Eziolino Capuano a tutto campo. L’allenatore del Taranto è stato ospite della redazione del Corriere dello Sport dove ha rilasciato una lunga intervista per raccontare la sua vita nel calcio, il suo modo di intendere il calcio in maniera viscerale, appassionata e, spesso, sopra le righe.
- Capuano sul suo personaggio mediatico e le tappe in carriera
- Capuano, la stima di Allegri e Mourinho e il calcio contemporaneo
- Capuano, la frase su Mertens e lo sfogo nello spogliatoio ad Arezzo
Capuano sul suo personaggio mediatico e le tappe in carriera
Capuano ha spiegato: “La figura del personaggio mediatico non mi ha agevolato, ma sono fiero di me stesso. Mi sono fatto una bella famiglia, ho guadagnato bene e fatto quello che volevo, assecondando la mia vocazione: perché fare l’allenatore è come fare il prete. Ho cominciato da ragazzino, quando smisi di giocare per un infortunio. Io c’ero all’epoca dei gettoni telefonici, stavo in fila per chiamare a casa una ragazza, ora sono schiavi del cellulare. Sono me stesso, con gli errori commessi. Ma il mio nome non è mai finito in alcuna nefandezza, semmai solo in situazioni goliardiche, che sono state amplificate e hanno pregiudicato la mia carriera”.
Ripercorrendo le tappe della sua carriera, Capuano ha spiegato: “Modena è stato il mio Nord. Coerente anche lì, andai in una situazione drammatica. Poi finisco in Belgio: Paratici lo dice a Imborgia. Un giorno venne il team manager e mi chiese perché facevo giocare un calciatore e non un altro. Gli dissi: aspetta un attimo. Andai in sede e mi dimisi. Io non ho mai avuto grandi squadre e quando m’è capitato di avere squadre normali le ho trasformate in grandissime. E non parlo di campioni. La Sambenedettese la presi penultima, arrivo secondo ma il presidente mi nega i playoff: io alleno ancora ma lui è sparito dal calcio. Ad Avellino, storia recente, non c’era nulla, lo porto nei playoff e non sono riconfermato. Io zitto, muto. Poi avranno speso 40, 50 milioni e stanno ancora in C, con un presidente che ha potenzialità enormi”.
Capuano, la stima di Allegri e Mourinho e il calcio contemporaneo
La stima di Allegri e Mourinho: “A me piacciono le persone che possono arricchirti. In questo caso, siamo di fronte a due mostri sacri dell’intelligenza umana. Max lo conosco da quando giocava con Camplone, allenatore Galeone; con Mou ci fu il primo contatto ad Appiano Gentile, nell’anno del triplete, quando andai come allievo del Supercorso. José andrebbe clonato, il più intelligente al mondo. Ma io sono amico di Antonio Conte, a Roberto De Zerbi voglio bene come a un figlio”.
Il calcio contemporaneo: “C’è questa moda del tiki-taka, della costruzione dal basso che nel 6,88% dei casi ti consente di riandare su mentre nel restante 93,12% ti fa rubare la palla. Cioè, per rompere le due catene in opposizione ti resta solo meno del 7%. Però, se non ci provi sei un allenatore superato, antico. Il calcio è semplice, come dice Allegri, uno tra i più vincenti: e qualcuno si permette di contestare uno dei più vincenti. Pensa tu!”.
Capuano, la frase su Mertens e lo sfogo nello spogliatoio ad Arezzo
La frase su Mertens e lo sfogo nello spogliatoio di Arezzo: “Io Mertens non sapevo neanche giocasse al calcio. C’era Insigne all’apice e mi chiedevo: ma quando gioca questo? E venne fuori, in tv, la frase sulle sette-otto partite. Io qualcuno in A e in Nazionale l’ho portato, quando vidi Parisi, per dirne uno, me ne accorsi subito. Ma ogni volta tirano fuori quell’episodio. Ad Arezzo sono stato, invece, vittima di una carognata e quel giocatore che registrò il mio sfogo e lo mandò in circuito ora fa l’allenatore: gli auguro non gli succeda che un suo atleta faccia quel che fece lui. Quella cosa mi fece male”.