L’andata e ritorno di Fabio Paratici ha dell’inedito, nella storia recente. Il suo incarico, ormai inevitabile, da direttore sportivo del Milan segna una svolta societaria e personale, dopo aver conosciuto l’ascesa e la caduta alla Juventus, società dalla quale è uscito nel maggio del 2021 legando la sua storia da dirigente all’acquisto di Cristiano Ronaldo ma anche alla vicenda di Luis Suarez e plusvalenze, con i suoi risvolti grotteschi e la squalifica.
Paratici, classe 1972, sarebbe il prescelto da Gerry Cardinale per chiudere un ciclo deludente sul versante dei risultati sportivi, nonostante i presupposti e i proclami di inizio stagione suggerissero ben altro andamento.
- Chi è Fabio Paratici, gli inizi
- La carriera da dirigente, la Samp trampolino di lancio
- La svolta alla Juventus e il declino
- La squalifica e il Tottenham
Chi è Fabio Paratici, gli inizi
Originario di Borgonovo Val Tidone, ex calciatore arrivato alla soglia del successo senza mai agguantarlo, ha militato da promettente centrocampista del Piacenza e poi anche Pavia, Palermo, Sassuolo, Lecco, Savoia per chiudere al Brindisi nei primissimi anni Duemila la sua carriera da giocatore, a 32 anni senza mai riuscire ad approdare in serie B.
Assai distante, per risultati e per il crescendo accumulato, il suo percorso da dirigente cresciuto sotto l’ala di Beppe Marotta, attuale presidente dell’Inter, alla Sampdoria assumendo il ruolo di capo degli osservatori, per diventare successivamente direttore sportivo della società ligure, agli ordini del direttore generale.
La carriera da dirigente, la Samp trampolino di lancio
Si crea proprio in questo club e nella città della Lanterna un connubio che sigilla successi e risultati importanti: la qualificazione ai preliminari di Champions con la prima squadra e la vittoria di uno Scudetto di categoria con la formazione Primavera. Insomma un inizio promettente, probabilmente già migliore rispetto alla sua carriera da calciatore.
Quando viene proposta l’occasione di imprimere un cambiamento alla propria professione con il trasferimento alla alla Juventus, sempre con la qualifica di ds, Paratici non si ferma e segue Marotta che prende le redini del club bianconero.
Nuova società , nuovo ciclo: Paratici porta a Torino i protagonisti di un decennio di successi, di innegabile egemonia bianconero nell’ambito italiano e europeo con il difensore italiano Andrea Barzagli, Arturo Vidal e gli attaccanti argentini Carlos Tévez (2013) e Paulo Dybala (2015). Nel 2018 il suo capolavoro, il dirigente riesce a trovare l’accordo per l’acquisto del più volte Pallone d’oro Cristiano Ronaldo dal Real Madrid, trasferimento più oneroso nella storia del calcio italiano.
La svolta alla Juventus e il declino
Con l’addio, non privo di polemiche, di Marotta alla Juventus, il ruolo di Paratici evolve: prima diventa direttore dell’area sportiva assumendo poi dall’ottobre 2020 il ruolo di amministratore delegato dell’intero dipartimento calcistico del club. La vicenda Luis Suarez scopre una serie di affari oscuri, accordi che finiscono nel mirino della Consob, della procura e della giustizia sportiva.
Un sistema che decide la chiusura del rapporto con la società e che sigla l’addio di Paratici alla Serie A nel maggio 2021 quando ancora prima della squalifica – in appello viene poi autorizzato a lavorare nel calcio senza però incarichi ufficiali – si interrompono i suoi rapporti con il club bianconero.

Paratici con Nedved e Agnelli
La squalifica e il Tottenham
Nel giugno dello stesso anno va ad assumere il ruolo di direttore generale del Tottenham che interrompe temporaneamente l’incarico a seguito di una sanzione comminatagli dalla Federcalcio e in attesa dell’esito di un ricorso pendente al CONI; il 21 aprile seguente, a seguito del rigetto dello stesso, lascia in via definitiva. Rammentiamo che la squalifica di 30 mesi si conclude il 20 luglio prossimo.
Insomma, gli ultimi anni lo hanno visto al centro delle cronache più per i processi a suo carico che per meriti sportivi, quasi cancellati da quanto costruito e distrutto prima che il Milan lo scegliesse e lo inserisse nella rosa dei papabili successori. Se è lui l’uomo giusto per ripartire, come vorrebbe Gerry Cardinale, saranno i fatti a dirlo.