La scuola italiana dei portieri sembra stia tornando finalmente a splendere. Tra i nuovi numeri uno che stanno dando lustro alla categoria figura senza alcun dubbio anche Michele De Gregorio, che si è imposto a Monza scalzando Cragno, dopo aver svolto tutta la trafila nelle giovanili dell’Inter. E proprio all’Inter potrebbe tornare per raccogliere l’eredità di Sommer.
- Di Gregorio: una certezza tra i pali. L'Inter pensa al suo ritorno
- Di Gregorio tra il presente a Monza e il futuro all'Inter
- L'Inter lo ha accolto da bambino: il ricordo del papà e i modelli
Di Gregorio: una certezza tra i pali. L’Inter pensa al suo ritorno
L’Inter ha trovato in Sommer un portiere di eccezionale affidamento, ma lo svizzero ex Bayern Monaco ha già 35 anni, per cui il club nerazzurro – seppur senza fretta – inizia a guardarsi intorno alla ricerca di un altro estremo difensore dal rendimento assicurato. E il profilo di Di Gregorio corrisponde all’identikit perfetto del portiere che serve all’Inter in un futuro neppure così tanto remoto. Del resto, ‘l’Uomo Digre’, milanese doc, conosce benissimo l’ambiente visto che è cresciuto nel settore giovanile dell’Inter, prima di diventare completamente del Monza in cambio di 4 milioni.
Di Gregorio tra il presente a Monza e il futuro all’Inter
Il classe 1997 si è raccontato in una lunga intervista a La Stampa. Inevitabile una domanda sul futuro e sulla possibilità di tornare all’Inter. Di Gregorio, però, para la domanda trappola con un intervento elegante. “Mi piace pensare all’oggi senza guardare troppo in là perché altrimenti si fanno male le cose quotidiane. Voglio concentrami su questi due mesi col Monza. Poi, dopo l’ultima giornata di campionato, vedremo cosa ci sarà di concreto”. Il portiere precisa: “Sto benissimo a Monza, non ho bisogno di scappare. Se verrà qualcosa per fare uno step, lo valuteremo”.
L’Inter lo ha accolto da bambino: il ricordo del papà e i modelli
Lo confessa senza troppi giri di parole, Michele: “Non avrei mai pensato di arrivare così in alto quando mi chiamò l’Inter da bambino”. E, allora, è il momento di salire sulla giostra dei ricordi. Di riavvolgere il nastro. “Avevo 6 anni e mezzo, mi chiesero di aggregarmi per qualche allenamento in vista della stagione successiva. All’inizio non volevo andare, è stato mio papà Marcello a convincermi dicendomi di provare. Ogni tanto volevo smettere perché ero poco impegnato, ma mi ha convinto ancora papà dicendo che sarebbero arrivate sfide contro squadre più forti. Ho perso mio padre quando avevo 13 anni e a 16 mi sono tatuato il suo nome sull’avambraccio. I miei modelli? Julio Cesar e Handanovic. A volte mi paragonano a Peruzzi, forse per il fisico. La Nazionale? Sì, ma dopo gli Europei. Sarebbe un sogno”.