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La morte di Gigi Radice, l'allenatore rivoluzionario

Il suo Torino praticò un gioco rivoluzionario del calcio.

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La morte di Gigi Radice, l'allenatore rivoluzionario Fonte: 123RF

Il mondo del calcio piange la scomparsa di Gigi Radice, uno degli allenatori più innovativi e per certi versi rivoluzionari del campionato italiano. Aveva 83 anni e da parecchio tempo era debilitato da una gravissima malattia. Da giocatore Radice era stato una delle colonne del Milan dei primi anni Sessanta, da allenatore è entrato nella leggenda alla guida del Torino che vinse il suo unico scudetto dell’era post-Superga nel 1975-76 e colse un incredibile secondo posto dietro la Juve nonostante fosse riuscito a totalizzare 50 punti sui 60 allora a disposizione.

Il Torino di Gigi Radice portò in Italia valori nuovi per il calcio nostrano come il pressing e il possesso palla, ereditandoli da squadre come l’Olanda. Il suo era considerato un calcio “spettacolo” contrapposto a quello più tradizionale della Juve di Trapattoni. Era il Toro della coppia gol formata da Paolino Pulici e Francesco ‘Ciccio’ Graziani, due che si completavano bene e che incarnavano a meraviglia il ‘Cuore Toro’. Pressing a tutto campo, soprattutto. Una novità, quantomeno in Italia, negli anni ’70. Una squadra plasmata pezzo per pezzo, pescando soprattutto in provincia e nella zona del nord Milanese di cui lo stesso Radice era originario.

Il suo Torino era quello del portiere, il “Giaguaro” Luciano Castellini, dei terzini Santin e Salvadori, ma anche della grinta di Patrizio Sala, delle giocate del ‘Poeta’ Claudio Sala, e di Eraldo Pecci e Renato Zaccarelli. E poi appunto in attacco la potenza mista a talento di Pulici e Graziani. Un gruppo unito dentro e fuori dal campo e capace di avere la meglio sui bianconeri.

Da calciatore Radice invece ha scritto le pagine più importanti con il Milan, squadra con cui vinse anche la Coppa dei Campioni del 1963, ma ha portato i colori anche della Triestina e del Padova. Cinque le presenze con la nazionale italiana. Come allenatore il punto più alto lo ha toccato al Torino, ma ha guidato altre squadre importanti, quali Milan, Inter, Roma, Fiorentina, Cesena, Cagliari, Bologna, Bari e Genoa. Al Monza, nella stagione 1996-97, la sua ultima esperienza in panchina.

Era nato a Cesano Maderno, in Brianza. Qualche anno fa, in un’intervista concessa a un quotidiano, il figlio Ruggero aveva raccontato che il padre era in lotta con l’Alzheimer. “Gli sono rimasti solo alcuni amici intimi, per il resto sono pochi: qualche ex giocatore granata si fa sempre vivo, assieme ad amici di Torino. Purtroppo papà non è più quel che era, anche per questo era dimenticato” spiegò piuttosto amareggiato.

Intanto il mondo del calcio ricorda Gigi Radice in modo accorato.
Così il Torino Calcio “Addio, Mister Radice, colonna della nostra storia – si legge sul profilo Twitter della società -. Ieri, oggi, per sempre”.

Fa eco il Milan: “Il suo Milan è stato il primo Club italiano a vincere la Coppa dei Campioni. Lui, Gigi Radice, tre volte campione d’Italia in rossonero, ci ha lasciati. La Storia del calcio e tutto il Milan lo ricordano con affetto e commozione. Condoglianze sincere alla famiglia Radice”.

Tra i giocatori del suo Toro Claudio Sala è stato il primo a ricordarlo: per il “Poeta del gol” Radice è stato un “allenatore rivoluzionario”. A lui si sono accodati Paolino Pulici per il quale Radice è stato “un padre e un maestro” ed Eraldo Pecci che invece ha sottolineato come sotto la scorza di sergente di ferro battesse il cuore di un uomo sincero e di grande rigore.

Chi era Gigi Radice, un cuore Toro e Milan che non odiava la Juve

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