minuti di intro a precedere la messa in onda del film documentario biografico – 2008 – di Emir Kusturica.

Era il 25 novembre 2020.

Sguardo spavaldo, fiero: 60 anni compiuti, è spirato qualche ora fa per un arresto cardiorespiratorio provocato da operazione alla testa subita qualche giorno fa. Raccontare questo grande calciatore stellare è un’impresa ma per farlo occorre narrare due epopee: quella dell’atleta e quella dell’uomo. La prima piena di magie e stravaganze. La seconda è una storia tormentata e fragile: droga, donne, presunti legami con la camorra. E la passione per la politica: appassionato ammiratore di Ernesto Che Guevara, incontrò e intrattenne rapporti personali con personaggi che hanno fatto la storia del ‘900 come Fidel Castro e Chavez

1986: l’uomo e l’atleta si sovrappongono

Purgatori individua nel 1986 la data focale in cui le due figure – l’uomo e l’atleta – trovano una sinergia e una specularità tali da diventare emblema della storia di Diego:

Argentina-Inghilterra a Città del Messico, Mondiali: appena dopo lo scontro per le isole Maldinas, Falkland, che aveva provocato tra i due Paesi una frizione durissima. In campo non c’erano solo atleti che si affrontavano ma veri rappresentanti delle due Nazioni in forte conflitto tra loro

Maradona, in quell’occasione, fece due imprese: pochi minuti dopo l’inizio del secondo tempo, davanti al portiere fa un gol con la mano. Dirà che è stata la mano de Dios. Una volontà divina riconducibile alle vicende extracalcistiche. Pochi minuti dopo arrivò il gol del secolo: partito da dieci metri nella metà campo argentina, ne fa 60 in 10 secondi, scarta 5 avversari e infila la palla in rete.

Sono cose da leggenda”

chiosa Purgatori.

80 mila persone, 1000 lire simboliche

Il giorno in cui fu presentato allo stadio San Paolo, 80 mila spettatori avevano pagato simbolicamente 1000 lire ciascuno. Avevano investito su di lui, riversandogli una fiducia totale. Maradona li ripagò. Due volte in vetta nonostante le chiacchiere, il gossip e la droga che a un certo punto lo mise in ginocchio. Squalificato due volte. Ma la dipendenza gli creò un grande problema umano: cominciò a soffrire di depressione che lo accompagnò fino alla fine.

Una mente illuminata

Impossibile circoscrivere Andrea Purgatori in un post. Va letto e riletto. Ascoltato e riascoltato. “Era una mente illuminata”, hanno detto i familiari. Quel tipo di cervelli che lascia un segno, traccia un solco, indica una via: a disposizione dell’umanità. Al servizio di chi c’è e di chi verrà.

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