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Giro d'Italia, l'Italia del ciclismo teme il peggio: rischia di chiudere con zero vittorie di tappa! Roglic intanto prosegue

Una caduta rimescola le carte e offre a Del Toro un assist clamoroso. Ayuso perde 48 secondi, Roglic e Tiberi molti di più. Ciccone verso il ritiro

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Per una settimana (la prima) abbiamo sognato, ma è nella seconda che il ciclismo italiano si è dovuto suo malgrado destare da quello che sembrava un sonno dolce e beato. Perché nel Giro che sta prendendo la via del Messico, di italiano c’è davvero ben poco: è un’amara constatazione dopo due settimane di corsa che hanno messo a nudo una volta di più i limiti dei corridori nazionali, tanto che non c’è neppure l’ombra di una vittoria italiana in questa edizione del Giro sempre più “esotica” e dai contorni sfumati. Dove anche i big attesi finiscono per steccare, al punto che Isaac Del Toro adesso può cominciare realmente a pregustare uno scalpo eccellente.

Tiberi acciaccato, Ciccone out: il rischio zero tappe è dietro l’angolo

Il Giro che doveva essere quello della svolta e della consacrazione rischia di rivelarsi indigesto per Antonio Tiberi. Che ha pagato dazio alla caduta della tappa di Vicenza, che di fatto l’ha relegato a semplice comprimario nella lotta per la maglia rosa. Troppi tre minuti di ritardo per pensare di poter attaccare seriamente la UAE nell’ultima settimana, sebbene il terreno per farlo ci sarebbe, eccome. Ma la sensazione è che Tiberi abbia accusato il colpo e che la condizione, tra cadute e acciacchi vari (il virus che l’aveva costretto a ritirarsi al Tour of the Alps ha una sua valenza), non sia al massimo.

Damiano Caruso, fidato scudiero, lo precede di 7 secondi, e magari qualcosa in casa Bahrain Victorious proveranno a inventare, ma per la generale ripassare ad altra occasione. La stessa frase che la sorte ha avuto in dono per Giulio Ciccone, che non ha fatto in tempo ad arrivare su suo pane preferito (cioè le montagne “vere”, quella della terza settimana) pagando dazio alla caduta che l’ha estromesso dalla corsa.

Tutti gli altri italiani, dietro la lavagna: solo nel 2017 dopo 15 tappe non ci fu l’ombra di una vittoria di tappa, e in quel caso ci pensò Nibali alla 16esima frazione a interrompere il digiuno. Stavolta si rischia di chiudere a 21 tappe con zero successi: sarebbe una prima volta storica, e farebbe un male cane per un movimento già piuttosto incerottato.

Roglic non demorde: sarà al via della 16a tappa

A proposito di cerotti: Primoz Roglic suo malgrado di ferite se n’è procurate tante in carriera, perché le cadute hanno costellato buona parte del suo percorso. Le tre nelle quali è incappato anche in questo Giro (una nella ricognizione della crono, e qualche scoria deve averla comunque lasciata) lo hanno estromesso dalla corsa alla maglia rosa, con la crisi sul Grappa che ha certificato una condizione fisica non all’altezza del compito che la storia gli aveva assegnato.

Roglic però è duro e testardo come pochi e per questo ha deciso di ripartire nella prima delle 4 frazioni di montagna che decideranno la corsa: vivrà alla giornata, perché se le cose dovessero andar male già martedì ecco che allora potrebbe decidere di ritirarsi in seguito. Ma almeno per ora, la decisione “drastica” non è stata presa.

Del Toro solido, ma Yates e Carapaz ci credono (e pure Ayuso)

Insomma, dopo due settimane il Giro ha un padrone che per qualcuno è catalogabile come “debole” e facile ad essere ribaltato quando arriveranno le salite più dure (Isaac Del Toro) e tanti pretendenti che in un modo o nell’altro possono avere legittime speranze di rimonta.

La lotta interna in casa UAE sarà un fattore dirimente: Ayuso non è sembrato stare benissimo, ma tutto sommato ha chance di vittoria concrete, anche se bisognerà capire come si comporterà qualora dovesse ritrovarsi a sfidare uno contro uno il giovane compagno messicano (e lì, presumibilmente, la differenza la faranno le gambe). Simon Yates ha l’occasione per riscattare la beffa del 2018, quando venne ribaltato nella tappa del Colle delle Finestre da Froome: quest’anno il Giro tornerà sulla montagna che inflisse un dolore acuto al britannico, e chissà che non possa essere l’occasione per fare i conti col passato. Con gregari come Van Aert e Kruijswijk, le salite fanno meno paura (e la fanno di più ai rivali).

Richard Carapaz invece si ritrova in rampa di lancio, libero da troppe marcature e pronto a giocarsi le proprie carte sulle pendenze a lui più congeniali: a 32 anni, e a 6 di distanza dall’exploit del 2019, per l’ecuadoriano il treno che passa è a dir poco più unico che raro. Ma lo è anche per Del Toro, che deve vincere lo scetticismo di chi ha ritenuto troppo “morbide” sin qui le asperità affrontate. Un dilemma che solo la strada potrà risolvere.

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