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F1, Ferrari produca le auto in Inghilterra: la provocazione di Jordan fa discutere

Eddie Jordan suggerisce a Ferrari di spostare da Maranello alla Gran Bretagna la produzione delle monoposto, per avere il supporto degli ingegneri locali come avvenuto in passato. Una provocazione che ha suscitato non poche polemiche

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Luca Santoro

Luca Santoro

Giornalista

Esperto di Motorsport ma, più in generale, appassionato di tutto ciò che sia Sport, anche senza il Motor. Dà il meglio di sé quando la strada fa largo alle due o alle quattro ruote

Al di là di qualche sparuta scintilla che ha un po’ illuso i tifosi, la scuderia Ferrari ha imboccato negli ultimi anni una china da cupio dissolvi. Sono praticamente sedici anni che il team non primeggia più in F1, e dalla scomparsa di Sergio Marchionne le cose hanno preso una piega abbastanza frustrante, pur mitigata da alcuni GP vinti.

Il periodo complicato della Ferrari

Ma nella stagione 2023 solo gli appuntamenti in Canada e in Austria hanno mostrato dei segnali di inversione di tendenza, che invece è rimasta ad oggi sempre quella: scarsezza di risultati e di competitività delle SF-23, senza neppure la consolazione che la precedente F1-75 diede con gli ottimi risultati ottenuti nei primi round del 2022.

A Frédéric Vasseur, subentrato al controverso Mattia Binotto in questa stagione nel ruolo di team principal, l’arduo compito di risollevare la squadra, sia dal punto di vista tecnico che organizzativo (oltre a gestire due piloti che si guardano praticamente in cagnesco, con un Carlos Sainz in particolare ultimamente recalcitrante).

Lungi dal fare una disamina completa dei cahiers de doléances della Ferrari, resta da capire una cosa: come uscire dall’impasse? Una soluzione, o sarebbe più lecito parlare di provocazione, l’ha offerta Eddie Jordan. Uno che non è incline a tenersi un cecio in bocca, come si suol dire: l’imprenditore che ha fondato la sua omonima scuderia protagonista della F1 tra gli anni Novanta e i primi Duemila (il cui testimone è oggi raccolto dalla Aston Martin), uno che insomma conosce il settore, nella recente puntata del podcast da lui curato con David Coulthard, Formula For Success, ha voluto dare un consiglio al Cavallino, oltre a proporre una disamina del momento che sta vivendo la scuderia italiana.

Jordan: “Bisogna emulare quanto accaduto ai tempi di Schumacher”

Per Jordan non basta mettere mano all’organigramma e alle funzioni all’interno della scuderia, processo che è ancora in fieri: serve un taglio netto con il passato. Al posto di Vasseur, ha spiegato l’imprenditore, cercherebbe di “emulare quanto accaduto ai tempi di Michael Schumacher“, quando a Maranello approdarono “figure come Rory Byrne e Pat Symonds“.

Jordan ha puntualizzato: “In Ferrari ci sono sicuramente degli ingegneri brillanti capaci di progettare grandi motori e grandi vetture, ma una monoposto da gara diventa vincente grazie a dettagli sottili. È questo che fa la differenza”. La Ferrari, secondo l’ex patron, “è una scuderia brillante, ma a Maranello l’ambiente è diverso: la pausa pranzo dura un’ora e mezza e bisogna fare i conti con diversi situazioni capricciose“. Serve, a suo dire, un ambiente differente.

“Ferrari deve considerare la produzione delle monoposto in Gran Bretagna”

L’analisi poi prosegue: “A cavallo degli anni ’90 la Ferrari è tornata grande con John Barnard, ma la vettura era realizzata al 90% in Gran Bretagna, e in Ferrari devono pensare di tornare a quel metodo“. Insomma, trasferire la produzione della monoposto all’estero, destinazione UK per ripetere i fasti del passato, tra cui il citato contributo di Barnard alla fine degli anni ottanta con la Ferrari 640 a 12 cilindri, che all’epoca destò sensazione per il cambio automatico, oltre a portare Alain Prost a contendersi sino all’ultimo il Mondiale 1990 con Ayrton Senna (il francese chiuse secondo in campionato, con all’attivo cinque GP vinti e quattro podi).

I tifosi insorgono: “Il parallelo con i tempi di Barnard è improprio”

Le parole di Jordan hanno ovviamente sollevato discussioni e polemiche social nella piazza ferrarista. Al di là degli sciovinisti (“Ci manca solo quello! Allora meglio perdente italiana che vincente inglese!”, sbotta un utente), c’è chi confuta il precedente citato dall’imprenditore britannico: “Cavolata, provato questo progetto due volte ai tempi di Barnard e non ha dato risultati“. Sulla stessa lunghezza d’onda un altro utente: “Quando c’era Barnard la Ferrari non vinceva, mentre arrivati a Maranello Rory Byrne e Ross Brawn la Ferrari ha ricominciato a vincere. È importante assumere tecnici top da fuori, spostarsi in Inghilterra farebbe solo perdere più tempo”.

Le critiche proseguono con altri commentatori: “Non è sicuramente il clima londinese che può portare Ferrari al vertice. Se si parla di ingegneri e operai in Italia siamo al top se vengono forniti gli elementi“, “Avere due sedi distanti migliaia di chilometri fra loro porterebbe solo caos e lentezza nelle decisioni, penso proprio che sia un idea di m…”.

Spunta però qualche opinione che azzarda un seppur timido sostegno alla provocazione di Jordan. Spiega infatti un utente: “Tutto sommato non ha torto, considerato che le ultime Ferrari campioni del mondo (quelle dell’era Schumacher) erano frutto in larga parte di aerodinamici e telaisti inglesi (compresa quella del 2007 di Raikkonen, c’era ancora Iley. Barnard ha quasi vinto (non facile battere la McLaren di quegli anni) o, comunque, migliorato vetture già esistenti o, […], realizzato vetture molto interessanti che hanno segnato la rinascita della Ferrari (come la F310, 1996)“.

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