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Giro d'Italia, 16a tappa: l'Italia rifiorisce! Batosta UAE, Roglic ritirato, Ayuso e Tiberi alla deriva. E Carapaz sogna

Una caduta rimescola le carte e offre a Del Toro un assist clamoroso. Ayuso perde 48 secondi, Roglic e Tiberi molti di più. Ciccone verso il ritiro

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

L’Italia s’è desta, ma forse sarebbe meglio dire che il Giro è letteralmente esploso. Con i fuochi d’artificio a fare da sfondo alla prima vera tappa di montagna, che doveva dare risposte e ne ha date (forse) più del dovuto, oltre a sollevare una marea di domande. Tappa tremebonda per qualcuno, decisamente più dolce per altri: l’ennesima caduta di Roglic (con conseguente ritiro) e la resa incondizionata di Ayuso e Tiberi da un lato, la strenua difesa della maglia rosa da parte di Del Toro dall’altra, con Carapaz più di Simon Yates pronto ad afferrare la preda nelle prossime tre giornate, tutte con il naso rivolto all’insù. Ma soprattutto, con gli italiani che hanno finalmente battuto non uno, non due, ma tre colpi.

Che bravi Scaroni e Fortunato. Pellizzari è l’uomo del futuro

Bellissima l’immagine di Christian Scaroni e Lorenzo Fortunato che tagliano il traguardo in coppia: loro sono scalatori puri e non appena il Giro ha proposto salite degne di tal nome (e una tappa disegnata per scalatori da cima a fondo) hanno risposto presenti. Non una vittoria come le altre, quella di Scaroni: eguagliato il record negativo di 15 tappe senza vittorie del 2017 (allora fu Nibali a sbloccare gli italiani a Bormio), evitato soprattutto il pericolo di finire il Giro con zero successi di tappa, che sarebbe stata una vera e propria ecatombe.

Dietro i due XDS Astana c’è ancora tanta Italia, con Giulio Pellizzari che una volta “liberato” da compiti di gregariato ha dimostrato che in salita sa andare forte, tanto da aver acceso per primo la miccia nel gruppo dei migliori e aver salutato la compagnia. È persino rientrato in classifica: nono a 4 minuti e 36 secondi da Del Toro, tanti (sicuramente) ma non così necessariamente troppi per pensare di poter combinare ancora qualcosa di veramente importante.

A conti fatti, se Roglic avesse alzato bandiera bianca prima, forse il giovane marchigiano adesso avrebbe potuto giocarsi le proprie carte in modo ben diverso: la Red Bull Bora Hansgrohe ha coperto il capitano designato, ma si vedeva chiaramente che quello che andava forte era Giulio.

Carapaz diventa l’uomo da battere: Yates è avvertito

Chi va forte, e lo ha dimostrato anche nella salita che ha portato la carovana verso Brentonico, è Richard Carapaz. Il vero vincitore di giornata, capace di recuperare secondi preziosi a tutti i principali rivali nella lotta alla maglia rosa, oltre ad accorciare a soli 31 secondi il ritardo dal Del Toro.

Carapaz meglio anche di Simon Yates, che pure ha sfruttato nel modo migliore il grande lavoro fatto dalla Visma, con Van Aert che s’è speso anima e corpo per il capitano designato. Chiaro che per quanto visto nella prima tappa alpina è Carapaz il vero favorito per la vittoria finale: i segnali che aveva mandato nella tappa di Castelnuovo ne’ Monti sono stati amplificati nel primo vero arrivo in salita, perché se allora il gruppo aveva maldestramente lasciato un po’ fare (forse ritenendolo non adatto per diventare un candidato serio alla maglia rosa), stavolta il gruppo proprio non è riuscito ad andare a riprenderlo.

A conti fatti, solo Pellizzari è riuscito a dargli una ventina di secondi, mentre tutti gli altri hanno preso la paga. Insomma, dire che l’ecuadoriano oggi diventa l’uomo da battere è tutto, fuorché un azzardo.

UAE, che batosta: Ayuso salta, Del Toro arranca. Male Tiberi

La prima tappa alpina ha rimescolato pesantemente le carte. Del Toro ha accusato la fatica: sin qui non aveva battuto ciglio, anzi s’era speso anche per andare a conquistare abbuoni a destra e sinistra. Stavolta ha mostrato i suoi limiti: il forcing di Pellizzari e Carapaz lo ha fatto saltare, e anche se non è andato alla deriva ha fatto capire di essere molto più vulnerabile di quanto le prime due settimane avrebbero mai voluto far credere.

Per la UAE è stata una giornata da tregenda: Ayuso è saltato ai -42 km dal traguardo, imploso sotto i colpi di una condizione arrugginita dalle cadute e da problemi vari (anche dalla lotta interna col messicano: provare per credere), Adam Yates ha lavorato (poco) per Del Toro, poi a sua volta s’è staccato, pur restando nella top ten. È bastata però una tappa per far saltare il banco e mostrare una UAE ben lontana dalla corazzata che le prime 15 tappe avevano mostrato.

Insomma, la botta è stata grossa e le prossime tre tappe non promettono nulla di buono, tanto per la formazione mediorientale, quanto per Antonio Tiberi, che a sua volta non ha tenuto le ruote dei migliori, denotando una condizione che si sapeva non essere al massimo. La Bahrain così ha lasciato campo libero a Caruso, quinto a 2’40” da Del Toro. Un Giro ribaltato, ma ancora senza un vero padrone.

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