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Giro d'Italia, Pedersen e Roglic salutano l'Albania da padroni, male Van Aert. E scoppia il caso dei "cartellini"

Il Giro d'Italia saluta l'Albania con alcune certezze acquisite: la superiorità di Pedersen e Roglic, la crisi di Van Aert e la questione delle "ammonizioni" per la sicurezza

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

È partito col botto il Giro d’Italia, con i big tanto attesi che non si sono fatti certo desiderare. Perché si sapeva che Mads Pedersen e Primoz Roglic avrebbero avuto fretta di mandare segnali: straripante il danese in volata, tanto da confezionare una doppietta d’autore e venir via dall’Albania con la maglia rosa, come nelle intenzioni. Ma anche lo sloveno ha fatto capire di essere piuttosto centrato su quello che è l’obiettivo: la prova a cronometro di Tirana ha ribadito che la condizione c’è e che se non dovessero subentrare fattori esterni (leggi cadute: il tallone d’Achille “storico” di Primoz) allora è plausibile l’idea che l’uomo forte per la generale sia proprio lui.

Pedersen coglie l’attimo, ma è Roglic che impressiona

Il Giro che ha salutato l’Albania dopo le tre tappe fortemente volute da RCS nella terra dei Balcani è un Giro scoppiettante e aperto a tante soluzioni. Pedersen e Roglic l’hanno monopolizzato: la Lidl Trek ha dimostrato di essersi presentata con una sorta di dream team per consentire al danese di primeggiare nella prima parte della corsa, oltre che a puntare forte sulla maglia ciclamino della classifica a punti. Grande il lavoro svolto in salita da Ciccone, che a questo Giro punta decisamente a fare classifica: difficile magari ambire a un podio, ma una top ten (sempre mancata nei grandi giri) sembra decisamente alla portata.

La Red Bull Bora Hansgrohe per ora ha corso un po’ più coperta, tanto che Roglic la gran parte del lavoro se l’è dovuta smazzare da solo a cronometro, dove però ha impressionato per facilità d’esecuzione e per la capacità di mettere tra se e i rivali secondi importanti. Tanto che Ayuso e Tiberi (e pure Carapaz e i gemelli Yates) si sono già ritrovati un po’ staccati dallo sloveno, che va ricordato come in salita potrà giovarsi dell’aiuto di gregari come Hindley (vincitore nel 2022) e Pellizzari che hanno già fatto capire di essere stati istruiti bene sul da farsi. Insomma, Roglic (per ora) padrone, il migliore visto all’opera nelle tappe albanesi tra i big di classifica.

Van Aert ripiomba nell’incubo: il belga non sa più vincere

Il grande deluso di questo primo scorcio di Giro, inutile girarci troppo intorno, è Wout Van Aert. Che s’è piazzato secondo a Durazzo nella volata iniziale, ma che poi ha tradito tanto a cronometro (e c’era chi lo prefigurava addirittura maglia rosa…), quanto nella seconda volata, alla quale non ha partecipato perché s’è staccato brutalmente sull’ultima asperità di giornata.

Van Aert vive un momento di forte appannamento: non ha più la gamba di un paio d’anni fa e forse i tanti piazzamenti nei quali s’è imbattuto negli ultimi mesi gli hanno tolto certezze e quella capacità di saper leggere meglio di altri le situazioni di corsa. Sembra di rivivere con le dovute proporzioni ciò che è capitato a Peter Sagan dopo i 30 anni: l’età è la stessa, le aspettative più o meno pure, e allora qualcuno salvi il soldato Wout. Non il tipo da arrendersi presto, ma di sicuro oggi il più in difficoltà.

C’è un po’ d’Italia in questo Giro. Ma occhio ai “cartellini”

Capitolo italiani: è mancato l’acuto, ma si sono viste buone cose. Tiberi è partito un po’ a singhiozzo, cosa che ci può stare pensando alla complicata marcia d’avvicinamento al Giro. Detto di Ciccone, un fattore quando la strada impenna, nelle volate si sono mossi in tanti, pur se mai in grado di piazzare il colpaccio.

A far parlare piuttosto sono stati però i “cartellini gialli” rimediati da Francesco Busatto, Martin Marcellusi e Darren Rafferty nelle prime tre tappe. Cosa significa? Nel ciclismo da qualche anno è entrato il VAR, sulla scia di quanto avviene da anni in altri sport (calcio, ma non solo). I “cartellini gialli” (in realtà si deve parlare di “ammonizioni”) sono una specie di “rivoluzione” voluta dall’UCI, sperimentata a fine 2024 ed entrata in vigore da quest’anno: per aumentare la sicurezza, l’organizzazione è chiamata a sanzionare comportamenti ritenuti appunto poco inclini agli standard di sicurezza degli atleti.

Regolamento da studiare: chi rischia la sospensione

E quando si sommano due cartellini si finisce automaticamente per incorrere in una sospensione di 7 giorni (quindi l’esclusione dalla corsa). Se si arriva a tre cartellini in un mese, quindi spalmati su più gare, sospensione estesa a un mese. Busatto è stato pizzicato per una gomitata e una testata nel corso della prima volata, Marcellusi per una spallata allo sprint con Strong nella terza tappa, Rafferty per aver lanciato con violenza una borraccia, rimbalzata nella sede stradale col rischio di finire sotto le ruote di altri corridori. Anche Pello Bilbao ha ricevuto un’ammonizione per posizione pericolosa sulla bici tenuta in discesa.

Il problema è che molti corridori non conoscono bene nel dettaglio le colpe che potrebbero ricadere sulle loro spalle. Si naviga un po’ a vista: la tecnologia aiuta, ma a volte genera ulteriore confusione. Boomerang.

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