Mentre i primi missili lanciati da Israele si abbattevano su Teheran e su altre città del paese, la Nazionale di volley dell’Iran, una delle eccellenze sportive dello stato asiatico, era in campo a Rio de Janeiro per la VNL. Contro gli Stati Uniti, per giunta. A guidare i giocatori dalla panchina un tecnico italiano, Roberto Piazza, che durante l’anno è al timone della Powervolley Milano, formazione che disputa la Superlega. Da qualche giorno il compito più difficile per il 57enne coach originario di Parma, ex centrale della mitica Maxicono degli Anni 80 e 90, è quello di mantenere alta la concentrazione dei suoi ragazzi sul volley. Difficile, se non impossibile, farlo adesso che i propri cari sono sotto i bombardamenti.
- L'Iran in campo contro l'Italia a maggio. Poi la guerra
- La figlia di un giocatore: "Papà, non so se ci rivedremo"
- La testimonianza di Piazza: "Iran paese ospitale, popolo devoto"
L’Iran in campo contro l’Italia a maggio. Poi la guerra
Interpellato dalla Gazzetta dello Sport, Piazza ha fatto una confessione franca, aperta: “Quello che sta succedendo non è umanamente accettabile. Ammetto di essere ignorante rispetto a quello che da anni succede in Medio Oriente ma mi fa molto male vedere i miei collaboratori, i miei giocatori in ansia. Hanno tutti una voglia straordinaria di far vedere che il loro paese non è quello che viene descritto“. A maggio l’Iran ha giocato due amichevoli con gli Azzurri di De Giorgi. Ma è il futuro che spaventa. “Ci fermeremo in Serbia per preparare la seconda tappa. Il 30 giugno era previsto il nostro ritorno a Teheran prima di ripartire per la Polonia il 9 luglio. Ma con lo spazio aereo ‘chiuso’ non so”.
La figlia di un giocatore: “Papà, non so se ci rivedremo”
Il consiglio di Piazza a giocatori e collaboratori è stato semplice: “Ho detto loro di parlare con gli ucraini, di condividere gli stessi pensieri, le stesse paure. Potranno anche dare consigli su come si convive con questa situazione, lontano da casa con i propri cari sotto i bombardamenti. Ci convivono da anni, qualcuno ha perso famigliari, amici. La condivisione può aiutare”. La difficoltà più grande è quella di comunicare col Paese: “L’altra sera, con la squadra già entrata per il riscaldamento pre-partita, eravamo nello spogliatoio a sistemare le ultime cose con lo staff e uno di loro ha ricevuto la chiamata della figlia: papà, ti voglio salutare e dirti che ti amo. Non so se riusciremo a vederci al vostro ritorno”.
La testimonianza di Piazza: “Iran paese ospitale, popolo devoto”
I palazzi sventrati, le case distrutte sono le immagini che rimbalzano dalle tv e che gettano la squadra ancor più nello sconforto. Lenito dalla solidarietà dei tifosi (quelli brasiliani hanno fatto recapitare un bigliettino di vicinanza) e dell’intero mondo del volley. “Molti dei miei ragazzi se non fossero sportivi impegnati in manifestazioni internazionali oggi sarebbero sotto le bombe“, l’agghiacciante testimonianza di Piazza. Insieme alla testimonianza su cosa sia l’Iran per lui: “Ho conosciuto un paese ospitale e un popolo molto devoto alla propria religione. Lo dice uno che ogni tanto si fa scappare qualche parolaccia di troppo”.