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Tutti pazzi per la Juve baby e italiana, i segreti di Thiago Motta che ha già conquistato i tifosi

Il nuovo corso bianconero è iniziato nel migliore dei modi possibili: i talenti cresciuti nella Next Gen, ma non solo, stanno facendo la differenza

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Marco Festa

Marco Festa

Giornalista

Frequentatore di stadi ed esperto di calcio, ama agganciare e far domande a idoli e futuri campioni. Anzi, spesso precorre gli addetti ai lavori e li scova prima di loro

Giovane, italiana, vincente. La Juventus di Thiago Motta si è subito messa alle spalle lo scetticismo che l’aveva accompagnata nel precampionato, in concomitanza con la sconfitta in amichevole contro il Norimberga e il pareggio contro il Brest. Quando il gioco si è fatto duro, i duri hanno cominciato a giocare: la Vecchia Signora si è regalata un lifting, gentilmente offerto dalla Next Gen, che le ha dato un nuovo e affascinante volto.

Juve, Motta e il giusto mix

Alla base della riscossa della Juve non c’è (finora) il calciomercato. I frutti del progetto Next Gen sono il segreto: maturati nel corso degli anni, stanno facendo la differenza in prima squadra. Aver giocato d’anticipo, fondando la seconda squadra nel 2018, si sta rivelando un vantaggio di non poco conto. Non per caso, al Bentegodi, contro il Verona, i soli Di Gregorio e Cabal hanno incarnato i volti nuovi arrivati da altri club. I talenti a chilometro zero sono stati determinanti per la partenza sprint. I debutti con gol di Mbangula e Savona, che faceva il pendolare in treno per arrivare a Vinovo e che solo 5 anni fa apriva il suo account Instagram postando una foto con Cristiano Ronaldo, hanno premiato la voglia di osare di Motta. In diretta tv lui non ha fatto una piega e ha spiegato: “I giovani forti giocano”. Freschezza intorno alle certezze: Vlahovic, che ha riscosso il credito con la sfortuna contro il Como realizzando una doppietta; Yildiz, sempre più in versione assist man e Locatelli: rigenerato.

Juve, largo ai giovani in attesa dei big

Largo ai giovani. La Juventus sta tenendo fede al suo nome. A Verona, schierando in contemporanea, Savona, Fagioli, Mbangula e Yildiz, Motta ha girato la calcolatrice mostrando un 24.1 anni come risultato dell’età media. Numeri che non sono mai un’opinione: 6 gol fatti, 0 subiti, 6 punti in classifica; numeri che potrebbero diventare ancor più esaltanti se negli ingranaggi si incastreranno alla perfezione gli assenti. All’appello, per Motta, manca ancora il contributo di Danilo, Douglas Luiz, Nico Gonzalez, Thuram, Weah, Conceicao e Koopmainers (in arrivo). Mica poco.

Motta, la meritocrazia e la forza delle idee

La Juve di Motta, intanto, è camaleontica. Finora ha dimostrato di saper soffrire non perdendo mai di visto l’obiettivo principale: dominare, sempre, affondando il colpo quando c’è l’opportunità di farlo. L’ex allenatore del Bologna ha impresso la sua mentalità vincente alla velocità della luce rendendo ingeneroso il paragone con altri colleghi freschi di approdo su altri scranni: vedi Fonseca e Italiano. Mentre Milan e Bologna venivano bucherellate da Torino, Parma, Udinese e Napoli, la Juve ha dimostrato una tenuta difensiva frutta di una fase di non possesso corale: nei top 5 campionati europei è la squadra ad aver subito meno punti in porta. La meritocrazia di Motta sta pagando: gioca chi è più pronto, senza guardare alla carta di identità: un monito di sana competizione che potrà fare la differenza. Confermarsi è già la nuova missione.

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