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Basket, Bargnani a 360°: dalla NBA alla nazionale fino al ritiro, poi un avvertimento sul movimento italiano

Il Mago torna in pubblico partecipando al podcast “The Basement” con Gianluca Gazzoli in cui ha ripercorso il passato in NBA con le tappe a Toronto, New York e Brooklyn ma ha anche parlato di Pozzecco e nazionale

Pubblicato:

Gerry Capasso

Gerry Capasso

Giornalista

Per lui gli sport americani non hanno segreti: basket, football, baseball e la capacità innata di trovare la notizia dove altri non vedono granché

Fa un effetto strano. Il Mago le telecamere non le ha mai amate particolarmente e quando la sua carriera si è conclusa lo ha fatto in silenzio, senza annunci, senza partite d’addio o le tanto celebrate “last dance”. Ora Andrea Bargnani torna a parlare e a raccontarsi e per l’occasione ha scelto il podcast “The Basement” di Gianluca Gazzoli.

Tanti gli argomenti affrontati dal primo giocatore europeo ad essere scelto con la numero 1 al Draft, una chiacchierata senza filtri in cui Andrea ha parlato delle sue esperienze, dei momenti complicati e degli infortuni, una delle cause che gli hanno fatto appendere le scarpe al chiodo quando aveva solo 31 anni. Poi il silenzio, lontano dalle luci dei riflettori e ora la scelta di tornare a svelarsi un po’.

Infortuni e scelte personali: il ritiro

Un ritiro come detto avvenuto solo a 31 anni, Andrea Bargnani ha deciso di smettere presto con il mondo della pallacanestro e ora racconta qualche retroscena di quel periodo.

Il ritiro? Gli infortuni sono stati sicuramente un fattore, negli ultimi cinque anni ho passato più tempo fuori che in campo. Quando avevo 13 anni mi hanno detto che non avrei mai potuto giocare a livello agonistico, quindi di che parliamo? Gli infortuni purtroppo fanno parte del gioco. Forse la mia scelta sbagliata è stata Brooklyn. Sapevo che lì sarei partito dalla panchina. Sarei dovuto andare a Sacramento.

La scelta di staccarmi dal mondo del basket? Non mi è mai passato l’amore per il basket, sono innamorato della pallacanestro. Negli ultimi anni però ho vissuto tante situazioni che non mi piacevano. Quindi un insieme di cose mi ha fatto decidere di smettere di non giocare.

Bargnani: il folgorante approdo in NBA

La pallacanestro per i giocatori europei è stata una meta desiderata ma spesso considerata irraggiungibile. Ora il titolo di MVP va a giocatori come Jokic o Antetokounmpo, un po’ di anni fa solo essere presi in considerazione era considerato come aver vinto la lotteria. Bargnani però riesce a fare anche di più quando nel 2006 i Toronto Raptors lo scelgono con la prima chiamata assoluta al Draft, la prima volta per un giocatore del Vecchio Continente.

Primo europeo NBA? Non l’ho sentito così tanto. Fino a 2 anni prima non sapevo neanche cosa fosse il draft. Quando è accaduto è stato pazzesco ma non era una cosa che sognavo. La cosa che mi ha colpito di più è avere il logo della NBA sulla maglia. E’ stata una cosa a cui non mi sono mai abituato.

Il momento più difficile a Toronto sono stati i primi due mesi, in cui giocavo poco all’inizio. Questa è sempre stata una cosa che ho vissuto male in carriera. Nel basket attuale sarei un giocatore normale, un lungo come ce ne sono tantissimi nella Lega. Ai miei tempi invero ero considerato come un giocatore atipico.

Italia: era di talenti ma senza vittorie

Bargnani nel 2006, Belinelli nel 2007 e poi Gallinari nel 2008: nel giro di tre anni tre italiani, giovani approdano in NBA dalla porta principale, tutti e tre scelti al primo giro. Per l’Italia potrebbe essere il momento della svolta ed invece con la nazionale di successi non ne arrivano.

Il trio Bargnani, Belinelli e Gallinari? Abbiamo fatto molto meno di quello che potevamo e dovevamo fare con la nazionale. Secondo me in quel momento eravamo poco maturi, se ci rimettessero insieme adesso cambierebbero tante cose, eravamo molto concentrati sul nostro orticello, pensavamo a chi doveva fare 20 punti e tenere più la palla. Adesso sarebbe stato molto diverso. Ma eravamo giovani.

La nazionale di Pozzecco

Una vacanza insieme a Formentera come Bargnani rivela nel corso del podcast, ma anche un carattere estremamente diverso. Il Mago e Pozzecco sono sempre stati agli antipodi.

Pozzecco? Per me è una scelta che ci sta benissimo con la nazionale. Forse come curriculum è inferiore ad altri allenatori che hanno 30 anni di esperienza. Ma per me quando parliamo di lui è come parlare di Steve Nash all’interno del basket italiano, e poi ha lavorato con Messina. Non mi piacciono alcune sfuriate che fa ma noi siamo molto diversi nell’esternare le nostre emozioni.

Movimento Italia: l’avvertimento del Mago

Una riflessione sul momento attuale del basket italiano arriva anche da Bargnani che sottolinea come sia in Europa e ancora di più nel nostro paese, è mancata la capacità di stare al passo con i tempi da tanti punti di vista.

Il movimento Europa/Italia in questo momento non si sta al passo con i tempi, non voglio dire che rischia di morire ma la situazione non è positiva. Hai un modello che funziona come quello della NBA e dovresti cercare un po’ di emularlo, anche dal punto di vista dei contenuti e dei media. Anche dal punto di vista delle infrastrutture, non si fa niente per investire nel mondo dello sport. Si gioca negli stessi palazzetti in cui giocavo io e secondo me tra un po’ i nodi verranno al pettine.

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