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Decreto Crescita: non solo il calcio, anche il mondo del basket rischia di andare in crisi

La decisione del Governo di annullare i benefici del Decreto Crescita rischiano di spegnere sul nascere i sogni di mercato dei club italiani

Pubblicato:

Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Il calcio ha già alzato la voce, lanciando il suo grido d’allarme. Il basket però è destinato a farsi sentire a stretto giro di posta, perché gli effetti dell’abolizione dei vantaggi legati al Decreto Crescita rischiano di riverberarsi anche sotto canestro. Poiché il tema riguarda tutti quei giocatori e allenatori professionisti che spostano la propria residenza in Italia per almeno due anni dopo aver vissuto all’estero, ecco che molti club di LBA rischiano seriamente di ritrovarsi col cerino in mano, costretti a fare i conti con costi in aumento e senza più la possibilità di attrarre tanti talenti da fuori nazione. Ed è una questione che sta a cuore tanto alle big, quanto alle squadre di fascia medio-bassa, che da oggi rischiano di ritrovarsi a fare i conti con spese che non avevano messo in preventivo.

Quanto colpi negli ultimi 4 anni: da Teodosic a Mirotic

Fino ad oggi, per ingaggi pari a 500mila euro erano previste agevolazioni importanti (nel calcio la base minima era di un milione di euro). Questo ha permesso negli anni di riportare in Italia elementi di caratura sia in panchina (vedi Ettore Messina, dal 2019 rientrato all’Olimpia Milano con il ruolo di President of Basketball Operations, o di Sergio Scariolo, fino allo scorso settembre head coach della Virtus Bologna), ma anche giocatori del calibro di Sergio Rodriguez, Milos Teodosic, Marco Belinelli, Luigi Datome, Nicolò Melli, Shavon Shields e molti altri ancora (non ultimi Hackett e Shengelia, arrivati a Bologna dopo lo scoppio del conflitto bellico in Ucraina, avendo salutato il CSKA Mosca che come tutti i club russi è stato escluso dall’Eurolega).

L’ultimo grande colpo, estate 2023, è stato quello di Nikola Mirotic, che al netto dei problemi che sta affrontando con Milano (attualmente è infortunato e dovrebbe rientrare non prima di metà febbraio) rimane uno dei giocatori di riferimento del basket europeo.

Le conseguenze: perdita a livello di contrattazione con i big

Grazie agli effetti del Decreto Crescita, su un compenso di 500mila euro di ingaggio a stagione le società arrivavano a risparmiare almeno 200mila euro grazie alla riduzione della quota imponibile IRPEF, di solito calcolata intorno al 50% (variava in base alle varie aliquote regionali, ma pressappoco quella era la cifra di riferimento). Il tutto però finalizzato a “obbligare” coloro che ne beneficiavano di spostare la residenza in Italia per almeno due anni (da qui la necessità di ingaggiare giocatori sempre per un periodo di almeno 24 mesi, in molti casi anche superiore).

Squadre come Olimpia e Virtus rischiano ora di vedere sensibilmente aumentare le proprie spese contributive, ma soprattutto si ritroveranno a fare i conti con una perdita di potere a livello di contrattazione con i futuri obiettivi di mercato, ai quali si ritroverebbero costrette a offrire cifre inferiori (o cercare artifici a livello di diritti d’immagine e altri bonus).

Contromisure: più attenzioni ai vivai, ma non è semplice

Il problema in realtà finirebbe per ripercuotersi anche sulle squadre con budget inferiori a disposizione (un ingaggio di 200mila euro netti ad oggi comportava un risparmio a livello IRPEF di almeno 80mila euro). Cifre che in un settore dove di soldi ne girano certamente meno rispetto ad altre discipline (si pensi al calcio) risultano assai preziose, e che in qualche modo potrebbero finire per mettere in difficoltà numerose squadre.

Da un lato questo potrebbe aumentare il ricorso a puntare su giocatori italiani, quindi cresciuti nei vivai e a costi decisamente inferiori. Ma potrebbe comunque rappresentare una difficoltà maggiore nell’ottica di una concorrenza extra nazionale che potrebbe indurre molti giovani talenti italiani ad andare all’estero (si pensi a Procida e Spagnolo, già chiamati al Draft NBA ma da anni impegnati fuori dall’Italia), di fatto obbligando i club a spendere tanto per provare a colmare il gap col resto del continente.

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