La strategia processuale adottata ha evitato lo scenario peggiore, per il tecnico della Lazio Simone Inzaghi, deferito per blasfemia dopo aver pronunciato una frase con ben due bestemmie, nel corso della gara contro il Sassuolo.
L’allenatore biancoceleste, sempre più prossimo al rinnovo con il club presieduto da Claudio Lotito, ha avviato l’iter per il patteggiamento con la Procura federale evitando così la squalifica: Inzaghi dovrà versare una multa e potrà essere in panchina contro il Cagliari all’Olimpico.
I fatti che hanno portato all’inchiesta su Inzaghi
Ricostruiamo i fatti: Inzaghi è finito sotto inchiesta per blasfemia, ovvero per aver pronunciato due bestemmie nel corso della gara casalinga contro il Sassuolo del 24 gennaio scorso, finita sul 2-1. Durante la partita, Inzaghi ha pronunciato due espressioni che sono state intercettate da uno degli ispettori presenti, il quale ha segnalato l’accaduto, avviando le indagini a carico del tecnico laziale.
La posizione della Procura Federale, dopo tali segnalazioni, è di norma quella di aprire puntualmente l’inchiesta e di procedere al deferimento ove ve ne siano i presupposti. Nel caso di Inzaghi, è stato deciso di notificare il deferimento in effetti al solo allenatore e non alla società.
Difeso dall’avvocatessa Sara Agostini di Brescia, la quale ha provveduto ad avviare la richiesta di patteggiamento, Inzaghi ha evitato, così, il processo davanti al Tribunale Federale Nazionale e lo stop che ne poteva seguire come avvenuto, in precedenza, a Fabio Liverani.
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