Non è stato come assistere a un albero caduto nel cuore di una foresta, quanto piuttosto alla foresta stessa dissolta nel giro di pochi giorni. Un flop clamoroso, quello dei Los Angeles Lakers, che ha interrogato una volta di più il mondo NBA sull’incapacità di certe franchigie di non saper leggere le situazioni prima del tempo, preferendo mettere insieme tante star ma “dimenticandosi” di farle poi coesistere all’interno di un gruppo squadra. Un problema che la trade che ha portato Luka Doncic alla corte losangelina aveva già fatto emergere in prima battuta, seppur “oscurato” dal clamore mediatico del colpo. Che pure, al primo vero banco di prova, ha finito per presentare il conto.
- La trade che ha portato all'addio di Davis oggi "pesa"
- Redick non all'altezza, ma sul mercato quante lacune...
- LeBron, il futuro adesso diventa nebuloso
- Clippers trascinano Denver a gara 7. Fontecchio out
La trade che ha portato all’addio di Davis oggi “pesa”
L’eliminazione dei Lakers per mano dei Minnesota Timberwolves è qualcosa che in pochi avrebbero potuto prevedere. O meglio, se uscire tutto sommato non era poi così improbabile (Anthony Edwards è già stabilmente un top 5 della lega), farlo dopo sole 5 partite ha rappresentato comunque una sorpresa. Non è bastato inserire a roster Luka Doncic per consentire a LeBron James di spingersi più in là di quel primo turno raggiunto lo scorso anno, quando però furono i Denver Nuggets di Nikola Jokic a sbarrare la strada ai Lakers.
Che quest’anno nutrivano ambizioni maggiori, pensando anche ai segnali arrivati negli ultimi due mesi di regular season, i primi disputati con Doncic a roster. Chi però profetizzava che ai play-off le difficoltà sarebbero aumentate non è rimasto deluso: contro l’organizzazione di Wolves le lacune difensive di Los Angeles sono venute a galla, specialmente l’assenza di un centro degno di tal nome in grado di proteggere il ferro. Quel centro che i Lakers avevano, ma che hanno sacrificato per arrivare a Doncic, ovvero Anthony Davis.
Redick non all’altezza, ma sul mercato quante lacune…
La costruzione del roster dopo la discussa trade di febbraio si è rivelata evidentemente inadatta per il compito che LeBron e compagni si erano prefissati. JJ Redick, il coach chiamato (forse da James stesso?) a dare vita alle ambizioni dei losangelini, alla fine ha pagato a caro prezzo l’inesperienza ad allenare a certi livelli: è stato accusato di aver spremuto troppo sia Lebron che Doncic, oltre a non aver trovare una chiave per difendere meglio il ferro.
La verità però è probabilmente un’altra: al netto delle innegabili colpe di coach e giocatori, questa versione dei Lakers lamenta una carenza di opzioni reali nello spot di 5, cioè di un centro all’altezza del ruolo (Hayes e Len a Davis non sono degni di allacciare neppure i legacci dei sandali…), come ben evidenziato dai 24 rimbalzi catturati da Rudy Gobert nella decisiva gara 5. Problema dovuto anche all’impossibilità di operare sul mercato: LeBron è a libro paga per tantissimi soldi (un terzo del monte salari finisce nelle sue tasche) e anche per il futuro i margini di manovra appaiono minimi.
LeBron, il futuro adesso diventa nebuloso
Proprio il futuro di James è tra i motivi che spingono oggi a pensare che il tempo della rivoluzione è ormai alle porte. LeBron, 40 anni compiuti lo scorso 30 dicembre, il suo l’ha fatto anche quest’anno, ma i suoi 52 milioni a libro paga rappresentano una zavorra sulle spalle della franchigia. E qualora dovesse esercitare la player option e vestire la maglia dei Lakers per l’ottava stagione consecutiva, di fatto renderebbe praticamente impossibile poter arrivare a un centro in grado di elevare anche il tasso tecnico della squadra.
Anche in caso di un contratto di un anno con opzione per una seconda stagione (quando andrà per le 42 primavere…) il risparmio sarebbe minimo, nell’ordine di una decina di milioni. Insomma, se i Lakers vogliono completare il roster e puntellarlo con un centro degno di tal nome, allora dovrà per forza di cose uscire prima James.
Fantabasket? Forse. Ma c’è chi è pronto a scommettere che LeBron abbia voglia di regalarsi un ultimo giro di giostra per l’anello, magari ai Warriors (eterni rivali, ma c’è grande rispetto con tutti), o perché no, magari a Cleveland, per chiudere con un’altra run tra la sua gente.
Clippers trascinano Denver a gara 7. Fontecchio out
Intanto a Los Angeles c’è ancora una squadra in ballo in questi play-off: sono i Clippers, che hanno portato Denver a gara 7 grazie a una prova ancora una volta altisonante di Kawhi Leonard. La sfida (forse) più bella ed equilibrata di primo turno si deciderà alla bella, mentre New York ha chiuso i conti contro Detroit (dove Fontecchio non ha disputato un minuto in tutta la serie, durata 6 partite) e ora sfiderà Boston, mentre Cleveland-Indiana è l’altra semifinale a Est.
Stanotte a Ovest c’è gara 6 tra Warriors-Rockets, col primo match point per Curry e Butler (chi vince sfiderà Minnesota, mentre OKC aspetta la vincente di Nuggets-Clippers).