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L’Inter studia il Manchester City: pregi, campioni e limiti del dream team di Guardiola 

I Citizens sembrano una squadra perfetta, dinamica e alla ricerca del bel gioco agli ordini di De Bruyne e Rodri: ma pure gli inglesi hanno dei punti deboli, come il Barcellona battuto nel 2010

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Fabrizio Napoli

Fabrizio Napoli

Giornalista

Giornalista professionista, per Virgilio Sport segue anche il calcio ma è con la pallanuoto che esalta competenze e passioni. Cura la comunicazione di HaBaWaBa, il più grande festival di waterpolo per bambini al mondo

Il Manchester City che ieri ha triturato il Real Madrid raggiungendo la sua prima finale di Champions League è sembrato una macchina perfetta, un insieme di campioni che si muovono all’unisono, orchestrati dal maestro Pep Guardiola, fino a sfinire l’avversario. Anche quella che oggi viene giudicata la migliore squadra d’Europa ha però dei (piccoli) difetti: starà all’Inter sfruttarli per provare a vincere la finale di Champions.

Il City di Guardiola: campioni al servizio del gioco

Il Manchester City di Pep Guardiola è una squadra diversa dal Barcellona che, grazie al tecnico catalano, ha scritto la storia del calcio e della Champions League: in entrambi i casi, però, Guardiola è riuscito a convincere un gruppo di campioni a giocare di squadra, a pensare con un solo uomo, per produrre calcio, gol e, di conseguenza, vittorie. Il City è squadra che cerca sempre il gioco e che con la palla sa fare praticamente tutto: il possesso insistito, marchio di fabbrica di Guardiola, è votato alla verticalizzazione per vie centrali o sulle corsie esterne, da cui partono i cross volti a sfruttare l’abilità in acrobazia di Erling Haaland, “il” centravanti.

Rodri e De Bruyne uomini chiave del City di Guardiola

Una squadra senza sistema di gioco rigido: difensivamente il City si dispone con una sorta di 4-1-4-1, ma una volta riconquistata la palla il compito di ogni giocatore è quello di occupare lo spazio più funzionale allo sviluppo della manovra. Ecco allora Rodri, perno del centrocampo, arretrare in mezzo ai centrali e i terzini accentrarsi in posizione di mediani o addirittura di mezz’ali, soluzione vista in Italia anche con Di Lorenzo e Mario Rui nel Napoli di Spalletti.

Lo spagnolo è un giocatore chiave insieme a De Bruyne, l’uomo che gode di maggiore libertà nella posizione e nella giocata: il belga, capace di passare corto e lungo, di accelerare palla al piede o verticalizzare di prima con precisione estrema (addirittura 29 i suoi assist in stagione!), di fulminare il portiere avversario dalla distanza con entrambi i piedi, è senza dubbio l’elemento più importante per Guardiola.

Pressing: il City come il Barcellona di Guardiola

Se è vero che il City è spettacolare con la palla tra i piedi, è probabilmente nella sua fase difensiva che nasconde la sua vera forza. Come il Barcellona che fu, anche i Citizens quando perdono il pallone aggrediscono in blocco l’avversario, facendo densità attorno al portatore di palla, asfissiandolo: e attenzione a chi non partecipa direttamente al pressing, lo vedrete posizionarsi immediatamente per sfruttare la transizione offensiva una volta recuperata palla. Proprio la fase di riaggressione, però, nasconde quello che sembra l’unico vero difetto di questo City.

I difetti del City: il rischio sul contro-pressing

Quando va in contro-pressing, concentrando più uomini in zona palla, il City lascia inevitabilmente dei varchi sul fronte opposto del campo di gioco. Superare questa prima pressione non è facile, ma se l’Inter riuscirà a uscire dagli spazi stretti, per poi cambiare campo rapidamente, potrebbe trovare campo per i propri giocatori più atletici e veloci: è il caso di Dumfries, che sulla fascia destra potrebbe avere la meglio fisicamente su Graelish e in velocità su Akanji, divenuto titolare dopo il k.o. di Aké.

Fondamentale, in questo senso, sarà il lavoro spalle alla porta delle punte: l’ex Dzeko, con la sua fisicità e l’abilità di aprire il gioco di destro e sinistro, potrebbe dare molto fastidio al City, così come Calhanoglu e Brozovic, giocatori in grado di raccogliere lo scarico dalla punta per cambiare il fronte di gioco con lunghe sventagliate. Di fatto, l’Inter di Simone Inzaghi dovrà seguire la strada tracciata da un’altra Inter, quella guidata da José Mourinho al Triplete, che nella semifinale di andata contro il Barcellona di Guardiola riuscì ad avere la meglio proprio grazie alla capacità di Milito di resistere al primo pressing e a quella di Sneijder di lanciare la freccia Eto’o in campo aperto. A Istanbul l’Inter dovrà imitare il passato, dunque, per scrivere una nuova storia.

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