Giorno dopo giorno, continuano ad uscire i dettagli e le intercettazioni che la Procura di Torino ha ottenuto nel corso della sorveglianza della Juventus nell’ambito dell’Inchiesta Prisma.
Nella giornata di oggi la Gazzetta dello Sport ha pubblicato nuovi audio, riguardanti in questo caso il rapporto che intercorreva tra Fabio Paratici e Federico Cherubini, nei quali si evince come l’attuale DS del Tottenham avesse un’elevatissima autonomia di movimento per quanto riguarda la chiusura delle operazioni e le cifre.
Al momento Paratici risulta nel registro degli indagati, mentre Cherubini non ancora.
- Le preoccupazioni di Cherubini
- L'importanza di Marotta nel controllo della situazione
- Il libro nero e le perplessità di Cherubini
Le preoccupazioni di Cherubini
In alcuni audio si capisce perfettamente la preoccupazione di Cherubini per il modo nella quale Paratici stava portando avanti il mercato. L’attuale uomo mercato bianconero parla esplicitamente di Dejan Kulusevski del Parma, ma anche di Federico Chiesa.
“Mi sto vendendo l’anima” le esatte parole di Cherubini, che al tempo era il secondo di Paratici. Queste le intercettazioni, riportate da Eurosport:
“Noi alle prime riunioni di marzo si parlava di fare 300 milioni di quelli (le plusvalenze) eh! Io ti giuro che c’ho avuto delle sere che tornavo a casa e mi veniva da vomitare solo a pensarci. Se si svegliava la mattina e c’avevo mal di testa o beveva un bicchiere poteva firmare per 20 milioni senza dirlo a nessuno, Fabio ha drogato il mercato cioè anche Kulusevski o Chiesa che sono ottimi calciatori, ma quando li abbiamo comprati noi li abbiamo pagati troppo, perché? Perché poi il prezzo d’acquisto determina, nel senso Kulusevski aveva fatto cinque mesi in Serie A e l’abbiamo pagato 35 più 9 di bonus. Mi sentivo che mi stavo vendendo l’anima, perché a un certo punto stavo facendo delle cose, ero complice, anche per una questione di ruolo dovevo dire a Fabio ‘non sono d’accordo’ ma se poi lui diceva ‘si va’ allora si va. Gli dicevo ‘vedi di sistemare la cosa, togli i ragazzi, smettiamo di fare operazioni da 10 milioni sui nostri giocatori perché sono i primi che andranno…’ [Paratici risponde:] ‘no ma figa, no ma no, non capisci un cazzo, tanto come facciamo da 4 facciamo da 10, non è un problema”.
L’importanza di Marotta nel controllo della situazione
Da un altro audio si evince ancora di più l’importanza della figura di Beppe Marotta nella gestione del “fenomeno Paratici”. L’attuale AD dell’Inter infatti era una sorta di freno, un filtro che Paratici aveva per rimanere sui binari.
Una volta andata via questa figura, le responsabilità di Cherubini sono aumentate, anche se dagli audio sembra che nutrisse comunque molte remore in questo senso:
“Quando andò via Marotta tre anni fa gli scrissi e mi disse ‘tu vieni con me perché farai una parte delle cose che faceva Marotta’, io gli dissi ‘Fabio vengo lì a fare quel lavoro sporco perché non lo vuoi fare, perché te in sede non vuoi andare, all’ufficio del personale non vuoi andare, al commerciale non vuoi parlare, ma non farò Marotta perché Marotta sarà una figura, se te la mettono, che quando tu dici compro questo, ti dice: ‘Quest’operazione non si può fare’ e tu probabilmente ti rimetti in mare e ne cerchi una migliore. Lui a un certo punto non aveva più questo filtro e quindi poi è entrato in un loop che per correggere quella cosa quindi non agiva per la Paratici Srl, agiva per la Juventus”.
Il libro nero e le perplessità di Cherubini
Dagli ultimi audio si capisce come l’ormai famoso “libro nero FP” scritto da Cherubini fossero una serie di memorandum utilizzato in sede di discussione di contratto. Cherubini infatti avrebbe avuto l’opportunità di lasciare la Juventus e andare in altre squadre, ma desiderava prima discutere con Paratici alcune perplessità che si sarebbero potute risolvere.
Esce anche una seria differenza di venute in ambito di gestione sportiva tra Cherubini e Paratici riguardante le plusvalenze e i giovani in particolare:
“Sono gli appunti che mi sono fatto a marzo/aprile 2021 nel momento in cui sono a discutere con Fabio il mio rinnovo contrattuale. Erano nove anni che stavamo lavorando insieme; abbiamo condiviso cose meravigliose, devo a Fabio il fatto di essere arrivato alla Juventus; sulla base di questo rapporto, nel momento in cui Fabio aveva avuto il mandato per organizzare l’area sportiva nella stagione successiva, mi chiama per il contratto. Per me il contratto è fondamentale ma viene prima il rapporto. Se non chiarisco una serie di cose, che sono quelle che trovate scritte qua, io non volevo andare avanti. In questo documento metto i profili di criticità nel rapporto con Fabio. Avevo ricevuto offerte di iniziare un percorso diverso in altri club e per la prima volta ho pensato di andarmene. L’anno scorso la stagione anche dal punto di vista sportivo era deludente; io mi sono detto anche per fedeltà di provare ad andare avanti ma con patti chiari. C’era una differenza di vedute. Per me sacrificare dei ragazzi giovani era un peccato, per lui raggiungere lo stesso obiettivo cedendo un giocatore della prima squadra significava compromettere la competitività. Le faccio l’esempio di Kean, che abbiamo venduto e poi siamo andati a ricomprarlo. […] Se il mercato non ci dava opportunità, polverizzare il mercato con operazioni sui ragazzi non andava bene. L’alternativa era vendere asset della prima squadra. […] Più volte mi sono lamentato con Fabio che il valore che stavamo dando a quei giocatori non era congruo. In riunioni avute con il resto della dirigenza, si è valutato il fatto che dovevamo andare verso un progetto tecnico diverso e che il ricorso alle plusvalenze non dovesse più essere una caratteristica della nostra gestione”.