Ventiquattro anni fa aveva deciso di dire basta per sempre, era il febbraio del 2001 quando Arrigo Sacchi, dopo neanche 22 giorni da allenatore del Parma dove era subentrato a stagione in corso, si dimise per “troppo stress” e rinunciò a quel mestiere che aveva “reinventato”. O almeno così sembrava perchè l’ex ct, in un’intervista all’Adkn in cui teoricamente avrebbe dovuto parlare dello stato di salute del calcio italiano, si è fatto scappare una confessione, rivelando il desiderio di voler tornare alla bella età di 78 anni. Una notizia clamorosa e che ha fatto subito il giro della rete con il diretto interessato che è dovuto intervenire per smentire.
- Le parole di Sacchi
- La smentita di Arrigo
- L'ultima volta a Parma
- La paura dell'ex ct
- Anche a Madrid Sacchi vittima dello stress
Le parole di Sacchi
Dice Sacchi: “Sto pensando di tornare ad allenare, in Italia o all’estero. Di proposte ne ho tante. Ma se farlo in Italia non lo so. Perché io voglio troppo bene a questo paese, solo che ho un difetto: dico quello che penso e quindi a volte devo dire quello che penso di noi. E questo mi dispiace dirlo. E quindi cerco di evitare prima. Mi chiedono di andare per esempio in Brasile, in Argentina, in Spagna. E tanti altri”.
La smentita di Arrigo
A distanza di qualche ora arriva la smentita però del diretto interessato che alla Gazzetta dello Sport chiarisce: “Al calcio ho dato tutta la mia vita ma come posso tornare in panchina a 78 anni? Non sono matto. E’ tutto frutto di un equivoco, ho semplicemente mandato un messaggio a Galliani offrendogli il mio aiuto per il Monza ma di certo non come allenatore. Sono malato di calcio ma lo dico chiaramente: non ho proprio intenzione di sedermi di nuovo in panchina”.
L’ultima volta a Parma
L’ultimo precedente in verità spaventò un po’ tutti. Arrivò al capezzale di un Parma in declino ma ancora ricco di campioni come Buffon, Thuram, Cannavaro, Marcio Amoroso. Iniziò il suo lavoro maniacale ma in panchina, durante le partite, appariva ancor più indemoniato che mai.
Nella sua testa scorrevano diagonali sbagliati, sovrapposizioni in ritardo, poco collettivo, poca armonia: tutti i caposaldi della sua filosofia calcistica, quella con cui aveva portato il Milan sul tetto del mondo senza però più ripetersi da nessuna altra parte.
La paura dell’ex ct
Vedeva i fantasmi Sacchi durante le partite del suo Parma che con lui vinse a Verona e pareggiò con Inter e Lecce. Proprio a Verona però capì che stava chiedendo troppo alla sua psiche. Basta, stop, si scende. Parlò chiaramente di stress che lo stava divorando, non si presentò in coppa Italia a Udine, dove fu sostituito da Carmignani, e comunicò ai Tanzi l’irremovibile decisione, logorato da una crisi ipertensiva che gli impediva di reggere le pressioni della Serie A ed in generale del campo.
Anche a Madrid Sacchi vittima dello stress
Problemi di questo tipo Sacchi ne aveva già avuti nei 6 mesi all’Atletico Madrid, stagione 1998-99, dopo oltre un anno di inattività in seguito al suo triste ritorno al Milan quando lasciò la Nazionale eliminata a Euro 96 per ricostruire il Milan dei sogni e fallendo miseramente. L’era d’oro era tramontata, Sacchi era già un ex tecnico tormentato dalle sue idee e dai suoi dogmi. Anche a Madrid andò via per stress.
Nel calcio rimase ancora ma con incarichi dirigenziali nello stesso Parma, nel Real Madrid e nella FIGC precisò subito che in nessun caso sarebbe tornato in panchina, salvo quella parentesi di tre partite che lo stava per mandare in ospedale. Da quel momento è tornato ad essere solo un guru televisivo, un opinionista sui giornali, sempre pronto a bacchettare chi non abbraccia le sue idee di calcio collettivo, di tutti che aiutano tutti.
Con nella testa le giocate irripetibili di quel Milan dei sogni che giocava a fisarmonica e incantava con il suo mix di schemi innovativi e coraggiosi e di campioni inarrivabili. Parlava e sognava, Sacchi. Ora l’inattesa confessione. La voglia matta di sfidare ancora il mondo, come fece dalle giovanili del Parma arrivando a conquistare successivamente Berlusconi per l’inizio della sua fiaba. Che però è finita da tempo. Certo sarebbe suggestivo vederlo affrontare tecnici che ha criticato fortemente come Allegri, Inzaghi o altri. Ma forse un bel ricordo a colori è meglio di un’ultima triste replica in bianco e nero.
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